Gela, preghiere davanti al plastico dell’Eni Fa discutere la veglia contro la chiusura

«In seguito all’urgente situazione che si prospetta per la chiusura della raffineria Eni invito la nostra comunità a una giornata di digiuno e preghiera contemporaneamente in tutte le chiese». Giovedì 17 luglio le parrocchie di Gela e dintorni hanno risposto con grande partecipazione all’appello del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana. Incontri, adorazioni eucaristiche e veglie si sono succedute in tutte le comunità religiose in occasione della paventata chiusura dello stabilimento petrolchimico, da cui dipende buona parte dell’economia del luogo. E, tra le varie iniziative realizzate per la giornata di preghiera, spicca un plastico apparso nella seicentesca chiesa di San Francesco di Assisi. Una vera e propria ricostruzione della raffineria gelese, con tanto di fumo che fuoriusciva dalle ciminiere in scala, è stata posta nel mezzo dell’affollata navata centrale. Le foto della cerimonia, in cui si vede il plastico attorniato da decine di giovani, hanno rapidamente scatenato le polemiche su Facebook, in particolare nella pagina Critica della ragion Gelese.

Tra chi collega ignoranza e religione e chi invoca Bruno Vespa, massimo esperto italiano di plastici per il grande pubblico. E la ricostruzione dell’impianto Eni non avrebbe niente da invidiare ai gemelli televisivi, secondo Giuseppe, che commenta: «Da notare la cura dei dettagli. Fumi compresi». Tra i pochi a fare ironia, in un fiume di commenti indignati. «Mai come in questo paese il diritto alla salute passa in secondo piano, il diritto al lavoro mortale e alienante è più conveniente», scrive Filippo. D’accordo con quanti criticano la veglia sono anche alcuni credenti. Come Francesco, che definisce l’iniziativa «una vergogna per tutta la comunità cristiana», e padre Aldo, un sacerdote dai toni netti: «Non solo Gela, ma tutto il comprensorio. Il mea culpa lo devono fare tutti i lecchini che, nel corso dei decenni, si sono arricchiti con il martirio di tanti operai».

«Non era affatto un altare eretto in memoria dell’Eni, ma un vero e proprio presidio, l’ennesimo per dire a tutti quei lavoratori che non sono soli, che hanno la nostra solidarietà e la nostra vicinanza di cristiani e di cittadini – risponde alle critiche Angelo, tra i promotori e partecipanti alla veglia – Durante, abbiamo anche avuto la possibilità di riflettere e meditare sulle cose positive e negative che ha portato la raffineria. Senza giudicare nulla. Abbiamo solamente pregato, per tutte quelle persone che si sono ammalate, che non ci sono più, che si vedono portati via il sogno di un lavoro nella propria città». Un sogno che era anche quello di Maria, dipendente Eni che interviene nel dibattito con un commento sarcastico: «Presto per tutto il giorno, per tutte le ore e per tutta la vita (il paese, ndr) sarà veramente libero senza industrie, senza fabbriche e sopratutto senza speranza. Cammineremo a piedi (peccato che a Gela avete tre macchine a famiglia), niente telefonini, niente aria condizionata, niente metano, niente sky, niente di tutto quello che una giusta politica industriale potrebbe portare».

[Foto di Fronte di liberazione di Settefarine]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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