Un film e un dibattito, una due-giorni dedicata a un percorso d’analisi sull’amore omosessuale. L’incontro pubblico lo scorso 21 settembre alla libreria Tertulia di Catania è stato il secondo atto, a 24 ore di distanza dalla proiezione all’Arena Argentina del film-documentario di Stefano Consiglio “L’Amore e Basta”. Al dibattito, organizzato dalla Codipec Pegaso di Catania, da Dario Accolla e Alessandro Motta – quest’ultimo anche moderatore nonché tra i protagonisti del film – hanno partecipato Anna Di Salvo per Città Felice, Marina La Farina per il Collettivo Lesbico Le Goditive Generose e lo stesso Stefano Consiglio, regista ed autore del documentario.
La peculiarità de “L’Amore e Basta” come lo stesso titolo suggerisce, è quella di mettere assieme frammenti di una realtà tanto vasta e complessa da essere apparentemente irrappresentabile se non attraverso la sua interna eterogeneità: «Non avevo intenzione di descrivere l’omosessualità come concetto finito, sarebbe stato impraticabile come pretendere di rappresentare la vita stessa», afferma il regista. «Le domande che ho fatto alle persone che ho intervistato – prosegue Consiglio – sono le stesse che avrei posto a delle coppie eterosessuali: come si sono conosciuti, quando si son dati il primo bacio. Non avevo interesse a descrivere delle situazioni-limite». Il quadro che ne viene fuori è sfaccettato pur basandosi su punti in comune: le coppie sono tutte rigorosamente monogame e solide (il record spetta a Gino e Massimo, trent’anni di vita insieme, poi vengono Lillo e Claudio che stanno assieme da ventidue anni, fino ad arrivare ai più giovani Alessandro e Marco) ma cambia il modo di rapportarsi all’interno della coppia, con la società e i vincoli che essa impone. Le dichiarazioni di Christine e Catherine, lesbiche francesi, danno un’idea: Christine – a differenza della compagna – è contraria all’adozione per le coppie omosessuali, ritiene che l’impatto sociale di avere “due mamme” graverebbe sulla serenità dei figli e riconosce un’importanza alla figura maschile. Di diverso avviso sono Maria e Marisol, coppia spagnola sposata e con tre figlie. Hanno visto nel matrimonio una grande conquista: entrambe sono riconosciute legalmente come genitrici delle loro figlie. Non si preoccupano dell’assenza di una figura maschile, sono una famiglia completa, la presenza degli zii e dei cugini dà alle figlie sufficiente confronto con l’altro sesso.
Sul taglio registico Marina La Farina del Collettivo Lesbico Le Goditive Generose ha qualche appunto da fare: «Sono contraria alla normalizzazione della figura gay, trovo che sia riconducibile ad un conformismo etero – patriarcale che non condivido». In effetti il pericolo di banalizzare è presente anche all’interno delle coppie stesse, come ci ricorda Alessandro facendo riferimento all’intervista di Lillo e Claudio dove i due – alla domanda riguardo i ruoli di ‘maschio’ e ‘femmina’ all’interno della coppia – pur considerandosi omosessuali perfetti tendono a fare degli elementari distinguo sulle attività pratiche (come cucinare o guidare) che possano incasellarli da una parte o dall’altra. «Questa netta divisione dei ruoli mette a nudo l’immaturità del percorso che abbiamo intrapreso negli anni, sia per quanto riguarda la coscienza di sé sia a livello politico», spiega Dario Accolla, che aggiunge: «Il problema sta nella stessa parola omo-sessuale. Quella desinenza non può far altro che ricondurci in continuazione alla sfera privata di una persona, l’errore è quello di sessualizzare la complessità umana. Non esiste omo ed etero, esiste solo maschile e femminile».
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