A poco più di un mese di distanza dall’accordo firmato il 6 novembre per la riconversione della Raffineria di Gela, giovedì 11 dicembre alle ore 12.23 l’ufficio stampa del Comune di Gela invia il seguente comunicato stampa: «Oggi pomeriggio alle 15.30, presso la sala riunioni dell’Asi (zona industriale), si svolgerà un incontro-dibattito sullo stato di attuazione del Protocollo Eni. Saranno presenti il sindaco Angelo Fasulo, la deputazione regionale, i capigruppo consiliari, le associazioni sindacali e di categoria, i comitati di quartiere, i dirigenti scolastici e i parroci cittadini. La stampa è invitata a partecipare». Di tutta la questione non è solo il poco preavviso a sorprendere. Perché un incontro così importante, con le polemiche mai interrotte dal giorno della firma e centinaia di lavoratori in attesa, dovrebbe tenersi a decine di chilometri dalla città? E ancora: perché lo stesso appuntamento è riservato in gran parte ai firmatari dell’accordo e non alla cittadinanza? La sensazione è che l’attuazione del protocollo sia ancora un work in progress e che l’Eni ne stia comunicando l’essenza poco a poco, persino a coloro che quel patto l’hanno sottoscritto.
Le premesse di Bernardo Casa, ex amministratore delegato della Raffineria di Gela che ha fatto carriera e adesso parla in qualità di capo del settore Industria e Raffinazione Eni, sono tutt’altre. «È tutto molto chiaro – esordisce Casa – non ci sarebbe bisogno di dire nulla, anzi, non saprei cosa dire». La platea è composta da poche decine di persone: i vertici regionali di Confindustria, che prevedibilmente parlano di «una grande opportunità» per la città; i rappresentanti di alcune imprese locali e del sindacato; qualche consigliere comunale; due preti. Polemiche per l’esclusione di Domenico Messinese, presidente del comitato di quartiere Macchitella che si è presentato all’incontro ma non è stato fatto entrare. «Se la cantano e se la suonano – è stato il suo commento –. Io sono stato democraticamente eletto e l’invito era rivolto anche a noi, evidentemente non c’era spazio per le critiche».
Dalle domande dei consiglieri comunali e soprattutto dalle risposte dei dirigenti del cane a sei zampe si fa intanto tangibile la sensazione che, nonostante la sicurezza ostentata, ci siano ancora parecchi aspetti da chiarire. A precisa domanda del sindaco Angelo Fasulo, i manager dell’azienda energetica hanno ad esempio confermato la volontà di limitare gli interventi sulla diga foranea. Inevitabile se si pensa alla rinuncia della raffinazione del greggio in loco. Una scelta, però, che pesa sulle aziende impegnate nello stabilimento. Potrebbero intervenire in merito altri privati, ma non c’è ancora nulla di definito. D’altra parte tutti i presenti hanno confermato che anche i prossimi mesi saranno difficili per i lavoratori dell’indotto. A sentire Casa, attualmente è in servizio più del 60 per cento delle maestranze locali. «C’è un’inevitabile inerzia – conferma ai microfoni della tv Retechiara – durante la fase di progettazione».
Intanto non è chiaro quanto durerà questo periodo e soprattutto come dovrebbero andare avanti i lavoratori, se neanche lo Stato si fa carico di loro. Ma, mentre gli operai di ditte come Smim ed Elettroclima aspettano le ultime mensilità di cassa integrazione che tardano ad arrivare, l’Eni prova a gettare acqua sul fuoco. «Se tutto procede senza intoppi – precisa Casa – a giugno saremo in grado di avviare lavori importanti. Opere che permetteranno di raddoppiare il numero di addetti dell’indotto rispetto agli attuali. Quando parlo di Gela – è l’ultima precisazione dell’ingegnere – parlo dell’intero pannel previsto dall’accordo. Quindi non solo raffineria ma upstream e bonifiche».
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