«Io mi sento triste ed indignata per quello che mio figlio sta subendo, ma sono profondamente orgogliosa di lui, per la forza che sta dimostrando e perché ne condivido gli ideali». A distanza di quasi due mesi dal G20 di Amburgo Emiliano Puleo, il 30enne militante di Partinico è ancora detenuto nel carcere tedesco di Billwerder. Domani un presidio a Palermo chiederà nuovamente la sua scarcerazione e degli altri quattro italiani – tra cui i due catanesi Alessandro Rapisarda e Orazio Sciuto. Intanto la signora Fina Fontana, la madre di Emiliano, torna a farsi sentire attraverso una lettera ai giornali. Per non far calare l’attenzione e la pressione su una vicenda, quella dell’arresto di centinaia di manifestanti dopo il vertice di luglio dei paesi industrializzati e le contestazioni alle politiche liberiste da questi portati avanti, che fa discutere ovunque. Ma non in Italia, dove lo stesso governo italiano continua a tacere.
La signora Fontana ripercorre la storia personale del figlio. «Emiliano è un ragazzo di trent’anni, sta ancora in famiglia perché per lui la famiglia è importante, è il cardine della sua vita. Sta in famiglia per scelta, non per obbligo. Fin da piccolo ha sempre sentito la passione politica e ha deciso sin da subito di schierarsi in difesa dei più deboli. Da piccolissimo ha iniziato a seguire il padre, consigliere comunale del partito della Rifondazione comunista a Partinico. Ho dei ricordi di lui a quell’età ben vivi». I ricordi si mescolano alla nostalgia, come quando Emiliano «aveva cinque anni quando è voluto venire con noi a Capaci per la commemorazione ad un anno dalla morte di Falcone». Il giovane intanto cresceva, e con lui la passione per la lotta alle ingiustizie sociali. «In paese è sempre stato presente nei momenti politici importanti – dice ancora la donna – come la grandissima manifestazione contro le molestie delle distilleria Bertolino, industria insalubre di prima classe in pieno centro abitato che da decenni ammorba il nostro territorio. Emiliano ha sempre fatto sentire il suo dissenso» .
Per poi arrivare ai giorni passati, freddi come certo immaginario teutonico. «In attesa che, finalmente, venga stabilita la data del processo ci troviamo a fare i conti, giorno dopo giorno, con la terribile burocrazia tedesca e l’ostruzionismo che subiscono i manifestanti arrestati, trattati come i peggiori criminali. Si pensi soltanto al fatto che è stato impedito ai ragazzi di aver accesso alla biblioteca del carcere perché, a dire delle guardie, “i manifestanti non hanno bisogno di leggere”. Si pensi inoltre alle motivazioni date in merito ai rigetti dei tre ricorsi presentati per ridiscutere la misura cautelare in attesa del processo». Assordante il silenzio istituzionale. La signora Fontana sostiene che «la politica italiana si mantiene, dopo quasi due mesi dall’arresto dei sei ragazzi italiani, in un silenzio complice. Il governo, attraverso il suo ministero degli esteri, non ha proferito parola in merito, non ha voluto nemmeno interessarsi della questione. In Italia, evidentemente, esistono cittadini di cui la politica non si vuole occupare, forse per non rischiare di infastidire la potente Germania». A conclusione un appello per continuare a lottare «fino a quando non saranno tutti liberi».
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