Ambulanze del 118 bloccate davanti ai vari pronto soccorso del Catanese. È questa la situazione più volte denunciata dalle sigle di ambulanzieri che, di volta in volta, indirizzano lettere piene di lamentele e eventuali soluzioni ai Comuni, alle aziende ospedaliere coinvolte e all’assessorato regionale alla Sanità. L’ultimo caso si è verificato lo scorso 26 marzo al Garibaldi vecchio di Catania ai danni di un’ambulanza medicalizzata della postazione di Gravina.
Domenica per il presidio è stata una giornata particolare con un maggiore flusso di utenti a dovuto alla temporanea chiusura del pronto soccorso del Vittorio Emanuele a causa di due casi di meningite. «Il mezzo è rimasto bloccato per sette ore consecutive, dalle 22.58 alle sei del mattino, per mancanza di barelle al pronto soccorso, anche dopo diversi solleciti effettuati dall’equipaggio alla centrale operativa del 118 e all’ospedale», riferisce Carmelo Salamone, coordinatore per la provincia etnea di Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanità). «È per casi di questo tipo che, tempo fa, abbiamo cominciato la nostra battaglia per la presenza, in ogni mezzo, di un cosiddetto box di ripristino che contiene: barella spinale, collare, steccobenda e imbragatura a ragno», aggiunge il presidente dell’Aasi (Associazione autisti soccorritori italiana) Stefano Casabianca. Dal nosocomio tuttavia si parla, senza mai fare riferimento al caso dell’ambulanza ma all’utenza in generale, di «inevitabili rallentamenti a cui si è comunque risposto adeguatamente».
I mezzi, però, non restano bloccati solo per via della mancanza di materiale di questo tipo ma anche «per la totale assenza di buonsenso di molti automobilisti che parcheggiano selvaggiamente davanti agli ingressi dei pronto soccorso», aggiunge il referente dell‘Aasi. Il quale, negli anni, ha raccolto un vero e proprio dossier ed è in grado di riferire quali sono i siti ospedalieri più compromessi da questo punto di vista. «Per quanto riguarda il capoluogo etneo il Garibaldi vecchio, il Vittorio Emanuele e il Santo Bambino mentre – continua Stefano Casabianca – nel Catanese gli ingressi frequentemente bloccati sono quelli dei pronto soccorsi degli ospedali di Motta Sant’Anastasia, Biancavilla, Militello in Val di Catania e Paternò». «In queste ultime due città le auto spesso sostano davanti alla camera calda e negli stalli riservati alle ambulanze, senza contare tutte le volte in cui il personale trova il mezzo danneggiato», precisa il presidente dell’Aasi.
Stessa situazione al Garibaldi Vecchio e al Santo Bambino di Catania. «Le auto parcheggiate “come capita” mandano il traffico in tilt: le persone non capiscono che l’ambulanza è larga e che dalle strettoie non ci passa senza rischi, con l’aggravante di perdere tempo durante un’emergenza», aggiunge Casabianca. Il moltiplicarsi dei casi, negli anni, ha portato il referente della sigla a cercare soluzioni, tentando un confronto con i vertici delle aziende ospedaliere, la Regione e i Comuni. «Alla segreteria del sindaco di Catania Enzo Bianco abbiamo più volte inviato la richiesta di estendere lo street control alle strade limitrofe agli ospedali più gravati dalla piaga della sosta selvaggia, ovvero – riferisce Stefano Casabianca – le vie Plebiscito, Dolo, Asmara, Lago di Nicito, Messina, Clemente e Santo Bambino».
«Non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta. Di recente l’assessore alla Trasparenza Rosario D’Agata ci ha comunicato di voler effettuare un sopralluogo al Santo Bambino così da vedere con i propri occhi i disagi che vive quotidianamente chi deve uscire o entrare con l’ambulanza», aggiunge. Per questa struttura, centro di riferimento del servizio di trasporto d’emergenza neonatale, l’Asp 3 «ha dato disposizioni scritte che a poco sono servite. C’è stato un confronto con i vertici ma attendiamo altre risposte. Sarebbe già un passo avanti l’installazione di alcuni paletti, come è stato fatto all’ospedale di Militello», continua Stefano Casabianca. Il quale conclude: «È fondamentale attivare interventi completamente risolutivi per evitare che si ripetano casi come quello di Biancavilla o del Garibaldi vecchio, così da tutelare non solo i pazienti ma anche il personale».
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