Ginecologo indagato, chiesto riesame dei domiciliari Parlano i legali: «Nulla conferma che si tratti di lui»

Lo avevano detto e, puntuali, lo hanno fatto. A distanza di una settimana dall’interrogatorio di garanzia di Biagio Adile, il primario di Uroginecologia ai domiciliari dal 2 novembre con l’accusa di aver abusato due volte di una paziente tunisina di 28 anni, i suoi legali – gli avvocati Andrea Treppiedi e Antonino Agnello – hanno depositato la richiesta di riesame contro la custodia cautelare disposta dal gip Maria Cristina Sala. Nei prossimi giorni sarà fissata la data dell’udienza per entrare nel merito della questione. Una richiesta nella quale i due legali affrontano quelli che, per loro, sono dei punti della vicenda rimasti oscuri. Primo fra tutti il fatto che non sia stato disposto il sequestro del telefono della giovane paziente, che ha denunciato le violenze ai magistrati proprio basandosi su quanto aveva registrato attraverso l’apparecchio. «Questa è una circostanza molto grave, perché ci nega la possibilità di verificare l’esistenza di eventuali chiamate e la genuinità stessa di queste registrazioni, che sono più d’una», spiega l’avvocato Treppiedi.

Due i file analizzati dagli inquirenti. «Le registrazioni sembrano interrotte volutamente – aggiunge il legale -. Bisogna capire perché ci sono queste improvvise interruzioni, a cosa sono dovute. Ma senza il telefono a disposizione non possiamo neppure capire quando effettivamente siano state fatte queste registrazioni, né verificare la cronologia del telefono e una sua eventuale manipolazione. E poi non c’è nulla che confermi, in questi file, che si tratti del dottor Adile». Il medico, infatti, non verrebbe mai nominato direttamente né inquadrato. Il video mostrerebbe solo il volto della 28enne, ma mai il suo interlocutore. «Chi ci dice che effettivamente non si tratti di una registrazione che potrebbe essere stata manomessa? – si domanda l’avvocato Treppiedi -. Ci sono tutta una serie di cose che ci lasciano perplessi e che secondo noi vanno ad inficiare le dichiarazioni rese da questa donna che, per inciso, è guarda caso una clandestina che denuncia una violenza sessuale. Reato per il quale, nel suo caso, si può ottenere un permesso di soggiorno».

Troppo anomalie, per il medico e i suoi difensori, che adesso attendono di poter chiarire. «Hanno messo in galera e alla berlina una persona così, senza garantirgli la possibilità di difesa, che è fondamentale – insiste il legale -. Molte cose, insomma, le dobbiamo ancora vagliare. Questa persona che dice di subire una prima violenza e che poi ci torna una seconda volta, perché? Questa registrazione potrebbe essere uno strumento per ottenere qualcos’altro? Un vantaggio come soldi o un permesso di soggiorno? Non siamo messi nelle condizioni di poter dire nulla. Ma ci sembra comunque che questo provvedimento cautelare sia stato quasi affrettato, tanto più che l’arresto l’hanno fatto solo dopo un anno. Aspettiamo l’udienza per chiarire ogni cosa».

Silvia Buffa

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