Un dipendente di Silvio Berlusconi invoca l’intervento dei giudici (in campo). Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, è furibondo. Non vuole rassegnarsi, lui, al fatto che a Robson de Souza, in arte Robinho, l’arbitro non abbia assegnato un gol contro il Catania. «Quando una palla varca la linea della porta per regolamento è gol, ma per noi no», ha detto l’ad della squadra milanese subito dopo la partita di sabato allo stadio Angelo Massimino.
E oggi rilancia con una lettera al presidente della Figc Giancarlo Abete, in cui chiede «l’istituto degli arbitri di porta, già praticato dall’Uefa in Champions League». Arrabbiatissimo, accaldato, rossonero in viso, Galliani dopo il pareggio catanese ha preferito parlare poco, ma senza esitazioni. «Non commento mai gli arbitraggi, spero che queste sviste non ci costino il campionato», ha dichiarato. La vetta della classifica di serie A, del resto, la tengono ancora loro. Ma a separarli dalla vecchia signora, la Juventus di Antonio Conte, ci sono solo due punti: non abbastanza per dormire sogni tranquilli. «Inaccettabile!», tuona la società dell’ex premier dalla homepage del suo sito ufficiale. E sbatte in bella mostra il deretano del buon Giovanni Marchese, il nisseno difensore dei rossazzurri che ha salvato la squadra etnea dalla sconfitta in casa contro la capolista.
Ed è proprio su quel di dietro «scandalosamente sproporzionato rispetto al resto del corpo» che da due giorni si discute, neanche si trattasse del nobile lato b di Jennifer Lopez. «Se si confronta il fotogramma del sito milanista con quelli più divulgati si nota qualche incongruenza», scrive il blogger Tano Bellomo, ospitato da Ctzen su La pelota no se mancha. Le storture rilevate dall’argentino Bellomo, a ben guardare, non sono campate in aria: un pallone deformato che neanche in una puntata di Holly&Benji, il palo di destra illuminato da una luce divina e spostato verso l’esterno da una forza imperscrutabile. Il gol di Robinho secondo il cuore rossazzurro del tifoso citato sarebbe stato un miracolo. Dio avrebbe scelto di manifestarsi sul campo del Massimino, contro il Catania, nonostante per la società etnea giochi il religiosissimo Nicola Legrottaglie. Sulla presenza di Legrottaglie nell’area della porta catanese, poi, si sono scatenati gli juventini su Facebook. «Legrottaglie si dissolve», gridano confrontando l’immagine pubblicata dal Milan con un’altra dello stesso istante, ma da una prospettiva diversa. Se nel primo scatto del timorato difensore etneo non c’è traccia, nel secondo Legrottaglie sta proprio lì, accanto al palo che brilla di luce propria. E pure il numero della maglia di Marchese appare distorto: invece del consueto 12, nella foto incriminata sembra leggersi un 17. Anche se i pixel sono tiranni, i commentatori della fanpage sul popolare social network non hanno dubbi: «Finalmente una foto che dichiara la falsezza dei milanisti». Pure su FareMilano i commentatori non si risparmiano: «È Photoshop, ed è pure fatto male», dice Leo1973, che aggiunge: «La linea della porta è stata assottigliata e spostata in corrispondenza della palla».
La risposta dei milanisti è forte quanto le accuse, che sarebbero «becere e infondate». «Un tentativo pietoso di minare la sensibilità in casa Milan», scrive Emiliano Cuppone di Milan News. Quelli che vedo un 17 al posto del 12 nella maglia di Marchese per Cuppone sono «occhi di falco», a cui va il merito di «distinguere con una vista degna del miglior Superman il secondo numero in una foto a dir poco sgranata». Sulla presenza-assenza di Legrottaglie, invece, chi nota una stranezza è un «genio dell’investigazione», un «maestro della prospettiva», un «criminologo del web». Il fotogramma pubblicato dal Milan «mostra solo una porzione di non più di dieci centimetri a lato del legno». La conferma è una foto pubblicata su Twitter: Legrottaglie è lontano, la maglia azzurra di Nicolàs Spolli è là dove si vede nell’ingrandimento e la palla sembra proprio aver varcato la linea della porta.
«L’unica certezza è che né l’arbitro genovese Mauro Bergonzi, né l’assistente aretino Simone Ghiandai avevano la possibilità di vedere». A gettare acqua sul fuoco è il Giornale, per mano di Gian Piero Scevola: «Nemmeno il fotogramma pubblicato sul sito del Milan può essere decisivo scrive il giornalista sul quotidiano della famiglia Berlusconi, quindi milanista per definizione perché l’immagine è presa dall’alto e da un’angolazione che falsa la prospettiva». Anche Antonio Carioti, «che tifa Milan da quando era bambino», sul blog calcistico del Corriere della sera dalla polemica si tiene lontano: «Pareggio giusto a Catania», comincia. E le chiacchiere stanno a zero. «Il Milan ha sbagliato troppo e il Catania ha impresso alla gara un ritmo forsennato». Plausi per i giocatori anche da Gianluca Pace di Calcio Sport24: «I tifosi milanisti calcolino che il Catania è la squadra del momento». Vincenzo Montella l’allenatore etneo può gongolare, l’1-1 dicono sia meritato. E pazienza per le contestazioni. Del resto, la colpa è tutta della tecnologia: c’è stato un tempo in cui la mano de Dios che faceva gridare allo scandalo stava in campo, adesso si vocifera che stia dietro allo schermo di un computer, impegnata a modificare uno scatto fatto col cellulare.
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