Franco Italiano, l’uomo di Santa Venerina saetta del cielo Sopra il suo autogiro sorvolerà l’Etna per battere il record

Le sensazioni che il volo sprigiona, la voglia di scrivere una nuova pagina dello sport siciliano alla guida del suo autogiro, non tanto per la gloria, ma per ampliare i limiti propri e della disciplina. Franco Italiano, 64enne di Santa Venerina, alterna le esperienze in quota alla sua attività di carpentiere metallico. Da qualche tempo si è prefissato un nuovo, ambizioso, obiettivo: avventurarsi nella troposfera, a 10mila metri di quota, con il suo mezzo per battere il precedente record di 8.400 metri, appartenente alla veneta Donatella Ricci. Con la quale non sembra esserci antagonismo alcuno, anzi…

«È una mia grande amica – spiega Italiano – Abbiamo deciso di collaborare. Mi aiuterà a battere il suo record. Non è solo una questione agonistica, ma anche scientifica: spostare i limiti un po’ più in avanti. L’ho invitata a questo appuntamento e lei è stata entusiasta. Un giorno qualcun altro batterà il mio ed io sarò lieto di dargli una mano».

Un bel modo per festeggiare gli oltre 35 anni di volo. Perché proprio adesso? Cosa è scattato?

«In realtà nulla. Diciamo che questa cosa la volevo fare già anni fa con mio figlio, ma lui si è trasferito per motivi di lavoro ed è rimasta in sospeso. Poi è arrivato il record di Donatella e questo mi ha spinto ancor di più a volerci provare. Ho 64 anni, non voglio rimandare troppo. Potrei rischiare di non farlo più. È un mio desiderio».

Quando e come è nata la passione per il volo?

«Volo in autogiro da 17 anni. Rispetto a tutto il resto dei mezzi è quello che mi ha dato più soddisfazione. Ma la mia passione non è nata così. Ho iniziato nel 1986, quando ho conosciuto Angelo D’Arrigo. Allora si volava solo in deltaplano, a volo libero. Ho imparato proprio da lui, che fu il mio istruttore».

Quando il ricordo corre alla figura dell’aviatore e deltaplanista catanese, scomparso durante una dimostrazione di volo nel 2006, la voce di Franco, ferma e sicura, esita un po’ nel ricordo del maestro: «Lui è stato importante perché ha fatto parte della mia vita. Non potrei mai ringraziarlo abbastanza, sono fiero di essere stato suo allievo. Andavamo spesso in giro per la Sicilia per cercare nuovi posti per volare e fare manifestazioni. Angelo era un punto di riferimento per i suoi allievi, era molto importante nelle nostre vite. Ci manca tanto. Se n’è andato un pezzo di storia del volo».

Cosa accadrà nel giorno in cui proverai a ad aggiungere questa pagina alla storia dell’autogiro?

«Dovrei tentare intorno alla metà di giugno. Farò un piano di volo e informerò l’ENAC (Ente nazionale aviazione civile) e tutti gli enti responsabili. Tutto dipende dal meteo. Potrei anticipare o slittare a causa di questo. Quando sapremo che il meteo sarà favorevole, chiederò le autorizzazioni. Decollerò dal campo di volo Triavio Angelo D’Arrigo, a Calatabiano. Raggiungerò i 10mila metri al di sopra dell’Etna, sulla perpendicolare del Mar Jonio, tra il mare e la montagna. Il mio sogno lo voglio dedicare a tutti i siciliani, perché raggiungere un obiettivo simile non è fattibile da un giorno all’altro. Questo record a 10 mila metri sopra il Vulcano».

Una sfida che sarà caratterizzata da venti imponenti e temperature che possono raggiungere i meno 50 gradi. Eventualità già calcolate da Italiano. «Andrò incontro a un fronte ventoso, che potrebbe soffiare fino a 100 chilometri orari, dipende dalla giornata. La sua velocità cambia ai vari strati di quota. Questo muro di vento, insieme alla mia spinta, creerà una convergenza verso l’alto. Sfrutterò l’energia della natura, con il mio motore. Come un Don Chisciotte contro i mulini a vento – sorride – Poi ci sarà il a rotore a girare più velocemente per mantenersi, alimentandosi sfruttando la rarefazione dell’aria».

Davanti a una prova del genere è inevitabile che trovino spazio timori. E anche in questo caso Italiano mostra notevole consapevolezza: «Mi sento sicuro, ma potrei anche non farcela. Le variabili sono diverse: giornata sbagliata, un mal funzionamento del respiratore o del motore. Le prove mi servono per limitare al minimo questi imprevisti. Sto ultimando queste fasi del progetto proprio per fare in modo di prevenire ogni cosa».

Una prova che ha una parte mentale che pesa almeno quanto quella fisica:

«Sono abbastanza tranquillo. Devo essere concentrato e non posso farmi sorprendere da niente. Ho letto alcune cose, ad esempio sull’ipossia, che ti trascina dallo stato attivo a quello passivo senza accorgertene. È un attimo. Questa cosa mi ha un po’ turbato. Passare dalla vita alla morte senza rendersene conto. Ma è anche vero che ci sono tanta pianificazione e tante prove prima. Prima di fare qualcosa ho pensato a cosa potrebbe succedere durante la salita».

Per un’impresa del genere serve coraggio. Sei un coraggioso, dunque?

«Non mi definisco coraggioso, anche se un po’ ci vuole. Piuttosto mi vedo come uno che, grazie all’esperienza, si sente tranquillo e preparato. La paura c’è, non la nego. Guai se fosse il contrario. Ho paura, di sbagliare o fare qualcosa che non ho calcolato. Potrei trovarmi in una situazione dove avrò solo pochi secondi per riflettere, non sapendo come reagisce il mezzo, ma anche come potrei reagire io. Dovrò essere lucido mentalmente ed esser pronto ad ogni eventualità. Tutto il resto lo fa l’esperienza. Il volo, nel tempo, diventa istintivo, come guidare l’auto».

Volerai a 10mila metri con tutte le difficoltà del caso, la tua famiglia come l’ha presa?

«Mia moglie non tanto bene, a dire il vero. Non ha paura quando vado a volare di solito, ma di questa cosa un po’ si. Lei è un tipo sensibile, mi vuole bene e si preoccupa. So che non è molto favorevole all’idea, ma col suo appoggio divento ancora più forte. É una parte importante».

Che sensazioni ti riesce a trasmettere il volo, dopo oltre 36 anni?

«Vado in volo per lasciare i miei problemi a terra. So che nello spazio di tempo in cui volo non ho alcun problema. Mi godo la natura e il panorama, il modo di volare. Non riuscirei a immaginare una vita senza volare. È inspiegabile. Fa parte dei mie sogni, che in parte sono tutti alimentati da questa sensazione. Cosa provo non lo so spiegare esattamente, so solo che è bello». «Voglio ringraziare Angelo D’Arrigo – conclude, tra l’emozione – Per tutto quello che ha fatto per me e per i suoi allievi. Mi spiace solo che non sia più con noi. Sarebbe stato fiero di questa mia avventura».

Dario Giuffrida

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