Francia, rivoluzione negli Atenei

Gran cantiere di Valérie Pécresse, atto primo. Dall’1 gennaio un drappello di venti università acquisisce l’autonomia, nel quadro della legge LRU («Libertà e Responsabilità delle Università») approvata nel luglio 2007 e vivamente contestata in piazza; una protesta che ha obbligato la Ministra dell’Istruzione Superiore a rivedere diversi punti della riforma.

Cosa cambierà da gennaio nelle aule di questi atenei? Nella quotidianità, per gli studenti, quasi nulla. Non da subito, in ogni caso. Non c’è in vista nessun brusco aumento delle tasse d’iscrizione, nessun accesso a numero chiuso (tranne che in “master 2” dove c’è già)… si resta dentro un modello universitario alla francese. Ma per quanto riguarda il rettore e i docenti la legge è una rivoluzione. Spieghiamola.

Di qui al 2012 tutte le 85 università dovranno applicare la legge LRU (*). Finora le università disponevano di un margine di manovra limitato al 25% circa del budget. Il resto dei finanziamenti era fissato dallo Stato: una determinata somma per ciascun insegnamento. Le università «autonome» avranno ormai in mano il 100% del proprio budget, e dunque anche l’insieme degli stipendi.
Questo budget – ed ecco il secondo grande cambiamento – potrà essere alimentato da fondi privati. La maggior parte delle università ha già reclutato degli specialisti nella raccolta dei fondi, ed alcune hanno messo in piedi delle fondazioni per attirare il denaro dei privati. È su questo punto che si addensa una parte delle critiche: sindacati dei professori ed organizzazioni studentesche vedono un rischio di «privatizzazione» delle università e la possibilità che esse investano solo nelle «filiere» giudicate più redditizie. In altre parole, ai loro occhi, le scienze umane e sociali diventeranno l’ultima ruota del carro.

Per accompagnare questa transizione, ogni ateneo riceverà una dotazione di 250.000 euro supplementari: 200.000 per finanziare la riorganizzazione e 50.000 per incentivi ai funzionari investiti del passaggio all’autonomia. La legge autorizza inoltre lo Stato a trasferire agli atenei che ne faranno richiesta la piena proprietà del patrimonio immobiliare. Nessuna università si è mostrata pronta a fare il salto, ad eccezione di Paris 6 (Pierre-et-Marie-Curie) e di Corte.

Eletto dagli insegnanti-ricercatori del consiglio d’amministrazione, con un mandato di quattro anni rinnovabile una volta sola, il rettore diventa il manager del suo personale: nomine in ruolo, distacchi, deleghe, avanzamenti… Non ci sarà più bisogno di far riferimento allo Stato. Con la possibilità – e questa è una novità – di assumere personale con contratti di lavoro a progetto e a termine o a tempo indeterminato per funzioni di insegnamento, di ricerca, tecniche o amministrative. Ed anche insegnanti stranieri, con uno stipendio per loro appetibile. I rettori potranno inoltre distribuire al personale dei premi di merito. Infine, avranno diritto di veto sul reclutamento degli insegnanti.

Il consiglio d’amministrazione sarà formato solo da venti o da trenta membri, a fronte dei precedenti 60. Più in dettaglio esso sarà composto da 7 o 8 «personalità esterne all’istituzione» (nominate dal rettore previa approvazione dello stesso consiglio d’amministrazione), tra cui almeno un dirigente di impresa e rappresentanti degli enti territoriali, da 8 a 14 rappresentanti degli insegnanti-ricercatori, da 3 a 5 rappresentanti degli studenti (in precedenza andavano da 12 a 15, e questo è un altro punto contestato) e da 2 o 3 rappresentanti del personale amministrativo (prima erano 6).

Fin dalla scorsa estate le università hanno rinnovato i propri consigli d’amministrazione per adeguarsi alla formula LRU. Il che non ha impedito agli oppositori dell’LRU, in particolare ai maîtres de conférence [docenti di ruolo non titolari di cattedra, NdR] di far sentire la propria voce: per via del nuovo sistema elettorale (la lista che arriva prima ottiene la metà più uno dei seggi), un gran numero di rettori ha visto rafforzarsi l’opposizione nei loro confronti all’interno del consiglio d’amministrazione.

Prima della legge gli IUT [Istituti Universitari di Tecnologia abilitati a rilasciare un diploma universitario professionalizzante dopo due anni di corso NdR] ricevevano il budget direttamente dallo Stato. D’ora in poi saranno i rettori delle università da cui dipendono ad attribuire gli stanziamenti. Ciò significa che gli IUT, che in materia di formazione professionalizzante sono meglio dotati dei corsi di laurea, temono di trovarsi danneggiati. Da qui gli scioperi di quest’autunno. Fortemente mobilitata per ottenere delle garanzie l’assemblea generale dei direttori degli IUT ha chiesto alla Ministra che «sia siglato un contratto tra le università e gli IUT» su base nazionale.

(*)Le prime venti università francesi passate in regime di autonomia sono Aix-Marseille 2, Cergy-Pontoise, Clermont-Ferrand 1, Corte, Limoges, Lyon 1, Marne-la-Vallée, Montpellier 1, Mulhouse, Nancy 1, Paris 5, Paris 6, Paris 7, La Rochelle, Saint-Etienne, Toulouse 1, l’Università tecnologica di Troyes, e l’Università unica di Strasbourg (quest’ultima, dal primo gennaio, raggruppa le università Strasbourg 1, 2 e 3).

 
[Pubblicato col titolo Universités: ce qui change au 1er janvier sul quotidiano “Libération” di mercoledì 31 dicembre 2008]

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