Quando Valentina Pilato gettò sua figlia neonata nel cassonetto della spazzatura non era in grado di intendere e volere. Questa la conclusione di Francesco Bruno e Maria Pia De Giovanni che hanno eseguito una nuova perizia disposta dalla Corte d’assise di Palermo sulle condizioni psichiche al momento del reato e nei mesi precedenti della mamma palermitana che il 24 novembre del 2014 buttò la figlia appena partorita in un contenitore per i rifiuti.
Per il criminologo e la psichiatra, la donna soffre di un disturbo grave dell’umore che si «accompagna a vissuti dissociativi e paranoidei di tipo cognitivo anancastico». Questa condizione era presente al momento dell’infanticidio e al momento del parto avvenuto «dopo una rilevante negazione della gravidanza e di qualsiasi reazione affettiva ad esso legata». La perizia sulle condizioni di Valentina Pilato (giudicata nell’ultimo esame non pericolosa) si è resa necessaria dopo il contrasto tra le precedenti due analisi disposte dal gip e dagli avvocati Enrico Tignini e Dario Falsone. «Valentina Pilato – scrivono i periti – è fortemente dipendente dal suo uomo, come una volta lo era del padre. Per il suo modo di essere, è andata incontro a fatti gravissimi: da una parte il furto di cui è stata accusata e dall’altra la perdita del posto di lavoro».
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