Una frode fiscale con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un importo di circa 4 milioni di euro. È quanto emerso dalle indagini delle fiamme gialle del comando provinciale di Ragusa. I finanzieri hanno eseguito un sequestro preventivo, emesso dal gip del tribunale, per oltre 1,5 milioni di euro su conti correnti, denaro,
autovetture e immobili nella disponibilità di due società e di due degli otto indagati
denunciati, a vario titolo, per reati penal-tributari.
Le indagini, condotte dai militari della compagnia di Vittoria, hanno preso avvio da una denuncia presentata da un fornitore austriaco nei confronti del rappresentante legale di
una società operante ad Acate nel settore della produzione degli
imballaggi in legno, un contesto economico primario dell’indotto del
mercato ortofrutticolo di Vittoria. In questo modo, è emersa l’esistenza di
un’organizzazione finalizzata a evadere le imposte, riconducibile al dominus
acatese, P.O. (classe 1962), destinatario unitamente a un suo complice, D.D.
(classe 1978), del sequestro.
Gli ulteriori approfondimenti hanno permesso di ricondurre lo schema fraudolento utilizzato dagli
indagati al sistema del carosello fiscale, attuato tramite triangolazioni fra
le società coinvolte al semplice scopo di evadere l’Iva, con una dimensione
transnazionale, visto il coinvolgimento, oltre che di sei imprese locali, anche di due società di diritto rumeno. La ricostruzione del complesso meccanismo fraudolento ha
permesso di fare luce sulle triangolazioni fittizie avvenute fra l’effettiva
beneficiaria della merce – l’azienda di Acate – le società estere reali fornitrici e
società sistematicamente interposte, intestate a un mero prestanome.
L’imprenditore ragusano, infatti, si sarebbe servito di ditte individuali e società cartiere – con sede formale tra Niscemi (Caltanissetta), Acate e Vittoria – ma
di fatto tutte gestite dalla sua società risultata sempre
l’effettiva beneficiaria degli acquisti di merce intracomunitaria.
Le imprese interposte, prive di struttura imprenditoriale, sono state utilizzate
all’occorrenza per acquistare quantità di merce direttamente dai fornitori
comunitari (austriaci e rumeni). In realtà la merce non sarebbe stata consegnata alla
ditta che aveva effettuato l’ordine ma direttamente all’effettivo destinatario,
P.O., beneficiario della frode.
La cartiera, quindi, sarebbe stata interposta facendo da filtro nelle transazioni
commerciali tra i fornitori europei e la società operativa acatese, effettuando
gli acquisti comunitari di beni, che poi risultavano rivenduti sul territorio
nazionale, solo formalmente, perché la merce era già stata recapitata al
destinatario finale. Nel frattempo, la società interposta si sarebbe accollata, a seguito
della fittizia rivendita, il relativo debito Iva, che poi non versava all’erario.
Dal punto di vista documentale, la società di comodo di volta in volta utilizzata –
inadempiente agli obblighi tributari – riceveva le fatture dai fornitori
comunitari, senza applicazione dell’Iva (in virtù del meccanismo del Reverse charge, applicato per le cessioni all’interno di Stati dell’Unione
Europea), procedeva poi a emettere fattura, rivendendo il bene – questa volta
con applicazione dell’imposta sul valore aggiunto – a favore del predetto
acquirente effettivo, a un prezzo imponibile inferiore a quello praticato dai
fornitori comunitari (dunque, sottocosto) contravvenendo a ogni logica
di guadagno.
Gli ulteriori accertamenti, eseguiti con controlli incrociati hanno
portato a individuare tutte le altre ditte e società (tre ditte individuali e quattro società) utilizzate dagli indagati per l’emissione delle fatture inesistenti strumentali alla realizzazione della frode. L’imprenditore acatese, che ha avuto un ruolo di primissimo piano nella vicenda, è risultato anche amministratore
di fatto di due società di diritto rumeno utilizzate quali soggetti da interporre
nelle operazioni commerciali intracomunitarie.
Per le false fatturazioni di circa 4 milioni di euro, l’autorità giudiziaria iblea ha emesso un provvedimento di
sequestro preventivo finalizzato alla confisca: immobili, autoveicoli e disponibilità su conti correnti
per un totale complessivo di oltre 1,5 milioni di euro. Grazie al supporto
fornito da Eurojust, è stato possibile sottoporre a sequestro somme di denaro
anche in Romania.
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