Giardini Naxos: danni dell’alluvione, come un anno fa Lavori insufficienti. «Natura si riprende ciò che è suo»

Ci sono rabbia e tante recriminazioni fra
i cittadini di Giardini Naxos che, fin dai primi momenti dopo l’alluvione di ieri pomeriggio, sono scesi in strada per eliminare la massa di fango e di detriti portata dal torrente San Giovanni. Ironia della sorte, a qualcuno degli esercenti di via Umberto, il teatro dello straripamento, erano giunti solo pochi giorni fa i moduli per le richieste di risarcimento dei danni causati dall’alluvione di settembre 2015Poco più di un anno dopo, dunque, il copione si è ripetuto, secondo le testimonianze, con maggiore violenza. 

«L’onda è arrivata all’improvviso, ma abbiamo capito che qualcosa stava per succedere e
siamo corsi al piano di sopra», racconta la farmacista Sofia Buda che, sbarrando assieme al marito le porte del suo esercizio, ha impedito che l’acqua invadesse tutto. «Non si fa prevenzione – lamenta ancora – il torrente non è stato ripulito a dovere prima dell’arrivo delle piogge e non hanno neanche le idee chiare sulla gestione del post-emergenza». Come loro, sono riusciti a scampare al peggio tanti fra cittadini e commercianti di via Umberto, leggendo bene i segnali mandati dalla forza del nubifragio e mettendosi in salvo in tempo. Nessun ferito né vittime, ma in tanti non hanno potuto evitare danni alla propria attività. 

C’è chi, dopo l’incubo dell’anno scorso, aveva spostato la propria panineria più a nord, a maggiore distanza dalla chiesa dell’Immacolata e dall’incrocio con
via Erice, la strada sotto cui scorre, dagli anni Sessanta, il torrente San Giovanni prima di trovare sbocco a mare. Ma anche per il nuovo negozio non c’è stato scampo. Stavolta l’acqua si è fatta strada più in profondità, risalendo via Umberto e scaraventando automobili, cassonetti e detriti contro vetrine e saracinesche. 

«Dopo l’anno scorso volevo mollare tutto – racconta Gaetano Consoli, l’edicolante di San Giovanni – poi ho deciso di non chiudere, ma attendo ancora che mi vengano risarciti circa 20mila euro, per fortuna ieri sono riuscito a limitare i danni e dunque andrò avanti». Non avranno forse la stessa forza, invece, i titolari di una bottega che non hanno neppure voglia di parlare, per loro ci pensano i cumuli di merce e generi alimentari che l’acqua ha reso invendibili, il pavimento e gli scaffali coperti di fango. Sempre risalendo via Umberto, Antonio, un commesso che vive a Messina ma lavora qui in un negozio d’elettronica invaso dall’acqua, racconta di aver dovuto trascorrere la notte fra tv e lavatrici: «La mia auto non parte più, l’onda l’ha presa in pieno, chi me la ripagherà?».

Per qualcun altro ancora, però, il torrente San Giovanni ha rotto gli argini non solo per una presunta assenza di manutenzione dell’alveo: «I canali sono stati ripuliti dal Comune – dice
Pancrazio Villari, residente, mentre prova a liberare il proprio garage dal fango – davanti a piogge così forti anche un torrente pulito può non bastare, ma il vero problema è la strozzatura che le acque incontrano poco prima di entrare in paese, vicino al ponte della ferrovia».

Il sindaco di Giardini,
Nello Lo Turco, si trova ancora all’estero ma rientrerà in tempo per il consiglio comunale straordinario di lunedì dedicato all’alluvione. Dal Comune, comunque, confermano dell’avvenuta esecuzione, alla fine dell’estate, di lavori di bonifica del torrente per circa 40mila euro. Fondi che però non erano bastati a completare la ripulitura, come segnalato da un comitato di residenti di via Erice. L’ente, con il supporto della Protezione civile, ha subito affidato a due imprese il compito di spalare via il fango dalle strada, e sono stati numerosi i volontari ed i mezzi che hanno lavorato fino a tarda notte. Tutto fermo, invece, sul fronte del progetto, da cifre a sei zeri, di complessiva messa in sicurezza del torrente San Giovanni, già finanziato da Regione e Protezione civile, ma i cantieri sembrano ancora lontanissimi dall’aprire data la complessità dell’iter amministrativo.

Lì dove il torrente San Giovanni scorre ancora all’aria aperta, prima di inabissarsi sotto la città – in via Erice alta a poca distanza dal Liceo Caminiti – è tutto
un via vai di curiosi e cittadini che vogliono capire cos’è accaduto, pronti a puntare il dito contro «l’urbanizzazione selvaggia che ha soffocato il tratto finale del torrente, la natura poi si riprende sempre quello che è suo». La fiumara è ancora impetuosa, ma rispetto a ieri, dice uno di loro, sembra «un innocuo rigagnolo». 

Francesco Vasta

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