Rabbia e sgomento sono i sentimenti principali che in questo momento i membri della famiglia Mercurio stanno vivendo dopo la morte di Maria Mercurio, la donna di 52 anni che questa mattina è deceduta per motivi ancora da accertare, e che saranno chiariti solo dopo la visita dei medici legali sulla salma. Dopo gli agitati eventi della mattina, che hanno portato al danneggiamento di un’ambulanza del 118 da parte di alcuni parenti sconvolti per l’accaduto, è uno dei fratelli, Maurizio, a raccontare la sua versione dei fatti, denunciando quello che secondo loro sarebbe a tutti gli effetti un caso di malasanità. In serata, intanto, gli stessi familiari e diversi gruppi di cittadini hanno organizzato una manifestazione spontanea bloccando alcune strade della cittadina e i binari della stazione.
«Mia sorella – spiega l’uomo – questa mattina si è sentita male, non soffriva di particolari patologie, ma la situazione è apparsa subito chiaramente grave, tanto da spingerci a chiamare l’ambulanza del 118. Dopo oltre 30 minuti si è presentato un mezzo privo sia del medico che degli infermieri». Maurizio Mercurio prosegue: «Si è perso del tempo prezioso pure perché non si trovavano le chiavi per aprire la portiera di accesso al veicolo. Non avevano neppure una barella a telo, che serve per il trasporto dei malati lungo quei luoghi in cui non è possibile il passaggio della normale barella, e per di più non c’era nemmeno una bombola per l’ossigeno».
A questo racconto si oppone la ricostruzione della direzione generale dell’ospedale Cannizzaro, che respinge le accuse e rende noto – dopo «avere ascoltato le registrazioni» tra la centrale del 118 e i parenti – che «il tempo intercorso tra la richiesta di soccorso e l’arrivo dell’autoambulanza è stato inferiore ai 12 minuti». Il primo intervento, confermano, è stato effettuato «dall’autoambulanza non medicalizzata di base a Mascali». Perché il mezzo con il medico erà già impegnato. Da qui la decisione di spostare la donna al campo di atletica, continuando le manovre di rianimazione, per trasferirla in elisoccorso. Mezzo giunto «in sei minuti». Nel frattempo, sostengono i medici del Cannizzaro, la centrale operativa avrebbe provato a contattare la famiglia per spiegare le manovre di primo soccorso «e solo dopo diversi tentativi gli operatori sono riusciti a interloquire con un parente».
«Hanno portato Maria al campo – prosegue il suo racconto Maurizio Mercurio – a quel punto è arrivato l’elisoccorso con il medico, che però non ha potuto far altro che constatare il decesso di mia sorella. Ma se per lei non c’era nulla da fare sin dall’inizio, perché chi di dovere ha allertato l’elisoccorso? Evidentemente poteva ancora essere salvata», sottolinea con amarezza. «Le istituzioni come lo hanno potuto permettere, sia a livello locale che Regionale? Noi oggi chiediamo giustizia, e i responsabili dovranno pagare, la salute è un nostro diritto e cose del genere non devono succedere mai più».
E proprio sul delicato nodo delle ambulanze medicalizzate erano intervenuti lunedì il sindaco di Giarre, il consiglio comunale e la commissione sullo stato dell’ospedale inviando una diffida all’Asp di Catania. La famiglia Mercurio, intanto, ha deciso di intraprendere le vie legali, come conferma uno degli avvocati, Salvo Sorbello. «I famigliari hanno sporto denuncia presso la procura – afferma – spiegando semplicemente il reale corso degli eventi. Adesso la valutazione spetterà alla magistratura, che accerterà sia le cause del decesso, con l’ausilio della consulenza del medico legale, che le eventuali responsabilità».
Ulteriore dettaglio paradossale della vicenda è che, secondo la ricostruzione dei parenti che si basano su documenti relativi all’800, la donna sarebbe una discendente di Giuseppe Antonio Mercurio, uno dei principali artefici della costruzione del vecchio ospedale di Giarre. Quello accaduto oggi è un caso che si aggiunge a quello avvenuto poche settimane fa, quando una donna ricoverata in Geriatria è deceduta per arresto cardiocircolatorio. Due decessi considerati anomali dai familiari nel giro di un mese, successivi alla chiusura del pronto soccorso.
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