Gela, su area di crisi complessa ancora tutto fermo M5s: «In arrivo 600mila tonnellate di olio esausto»

Se a livello nazionale destra e 5stelle sembrano tenere l’alleanza, in Sicilia le due parti politiche continuano a punzecchiarsi. L’ultima occasione di scontro riguarda l’area di crisi complessa di Gela, che prevede un accordo di programma per la riqualificazione di una zona molto vasta della Sicilia – 23 Comuni distribuiti in quattro province – con un investimento promesso di 25 milioni di euro. Di questi, 15 milioni dovrebbero arrivare da Roma attraverso i fondi Pon e altri 10 dalla Regione con i fondi Pac. Ma su questi fondi il gruppo di Diventerà Bellissima punta il dito sul governo nazionale. 

«Dopo innumerevoli ritardi, i piani sono ripartiti da quando si è insediato il governo Musumeci – dice la presidente della quarta commissione dell’Ars Giusy Savarino – e siamo arrivati a un accordo di programma che aspetta soltanto la firma del governo nazionale per diventare esecutivo». Speculare è il commento di Giancarlo Cancelleri. «C’è una imbarazzante continuità con l’operato del governo Crocetta – afferma il deputato pentastellato – La Regione si è limitata a fare un compitino scialbo e senza prospettiva di sviluppo, l’area fra Caltanissetta e Gela non può ancora subire scelte miopi che affossano ancora di più un territorio spesso dimenticato e sempre martoriato».

Sono passati più di quattro anni dalla chiusura dell’ex raffineria di Gela e, già nei mesi successivi, si cominciò a parlare di accordo di programma per far uscire dalle secche economiche un territorio già segnato dalla presenza industriale. Per questo motivo c’era molta attesa per l’incontro di ieri all’Assemblea Regione Siciliana, dove le commissioni Ambiente e Attività produttive hanno tenuto un’audizione congiunta, invitando l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri. È proprio l’agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa che sta coordinando le procedure che dovrebbero condurre all’avvio delle attività nei territori che insistono lungo il perimetro dell’ex raffineria, in gran parte inutilizzati. 

A subentrare a Eni dovrebbero essere aziende locali, regionali e nazionali. Nel suo intervento Arcuri ha spiegato che sono sono state finora 432 le manifestazioni di interesse da parte di imprese che potrebbero diventare dei progetti di rilancio per la città di Gela. Anche se si è registrata una parziale delusione perché non è stato menzionato neanche il nome di un’azienda né un progetto concreto, dopo la recente call varata per individuare le proposte migliori. E così rimane ancora sconosciuto l’elenco delle aziende selezionate per insediarsi nell’area. 

Dopo la polemica sulla mancata convocazione dei sindacati – mentre nell’elenco diffuso dall’Ars risultavano anche i manager Eni, gli imprenditori di Sicindustria e numerosi sindaci dei Comuni compresi nell’area di crisi – ha destato qualche sorpresa la presenza, in veste di uditore, dell’ex vicesindaco di Gela Simone Siciliano. Perché se da una parte è vero che è colui che più di tutti ha spinto per l’accordo di programma nei suoi tre anni e mezzo di giunta Messinese, dall’altra è altrettanto vero che da poco meno di un mese Siciliano è decaduto dal suo ruolo a seguito della sfiducia dell’intero consiglio comunale. 

Così all’incontro di ieri si è appreso che sono in arrivo nel territorio gelese circa 600mila tonnellate di olio esausto, sia via mare (tramite navi) che via terra (tramite gommato). E che serviranno per l’avvio della cosiddetta
green refinery, che partirà nel 2019, con oltre un anno e mezzo di ritardo rispetto al cronoprogramma sancito nel 2014. «Non vorremmo – dice il deputato pentastellato Nuccio di Paola – che la toppa fosse peggiore del buco, e si passasse dalla padella alla brace. Tutti e quattro i progetti di cui abbiamo notizia sono relativi a trattamento dei rifiuti. Per la rinascita del comprensorio ci aspettiamo ben altro. E con noi lo aspettano 24 Comuni e 400mila abitanti».

Andrea Turco

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