Vallo a spiegare, ai turisti che hanno pagato il biglietto unico per il museo di Gela, l’Acropoli e le Mure timolontee, che due su tre sono luoghi ai quali non possono accedere. «Sito archeologico temporaneamente chiuso al pubblico per motivi di sicurezza», così si legge nel cartello posto all’entrata. Motivo? La presenza di diversi cani randagi all’interno dei siti in questione. Non è dunque più vero che a Gela non viene neanche un cane.
Una storia che sarebbe piaciuta al Roberto Alajmo de L’arte di annacarsi – Un viaggio in Sicilia, libro che raccoglie e descrive i posti più significativi dell’isola. Un episodio quantomeno paradossale, a raccontarla così, che però è più complesso di come appare. «Gela è il precipitato di una crisi a livello regionale», conferma Giorgia Turco, esperta in management dei Beni culturali. «Possiamo dichiarare il fallimento delle politiche legate ai beni culturali siciliani che da troppo tempo aspettano una riforma sostanziale? Perché non si è mai pensato di aprire a gestioni miste pubblico-private o a creare un’autonomia fiscale dei musei e dei siti? – si chiede – Basti pensare che il museo di Gela non può mettere su, per legge, neanche un sito o una pagina Facebook propria». Non sono dunque solo i randagi a mettere in fuga i turisti. «Sono problemi all’attenzione della Regione – dichiara l’assessore alla Cultura Francesco Salinitro – alla quale ho già inviato settimana scorsa un lungo elenco di criticità. Il prossimo incontro è giovedì».
D’altra parte sia le Mura che l’Acropoli non sono nuove a chiusure forzate. Il museo di Gela ha spesso usufruito dell’apporto di volontari e associazioni, nota sicuramente meritoria per chi continua a dare una mano e allo stesso tempo modello che alla lunga non può reggere. «Che si prenda atto dell’incapacità di un sistema stantio e desueto – accusa Turco – che, ormai da decenni, ha preferito l’uso strumentale e politico dei beni culturali e non la loro reale valorizzazione anche in termini economici». Ed è vero che non basta avere le bellezze naturali e culturali se poi non si è capaci a valorizzarli. Quantomeno ingenuo è l’approccio «abbiamo il sole, il mare e la storia»: sì, ma per farne cosa? Con quali mezzi e con quali proposte?
Giorgia Turco ha le idee molto chiare a tal proposito. «Il museo di Gela non ha fondi – sostiene l’esperta – perché tutto è gestito a livello regionale pertanto i soldi dovrebbero arrivare o dalla Regione, da finanziamenti europei (ma lì si dovrebbero attivare procedure in combinata) o da donazioni private intese come pagamenti dei lavori perché, per legge, il museo non può ricevere donazioni in denaro ma solo materiali». Allora è tutto irredimibile? La città dovrà dolersi in eterno dell’assenza di turismo? Turco non ci sta. «Si deve lavorare sull’immagine – sostiene – e sulle contraddizioni che questa città ha, di cui si vergogna e che invece andrebbero approfondite. Per la sua posizione geografica e per i siti archeologici Gela può certamente partire con la mezza giornata e, solo con il tempo, forse arrivare al pernottamento che, ricordo, non avviene neanche in città come Agrigento che soffrono anch’esse di un turismo mordi e fuggi: visitano la Valle dei Templi e non il museo, per fare un esempio». Anche, magari, trovare i soldi necessari per riparare le recinzioni delle Mura e dell’Acropoli, rotte da tempo immemore e porte d’accesso per i randagi. E solo per loro.
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