A Gela l’archeologia è in coma profondo «I politicanti come l’Isis che distrugge i monumenti»

«I politicanti locali a Gela negli anni sono stati come l’Isis che distrugge i monumenti. Da anni denuncio l’abbandono e la devastazione dei nostri tesori ma nessuno prende provvedimenti». Il paragone è piuttosto forte, ma l’artista Giovanni Iudice è uno senza peli sulla lingua. All’inaugurazione dell’infopoint culturale a firma Movimento 5 stelle, Iudice ha elencato gli scempi archeologici degli ultimi anni, definendoli «l’olocausto della bellezza»

Un rosario di cementificazioni, incurie e scelte politiche discutibili. Ad esempio l’ex opificio in stile liberty sul lungomare abbattuto perché pericolante, in una notte tra l’1 e il 2 novembre 2011, e sul quale è in corso un’indagine della procura. O il parcheggio di viale Indipendenza, a ridosso dei bagni greci, realizzato nel 2006 dalla giunta Crocetta, con il terreno che veniva riversato in contrada Montelungo e poi diventato meta di tombaroli, che lì hanno trovato numerosi cocci e blocchi d’età ellenica. Idem per il bosco Littorio.

E ancora le discusse e discutibili scelte delle passate amministrazioni, come l’abbattimento di un palazzo ottocentesco in un’area a vincolo archeologico per far posto al centro oncologico. «Il preesistente storico tu lo devi tutelare – chiarisce Iudice – e non interpretare». Poi c’è l’annosa questione dei reperti greci di Gela, sparsi in tutto il mondo e soprattutto nei musei di Siracusa ed Agrigento. Negli anni sono state numerose le voci che hanno chiesto un rientro dei beni nel luogo d’origine. 

Non la pensa così Giuseppe La Spina, presidente del gruppo archeologico Triskelion. «Perché fare rientrare i reperti se non c’è spazio? Al Museo archeologico regionale di Gela ci sono quattromila reperti esposti e almeno 30mila sono quelli nascosti, che si trovano accatastati negli scantinati da 50 anni». Anche i recenti rinvenimenti marittimi sono solo la punta dell’iceberg dei tesori che i fondali siciliani offrono. «Ci sono almeno altre quattro navi, ben più antiche di quelle finora scoperte», conferma La Spina, che è anche un appassionato di archeologia subacquea e conosce bene quel tratto di mare. «Ma come le tiri fuori se non ci sono i soldi? Con chi ti devi confrontare se negli ultimi anni ai Beni culturali si sono avvicendati cinque-sei assessori e quattro dirigenti generali? Il problema è generale, la competenza in ogni caso è regionale, si veda il caso del museo. Stiamo parlando di un museo costruito nel 1956, il cui ultimo intervento risale agli anni settanta; col risultato che ci sono copiose infiltrazioni d’acqua, le vetrine rovinate, i reperti metallici che si ossidano».

Avere le ricchezze, naturali e storiche, e non sfruttarle. Avviene a Gela, la città del presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta. Finora a metterci una pezza è stato il mondo dell’associazionismo. «Noi abbiamo fatto ripulire l’Acropoli, i bagni greci, il Castelluccio – continua La Spina – ma è chiaro che i beni culturali non si possono reggere sul volontariato. Basterebbe saper utilizzare i fondi europei, come hanno dimostrato di saper fare Irlanda e Spagna, invece che rimandarli indietro perché non si sono saputi utilizzare». 

E l’amministrazione comunale? In continuità con le giunte di Crocetta, dietro all’assenza di fondi e al rimpallo di responsabilità si affida alla buona volontà dei singoli. Come dimostrano le ultime iniziative in ordine di tempo dei soci di Triskelion. «Da noi manca anche il senso di appartenenza culturale alla storia medievale – dice ancora La Spina – come dimostra il caso del centro storico abbandonato a se stesso. Per questo motivo abbiamo previsto il Palio dell’Alemanna a settembre, collegandolo al glorioso passato di Federico II di Svevia. E recentemente abbiamo vinto un bando per la segnaletica delle aree archeologiche a distanza, in quello che è un circuito integrato con le città dell’Agrigentino. In queste condizioni Gela da sola non regge la sfida del turismo culturale». 

Andrea Turco

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