Fuoricircuito: El topo

La talpa.
“El topo es un animal que cava túneles subterráneos buscando al sol.
Algunas veces su camino lo conduce a la superficie. Cuando mira al sol, queda ciego”

Con questo titolo so già di tradire l’interesse di tutti voi che vivete nascondendo il muso davanti al “piccolo schermo” e magari vi aspettate una bellissima recensione sul bellissimo “reality-show” finalmente finito che andava in onda in uno dei 6 canali statali. O forse con questo titolo perdo subito tutti i possibili lettori interessati ad una recensione del nuovo ciclo della rassegna cinematografica di Zo (Fuoricircuito). Poco male. Infatti proprio con “El Topo” (spagnolo per “la talpa”) di Alejandro Jodorowsky (1970) è iniziata quest’anno la rassegna. Di Jodorowsky qualcuno di voi già conoscerà le divagazioni psico-magiche e qualcun altro avrà visto i colossi de La Montagna Sacra o Santa Sangre. Bene, per tutti gli altri diremo solo che Jodorowsky ha 76 anni, è cileno ma si è formato cinematograficamente nel nostro continente (inziando con mostri sacri come M. Marceau e M. Chevalier). Regista, pittore, scrittore… insomma uno che non si fa mancare niente. In El Topo fa tutto lui: attore protagonista, regista, sceneggiatore. È il suo terzo film, e il primo che lo consacra nell’albo d’oro dei registi che hanno un tocco “proprio”.

Questo western-psichedelico infatti è un opera “unica”. Non vedrete mai altrove un cowboy/santone/profeta aggirarsi a spirale nel deserto del Messico per duellare con i 4 “maestros del revólver”. La sfida lanciata dalla donna fatale viene colta al volo dal cowboy di nero vestito ed è il vero e proprio inizio del film. I restanti 120 minuti sono pura follia che sembra co-firmata Leone/Lynch. Il nostro eroe duello dopo duello impara insegnamenti preziosi e scopre l’amore della donna; incontrerà individui stravaganti e storpi e vecchietti…; l’ultimo duello, che sembra concludere la storia, è l’unico in cui “perde” (non sveliamo troppo). Poi taglio netto e ci ritroviamo in all’interno di una montagna dove il redivivo protagonista s’impone di liberare dalla prigionia della montagna un gruppo di “freaks” che da soli non potrebbero riuscirci. Ce la farà guadagnando qualcosa con spettacolini di strada e scoprendo un paesino che è più una critica alla civiltà moderna; l’epilogo vedrà la folle borghesia del paese carnefice in una strage di innocenti.

“El Topo” è più che un film, è un susseguirsi di immagini ed episodi tutti pieni zeppi di simbologia psuedo-religiosa. Un bellissimo inizio per una rassegna di cinema “di nicchia”.

Marco Firrincieli

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