A memoria è il primo sindaco di Sicilia che si dimette da un letto d’ospedale. Ma Domenico Messinese, ormai ex primo cittadino di Gela, si è sempre dimostrato uomo dalle mille sorprese. Così quando alle ore 14 il primo cittadino invia dall’ospedale di Gela una pec al segretario generale del Comune per rendere nota la propria decisione, nessuno può dirsi stupito. Messinese era in osservazione per un improvviso abbassamento di pressione, avuto mentre il Consiglio comunale discuteva la mozione di sfiducia nei suoi confronti. L’ennesimo colpo di scena, insomma, di una vicenda che si trascina da dieci mesi. Ma in sua assenza, nonostante le resistenze di alcuni consiglieri comunali (anche plateali), l’atto passa con 26 voti su 28 presenti (30 in tutto i consiglieri). Tutti a casa, insomma, così come chiedeva gran parte della popolazione. Rifiuti ed Eni, soprattutto, i temi su cui la giunta Messinese non ha mai convinto.
È la terza volta che il consiglio comunale provava a sfiduciare la giunta Messinese. Un dibattito infuocato, quello di oggi, che è andato avanti dalle 10 del mattino fino alle 15. Ci aveva provato fino all’ultimo, il sindaco, a salvare la poltrona. Lo aveva fatto nei giorni scorsi, con continui contatti nei confronti dei partiti in aula. Soprattutto si è rivolto al centrodestra, che infatti aveva mantenuto riserbo sulle indicazioni di voto. Era caduto nel vuoto anche l’appello per un governo di salute pubblica di fine legislatura, il cui testo era stato inoltrato pure alla stampa. La proposta però era stata accolta solo dal gruppo consiliare di Diventerà bellissima: un’iniziativa cittadina che teoricamente ha visto l’avallo anche del presidente della regione Nello Musumeci, che però non si è espresso pubblicamente sulla vicenda.
A ottenere la sfiducia è, dunque, quello che è stato definito dagli stessi consiglieri un partito trasversale: dal M5s al Pd fino all’Udc-Ap, da Forza Italia a Sicilia Futura. In aula presenti anche deputati regionali e nazionali. E la votazione passa con urla di giubilo e di parole d’ordine come «liberazione». Il consiglio riesce dunque a portare a casa il risultato soltanto al terzo tentativo: in passato tre consiglieri comunali avevano ritirato la propria firma all’ultimo momento utile (la seconda addirittura proprio in consiglio), facendo saltare la seduta che avrebbe dovuto votare la sfiducia. Una lenta, lentissima agonia, quella della giunta Messinese, che da tempo non godeva neanche di un proprio rappresentante in aula. Dopo la rapida espulsione dal M5s, ad appena sei mesi dallo storico voto che aveva portato Gela ad avere il primo sindaco pentastellato della propria storia, Messinese e il suo vice Simone Siciliano – vero reggente della giunta secondo molti – avevano provato a dare vita a un proprio partito, Sviluppo democratico, che però era naufragato dopo appena un anno di vita.
Neanche l’inaspettato tandem con Rosario Crocetta, nel periodo finale del governo regionale dell’ex sindaco della città, ha dato i suoi frutti. Così come sono risultati inutili i numerosi cambi di assessore. Eni e rifiuti, si diceva, i due temi principali che lo hanno inviso alla cittadinanza. Perché se è vero che da una parte Messinese si è ritrovato tra le mani una patata bollente, con la chiusura dell’ex raffineria a tutto vantaggio del cane a sei zampe, dall’altra la riconversione è annaspata tra progetti faraonici (come il deposito gnl per le grandi nave da crociera, mai attuato) e un eccessivo appiattimento verso le proposte di Eni. Sui rifiuti ha pesato la discrasia tra i dati della raccolta differenziata e una città che invece è rimasta molto sporca, con la giunta che aveva promesso in campagna elettorale lo stralcio del contratto con la Tekra (la ditta campana che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in città) per poi invece continuare a mantenere i rapporti. E ha influito certamente la diffusa percezione di immobilismo sugli altri atavici problemi, che in realtà neanche le precedenti giunte avevano mai risolto: il porto insabbiato, ad esempio, l’alto tasso di disoccupazione specie giovanile, la mancata valorizzazione dei beni culturali e archeologici.
Il M5s «ha chiesto scusa per averlo fatto eleggere». E a MeridioNews la consigliera pentastellata Virginia Farruggia tira un sospiro di sollievo, dopo un’apprensione durata tre anni, dai primi malumori interni che sono poi sfociati nella clamorosa cacciata di Messinese dal movimento di Grillo ad appena sei mesi dalle elezioni. «È stata una via crucis, sono settimane che dico di non perdere tempo e di evitare interventi. A Gela la gente è stanca dei politici e delle polemiche». Luigi Di Dio, di Energie per l’Italia, è stato invece uno degli ultimi samurai che ha tentato di salvare il salvabile. E riferendosi all’ormai ex sindaco, che ha assistito dal letto di ospedale alla sfiducia del consiglio, ha detto che «si è persa l’umanità soltanto perché da fuori ci chiedono di andare a casa. Si è parlato per tre anni di sfiducia invece che dei problemi della città». Ora, si spera, quel tempo è arrivato.
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