Gioco d’azzardo, nel 2017 spesi 100 euro a testa Uno studio accerta che «al Sud prevale l’illegale»

Ogni mese in Italia viene speso quasi un miliardo di euro in apparecchi da intrattenimento, che è la terminologia utilizzata dall’industria del gioco d’azzardo per indicare le slot machine (tecnicamente AWP) e le videolottery (VLT). Soltanto nel Palermitano nel 2016 si sono spesi oltre 103 milioni di euro, con una spesa pro-capite di 99,04 euro. Cifre che si alzano se si guarda alla prima metà del 2017: da gennaio a giugno la spesa complessiva sfiora i 56 milioni di euro, mentre i cittadini della provincia hanno speso a testa sul gioco d’azzardo 53,57 euro.

È il risultato di uno studio di Avviso Pubblico (un’associazione nata nel 1996 con l’intento di collegare e organizzare gli Amministratori pubblici che concretamente si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica nella politica, nella pubblica amministrazione e sui territori da essi governati … ndr), realizzato a partire dai dati della spesa sul gioco d’azzardo in Italia, che sono stati pubblicati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli lo scorso 4 gennaio. Per la prima volta sono stati censiti e resi pubblici gli oltre 8mila Comuni italiani, grazie alle opportunità offerte dalla nuova disciplina in materia di diritto di accesso. I numeri diffusi consentono di tracciare una più accurata mappatura territoriale dell’overdose da gioco che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni. Considerando che, seppur enormi, i dati sono molto parziali e diffusi con notevole ritardo.

Lo studio infatti non comprende altre importanti voci di gioco legali, quali il settore online – oltre il 20 per cento delle giocate nel 2016 e per il quale non può essere fornita un’appartenenza territoriale, visto che i server a cui fanno riferimenti i siti di giochi hanno spesso sede all’estero – le cosiddette lotterie istantanee (come i Gratta&Vinci), i giochi a totalizzatore (il più famoso è il Superenalotto), i giochi a base sportiva e ippica, il lotto (in calo rispetto al settore crescente delle scommesse) e il Bingo. «Il confronto tra i dati del 2016 (reali) e del 2017 (in proiezione) – si legge nell’anticipazione del rapporto di Avviso Pubblico, che verrà pubblicato per intero nei prossimi giorni – descrive un aumento della spesa inferiore all’uno per cento, ma che desta preoccupazione. Non tanto per l’aumento in sé, ma per ciò che ne consegue: le iniziative degli enti locali, le campagne di sensibilizzazione condotte con le associazioni, la crescente attenzione sul tema registrata negli ultimi anni, pur arginando gli effetti dell’enorme diffusione del gioco d’azzardo, fatica a far passare su tutto il territorio nazionale il messaggio relativo ai pericoli e alle ricadute sociali, sanitarie ed economiche del fenomeno».

Senza considerare il paradosso più evidente del gioco d’azzardo, vale a dire il settore illegale che invece – secondo i proclami di questi anni – avrebbe dovuto diminuire all’aumentare dell’offerta pubblica. L’idea che lo Stato si mettesse a fare concorrenza alla mafia, insomma, non è stata proprio lungimirante. «La predominanza di città e province del Centro-Nord nelle prime posizioni di queste graduatorie non è casuale – recita ancora il report – ma non va utilizzata come indicatore di una maggiore predisposizione del Settentrione verso il gioco d’azzardo rispetto al Mezzogiorno. Più realisticamente questi dati confermano un’estesa presenza di gioco sommerso e illegale al Sud, riscontrabile seppur in forma minore anche al Centro-Nord. Laddove le mafie esercitano un capillare controllo del territorio, esse stesse distribuiscono e installano i propri apparecchi, sostituendosi allo Stato e all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, come hanno evidenziato numerose inchieste condotte nel corso degli anni dalla magistratura».

Rimane l’allarmante dato dei 96 miliardi di euro, spesi dagli italiani nel 2016 per tentare la fortuna. Quel che è peggio è che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che dovrebbe vigilare dall’alto del proprio potere di concessionario delle licenze, invita a fare da sempre pruriginosi distinguo. «Si ricorda che la spesa complessiva per il gioco fisico e telematico è stata nel 2016 di circa 19,4 miliardi di euro – scrive l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Cioè il 20 per cento della raccolta, che è stata pari a 96,1 miliardi. La popolazione adulta ha speso in media circa 400 euro all’anno per persona. Nel primo semestre 2017 la spesa complessiva per il gioco è risultata di circa 9,3 miliardi di euro. Il totale dei 19,4 miliardi spesi nel gioco legale nel 2016 è affluito per 10,4 miliardi di euro all’erario e per poco meno di 9 miliardi alla filiera (costituita da circa 100mila soggetti tra concessionari, gestori, produttori di sistemi di gioco, esercenti tabaccherie). La spesa complessiva per il primo semestre 2017 risulta così ripartita: cinque miliardi di euro all’erario e circa 4,3 miliardi alla filiera. L’incidenza dell’erario sulla spesa è quindi superiore al 54 per cento».

Andrea Turco

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