Gesip in piazza, ma in rivolta è ormai mezza Sicilia

Ormai è ufficiale: in Sicilia sta per esplodere la questione sociale legata al lavoro che non c’è. Gli operai della Gesip che oggi sono scesi in piazza a Palermo per manifestare il proprio malessere sono solo la punta di un iceberg. Accanto ai lavoratori della Gesip, ormai esasperati, se è vero che non percepiscono lo stipendio da gennaio (esclusi, tra l’altro, anche della Cassa integrazione), ci sono altre ‘bombe’ sociali pronte a esplodere.

Ci sono i Forconi, che non hanno ancora deciso se calcare la mano o mantenere un profilo basso. Questo Movimento, oggi un po’ a basso regime, raccoglie il malessere di tanti piccoli produttori agricoli ai quali il Governo della Regione, dal 2008 ad oggi, non ha dato alcuna risposta. Questo nonostante oltre 2 miliardi di euro di fondi europei (Piano di sviluppo rurale) che in buona parte la Regione tiene ancora bloccati nei ‘cassetti’.

Si profilano problemi anche per gli operai della Forestale. Si tratta di circa 25 mila lavoratori ai quali bisognerà garantire il lavoro. E che, in assenza di risposte, potrebbero decidere di scendere in piazza.

Ci sono i circa 10 mila dipendenti della formazione professionale. A giugno dovrebbe partire la seconda annualità dell’Avviso 20. Ma c’è il dubbio – forse non esageratamente infondato – che i 287 milioni di quest’anno siano finiti chissà dove. I dipendenti di questo settore non hanno ancora deciso se scendere in piazza o meno. Ma ci stanno pensando.

Nel piano di una gravissima crisi economica vivono i circa 8 mila pescatori della Sicilia. Un settore alle prese con i cervellotici regolamenti dell’Unione Europea (regolamenti sbagliati, perché pensati per i mari del Nord Europa e non per il Mediterraneo) che hanno solo provocato danni e le prescrizioni dei Paesi del Nord Africa, che impediscono ai nostri pescherecci di operare (con particolare riferimento alla Libia che ha esteso le proprie acque territoriali accaparrandosi unilateralmente acque internazionali). I pescatori, siciliani, ormai praticamente ridotti alla fame, debbono fronteggiare anche i problemi del caro gasolio e delle banche (illuminante, al riguardo, una lettera scritta qualche settimana fa da Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto della Pesca di Mazara del Vallo, lettera che abbiamo pubblicato per intero).

Poi ci sono gli oltre mille operai di Termini Imerese che ancora aspettano la reindustrializzazione del proprio territorio dopo la chiusura dello stabilimento Fiat. A cui si aggiungono i tanti dipendenti dei call center che, come raccontiamo in una lettera che pubblichiamo stamattina, rischiano il licenziamento a causa della delocalizzazione.

Superfluo parlare del blocco degli appalti pubblici e, quindi, dell’edilizia in crisi. E altrettanto superfluo parlare delle imprese siciliane che aspettano da oltre due anni i pagamenti dalla pubblica amministrazione.

In questo scenario non possono essere dimenticati i Comuni. Oggi la metà dei Comuni dell’Isola sconta gravissimi problemi finanziari. Si parla di Comuni che non riescono più a pagare i propri dipendenti. Una situazione e gravissima.

Per non parlare dei circa 23 mila precari degli Enti locali che aspettano il rinnovo del contratto.

Come si può notare, la Gesip è solo, come già accennato, la punta di un iceberg. Tra l’altro, gli operai della Gesip, di fatto, sono ‘stabilizzati’ in una società che non è stata dichiarata fallita e non è stata liquidata. Quindi, a tutti gli effetti, sono dipendenti di una società pubblica – che fa capo al Comune di Palermo – ai quali va data risposta.

 

Redazione

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