Un anno dopo la morte del 15enne Salvatore D’Agostino, a causa dei traumi riportati dopo essere stato folgorato da un faretto nella piazza antistante la chiesa madre di Gaggi, il pubblico ministero ministero ha iscritto due nomi nel registro degli indagati. Si tratta della presidente del consiglio di amministrazione della Gemmo spa, Susanna Gemmo, 54 anni, e del project manager ingegner Francesco Trimarchi, 37 anni, responsabile dell’ufficio tecnico e gare d’Appalto, con particolare riferimento a quella per la Sicilia. A comunicarlo è Studio 3A che assiste i familiari della vittima.
La Gemmo spa è l’impresa che ha in gestione da parte del Comune di Gaggi il servizio di pubblica illuminazione, un autentico colosso del settore dell’impiantistica elettrica e, più in generale, delle grandi opere, con sede ad Arcugnano in provincia di Vicenza. Salvatore D’Agostino il 2 agosto del 2016 stava giocando a pallone con dei coetanei nella piazza antistante la chiesa madre della frazione di Cavallaro. Per andare a recuperare il pallone aveva urtato un faretto nella piazza ed era rimasto folgorato.
«Non sarebbe dovuto succedere nulla, se quell’impianto fosse stato a norma, e invece, purtroppo, la tremenda scarica elettrica che l’ha investito non gli ha lasciato scampo, fulminandolo», scrive lo Studio 3A. Salvatore era stato trasportato all’ospedale di Taormina. Qui dopo 18 giorni di coma, è morto, gettando nella disperazione i suoi cari e tutto il paese di Gaggi. I genitori del ragazzo hanno subito presentato un esposto alla Procura di Messina, chiedendo di chiarire la dinamica dei fatti e accertare eventuali responsabilità. A cominciare da chi fossero il proprietario dell’area, il titolare dell’utenza che alimentava il faretto e il fornitore dell’energia elettrica, chi l’avesse collocato, collegando i cavi e mettendolo in esercizio, a chi competesse la sua manutenzione.
Chiedendo ancora «che si accertasse se l’installazione fosse a norma viste la mancanza di griglie di protezione (oltre che di qualsiasi cartello che avvisasse del pericolo) e, soprattutto, la presenza di nastro adesivo e del relativo rotolo di supporto in cartone ormai consunti che attestavano un datato (e maldestro) intervento sui cavi. Non solo – prosegue il comunicato dello studio legale che assiste i familiari del 15enne- I genitori domandavano anche chi avesse rimosso il faretto e se fosse stato effettivamente sequestrato su indicazione dalla magistratura, che si estendesse il sequestro anche al filo, al nastro adesivo e ai due bulloni e ai dadi che lo ancoravano alla staffa, rimasti viceversa ancora in loco, nonché a un altro quadro elettrico aperto e potenzialmente pericolosissimo in un’altra area della piazza che non era stata transennata dopo l’incidente dai carabinieri di Graniti».
Alla fine dell’esposto era stato inoltre chiesto che si documentasse lo stato dei luoghi e la loro accessibilità a tutti, e che si accertassero le ragioni per le quali, «il giorno dopo l’incidente, il 3 agosto, alcuni tecnici si fossero affrettati a intervenire sul quadro di contatori che alimenta la piazza, apponendovi un lucchetto nuovo prima inesistente». Nel registro degli indagati non risultano iscritti funzionari del Comune di Gaggi, ma la responsabilità dell’impianto difettoso sarebbe del Comune di Gaggi.
«Ora la speranza è che dopo oltre un anno di lunga ed estenuante attesa, la famiglia riceva finalmente una risposta dalla giustizia – commenta il presidente di Studio 3A, Ermes Trovò –, che vengano individuati tutti i responsabili della morte di Salvatore e che vengano perseguiti: tragedie come questa non possono e non devono restare impunite, anche perché non abbiano a ripetersi mai più».
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