Moderati in rivoluzione. A prima vista sembrerebbe un ossimoro, una contraddizione in termini. Ma per gli esponenti del movimento fondato dall’avvocato modenese Gianpiero Samorì (MIR), non lo è affatto. Al contrario:”Solo una rivoluzione moderata può produrre benefici. Solo i moderati possono essere gli artefici di quel cambiamento che serve all’Italia per tornare sui binari della crescita e dello sviluppo. Altrimenti sarebbe un disastro”.
Francesco La Fauci, candidato al Senato (capolista) in Sicilia nella lista del MIR, parla con entusiasmo della sfida elettorale che metterà alla prova la forza di questo nuovo soggetto politico, nato nell’area di centrodestra, ma che vuole camminare sulle proprie gambe.
La Fauci, è un neofita della politica. A parte un avvicinamento al Partito Repubblicano di 30 anni fa, non è mai sceso nell’agone elettorale. Oggi ha 55 anni, è un dottore commercialista, messinese, esperto in materie tributarie, che ha prestato numerose consulenze tecniche ai governi siciliani che si sono succeduti nel tempo. Ha ricoperto, tra le altre cose, ruoli nei cda di società come la Sac che gestisce l’aeroporto di Catania, e in quella che si è occupa dello scalo di Comiso, così come nei Mercati agroalimentari siciliani e così via. Oggi siede nel collegio sindacale dell’Irfis. Insomma, tasse, imposte, tributi e investimenti sono il suo pane quotidiano.
Ma cosa lo ha spinto ad accettare la proposta di candidatura che gli è arrivata dal Mir?
“M riconosco in pieno nei valori espressi da Moderati in Rivoluzione. Le nostre liste sono espressione della società civile. E con questo intendo dire professionisti, lavoratori, consumatori, disabili, i più poveri.Tutti quei cittadini che non hanno avuto nessuna rappresentanza politica e che si riconoscono nell’area dei moderati. Quelli che sono stati massacrati”.
Scusi ma negli ultmi decenni non siamo stati governati da ‘moderati’?
“No. La verità è che, chi ci ha governato, si è autodefinito ‘moderato’, ma non lo era affatto. Hanno devastato le imprese e affamato i lavoratori, questo non ha nulla a che fare con una politica moderata. Per questo nasce il Mir, per dare voce a tutti quelli che non sono stati tutelati, ovvero la maggior parte degli italiani”.
Quale parte del programma l’ha convinta di più ?
“Tutto. Soprattutto, la sua semplicità di intenti, la sua visione di una politica economica equa e solidale. Sembra un programma scritto da Robin Hood”.
In che senso Robin Hood?
“Il nostro programma prevede di porre fine alla vessazione della tassazione che ha ridotto questo Paese in ginocchio. Cominciando con una riforma fiscale che prevede zero tasse fino ai 15 mila euro, il 20% dai 15mila ai 50mila, e il 25% fino ai 100mila. E così via fino ad arrivare al 50% sopra il milione. L’unico modo di ridare ossigeno all’economia e di riattivare l’economia”.
Insomma, siete per la patrimoniale?
“E’ giusto che chi ha di più dia un contributo maggiore. Questo significa costruire una società più giusta. In questo senso siamo rivoluzionari veri”.
Ce l’avete anche con le banche…
“Le pare normale che le banche divorino fiumi di denaro che arrivano dalla Bce, ad un tassso dell’1%, ma non sono obbligate a destinare parte di queste risorse al sostegno delle famiglie e delle imprese?”.
Più che a Robin Hood, la guerra alle banche fa pensare a Davide contro Golia…
“Non è una guerra. Noi vogliamo che tornino a fare il loro lavoro: sostenere l’economia reale, che significa le piccole imprese e i consumatori. Non è una battaglia impossibile, il sistema sta implodendo per le troppe storture, come vediamo anche dalle cronache di questi giorni sul Monte dei Paschi. Bisogna cambiare tutto, ed è essenziale che a guidare il cambiamento siano i veri moderati italiani”.
Avete lamentato un oscuramento da parte dei media.
“Siamo stati invisibili. Perché? Qual è quel giornale o quella televisione che vuole sentire quello che abbiamo da dire sul sistema bancario e su chi ci ha governato finora?”.
Quante speranze avete di raggiunger il quorum necessario?
“Se guardo a quanta gente condivide il nostro programma, tante. In generale, le posso dire, che queste elezioni sono un mistero per tutti. Anche per quelli che si credono forti”.
Lei è candidato al Senato italiano, ma da siciliano, cosa ne pensa del fatto che i governi italiani hanno completamente messo da parte la questione meridionale e quella siciliana?
“Comprendo bene la rabbia di tantissimi siciliani, ma dobbiamo essere chiari su questa vicenda: non bisogna prendersela con il governo nazionale o con il Parlamento di Roma, ma con tutti quei politici siciliani che ne hanno fatto parte e che se ne sono fregati di rendere un servizio alla loro terra. Loro sono stati il problema. Nessuno ci ha difesi o rappresentati”.
Cosa ne pensa della pretesa della Lega Nord di trattenere sul territorio il 75% delle imposte? Anche il nostro Statuto prevede la territorializzazione delle imposte. Condivide tale previsione?
“Certamente. Anzi ringrazio Maroni per avere portato in auge questa questione perché è un modo per ricordare a tutti che la Sicilia è stata la prima regione in Italia a prevedere questo principio semplice e logico”.
Si ma, lo Statuto siciliano non è applicato…
“Torniamo a quanto detto prima. Perché non abbiamo avuto politici siciliani, che, pur ricoprendo incarichi istituzionali e in gran numero, abbiano lavorato per la loro terra”.
Quindi lei, se eletto, si farà portavoce di queste istanze?
“Certo sono un convinto assertore del federalismo, e il nostro Statuto è un esempio, il primo, di quello che significa in pratica. La Sicilia è una terra ricca di risorse, staremmo molto meglio in uno Stato federalista”.
Insomma, il Mir sarebbe Robin Hood anche sulla questione siciliana?
“Certamente”.
Speriamo. Noi ce lo segniamo…
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