Gasdotto Malta-Gela, ministero frena e sollecita La Valletta Senza le valutazioni ambientali impossibile erogare i fondi

Come avere un bicchiere già pieno e volerci versare dell’acqua. Tra i corridoi dell’assessorato regionale Territorio e Ambiente la metafora viene usata a mezza voce, lontano dalle dichiarazioni ufficiali. Fa riferimento a una comunicazione arrivata da Roma una ventina di giorni fa e riguardante il progetto Malta-Italy Gas pipeline interconnection, il gasdotto che dovrebbe collegare il piccolo Stato insulare a Gela. E da lì all’Italia e all’Europa continentale. A inviarla è stata la direzione generale per la protezione della natura e del mare del ministero dell’Ambiente. La Regione viene menzionata per conoscenza, mentre il principale destinatario è il ministero dell’Energia e dell’Acqua maltese, guidato da Joe Mizzi. Nel documento – al momento non pubblicato sulla piattaforma ministeriale che raccoglie l’iter che dovrebbe portare al via libera al progetto da oltre trecento milioni di euro – si fa presente al governo maltese la necessità di rispettare quanto previsto dalla normativa europea in materia ambientale, prima di potere accedere alla parte dei fondi da usare per eseguire i sondaggi a terra e mare. Operazioni fondamentali per raccogliere dati utili alla verificazione dello studio di impatto ambientale su cui si dovrà pronunciare la commissione ministeriale. 

Se così non fosse, il rischio sarebbe quello di vedere arenarsi una procedura che, pur essendo ancora in fase preliminare (il progetto vero e proprio deve ancora essere redatto), ha già fatto parlare di sé. Tanto a Malta – il governo guidato da Joseph Muscat ha salutato a più riprese gli accordi con il nostro Paese, a partire dall’incontro con l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta avvenuto l’anno scorso, quando già era ufficiale che il gasdotto era stato inserito dall’Ue tra i progetti di interesse comune -, ma anche in Sicilia, dove a metà aprile, in occasione degli incontri pubblici in cui è stata presentata l’idea, il sindaco di Gela, Domenico Messinese, ha sottolineato le possibili ricadute positive dell’infrastruttura, facendo riferimento a «nuove opportunità di sviluppo trainate dallo scenario economico favorevole di cui gode l’isola maltese».

Per capire l’entità dei rilievi rivolti al governo maltese bisogna fare un passo indietro. E da lì arrivare alla metafora del bicchiere pieno. La volontà di Muscat è quella di eliminare l’isolamento energetico dell’Isola dei cavalieri attraverso 158 chilometri di condotte subacquee che, partendo dalla località di Delimara, arriverebbero fino a Gela. La città nissena – sul cui territorio dovrebbero ricadere sette chilometri di tubazioni oltre a una stazione finale da oltre quattromila metri quadrati – è stata scelta tra 13 possibili tracciati ricavati nel tratto costiero che va da Pozzallo, in provincia di Ragusa, a Mazara del Vallo, nel Trapanese. I motivi sono stati elencati nello studio ambientale preliminare: si va dalla possibilità di collegare la nuova infrastruttura all’esistente gasdotto Greenstream, che da Gela arriva alla Libia, all’assenza di «aree a rischio archeologico», passando per la non «interferenza con aree turistiche». Il tutto nonostante la zona ricada all’interno di uno dei siti Rete Natura 2000, lo strumento con cui l’Ue si è posta l’obiettivo di salvaguardare le biodiversità. Nello specifico, il gasdotto immaginato da Malta verrebbe costruito in aree che fanno parte del sito di interesse comunitario Biviere-Macconi, della zona di protezione speciale Torre Manfria-Biviere-Piana di Gela, nonché della important bird area Biviere-Piana di Gela. Realtà nelle quali, norme alla mano, prima di effettuare qualsiasi intervento bisogna valutare – in maniera preventiva e quanto più analitica possibile – gli effetti delle azioni messe in atto dall’uomo. Gasdotti compresi. 

A disciplinare la Rete Natura 2000 è soprattutto la direttiva Habitat, che prevede la valutazione di incidenza ambientale. Conosciuta con l’acronimo Vinca, si tratta di un atto correlato allo studio di incidenza ambientale che ogni soggetto proponente è tenuto a produrre. Il principio fondamentale che caratterizza questo procedimento è la conservazione dell’integrità del sito. La normativa prevede, tuttavia, anche la possibilità di autorizzare interventi anche in casi di incidenze negative negli habitat, ma a patto che non ci siano alternative valide e solo per «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico». E se lo si fa bisogna che vengano attuate misure compensative, intese come interventi precisi che mirino a ridurre l’impatto ambientale. 

Nel caso del gasdotto Malta-Gela, finora il ministero guidato da Mizzi parrebbe non avere preso sufficientemente in considerazione la questione ambientale. In un parere del 17 novembre, la commissione tecnica ministeriale riassume le intenzioni manifestate dal governo de La Valletta nella gestione della problematica. In merito alla presenza del sito legato a Rete Natura 2000 si legge: «Le aree non presentano caratteristiche di naturalità peculiare del contesto (si tratta di un contesto fortemente antropizzato e che presenta diverse infrastrutture) e con ridotti micro-rerouting è possibile evitare le aree di maggior pregio». Anche se poi lo stesso ministero maltese si mostra disponibile a effettuare la valutazione di incidenza ambientale per quanto concerne le aree protette. Finora tuttavia nessun passo in questa direzione sembrerebbe essere stato fatto. Al punto che il ministero dell’Ambiente italiano è stato costretto a ricordare al governo maltese che bisogna passare dalla Vinca anche per fare i saggi geologici.  

Ma a complicare le cose potrebbe essere anche un altro fattore. La direttiva Habitat specifica che nella valutazione degli effetti vanno considerati pure gli impatti cumulativi. È qui che entra in gioco il già citato bicchiere pieno. Per cumulazione degli impatti si intende la necessità di stabilire quante pressioni un territorio sia già costretto a sopportare. Da questo punto di vista, Gela e il suo hinterland – tra petrolchimico e un’urbanizzazione per un lungo periodo incontrollata – non temono la concorrenza. A porre attenzione alla situazione è stata la stessa Unione europea, per una storia che per ovvi motivi dovrebbe interessare Malta. Da anni infatti è aperta un’indagine, che potrebbe portare un giorno all’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese, sull’iter che diede via libera all’autorizzazione del gasdotto Libia-Italia

Difficile per ora dire se questi scenari potranno riguardare anche l’infrastruttura energetica che i maltesi vorrebbero avere a disposizione per 35 anni – il gasdotto sarebbe poi dismesso, con la condotta non rimossa ma semplicemente resa inerte – ma è certo che La Valletta dovrà correggere qualcosa nella gestione della faccenda. A meno di non volersi trovare con un bicchiere pieno, ma senza potere brindare. 

Simone Olivelli

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