Formazione, tra delusione e malcontento la proposta di riforma dalla base dei lavoratori

IL GOVERNO REGIONALE ANNASPA, PROMETTE UNA SVOLTA, ANNUNCIA DA MESI UN DISEGNO DI LEGGE DI RIORGANIZZAZIONE DEL SETTORE, MA L’UNICA CERTEZZA E’ CHE TUTTO VA A ROTOLI. L’ANALISI CRITICA DI UN LAVORATORE CHE PARLA A NOME DELLA CATEGORIA

La formazione professionale siciliana vive uno dei momenti più cupi dal 1976, anno in cui il legislatore siciliano, lungimirante ed anticipatore rispetto al resto d’Italia, introdusse la legge n.24 di disciplina dell’addestramento professionale. Da allora ad oggi molte cose sono cambiate. È cambiata la società, sono cambiate le regole di accesso al lavoro, è mutata la capacità di creare lavoro ma non è cambiata la politica, siciliana soprattutto quella parte che con clientele e inciuci ha dominato incontrastata mietendo successi elettorali fino a far implodere il settore.

Da tempo ci occupiamo della Formazione professionale e dalle colonne di questo giornale non abbiamo lesinato giudizi critici su questo o quel Governo, Non ultimo quello del presidente Rosario Crocetta che si appresterebbe a mettere fine al sistema formativo regionale per riorganizzare, non si sa come e con chi, l’offerta formativa regionale.

Da qualche tempo il nostro giornale offre lo spazio a lavoratori nel convincimento che, da anello debole della filiera, meritino le attenzioni e l’enfasi mediatica che normalmente è appannaggio di enti formativi, sindacati, amministrazione regionale e Governo regionale.

Ed è con tale spirito che riportiamo l’intervista ad un lavoratore che ha preferito restare anonimo perché non si fida del clima, peraltro, pesante, che si respira da qualche mese nell’ambiente formativo regionale.

Da quanto tempo lavora nel settore?

“Ho cominciato a lavorare nella formazione professionale siciliana nell’anno 2002, ed ero uno studente universitario agli ultimi esami”.

Quale clima si respirava a quei tempi?

“C’erano allora grandi propositi di riforma nel settore, si avviavano le politiche attive del lavoro attraverso il personale della Formazione professionale e si programmava l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni. La formazione professionale avrebbe dovuto essere il volano del nuovo sistema educativo ed in particolare la legge regionale 6 marzo 1976 n. 24 avrebbe dovuto essere riformata in melius. Ricordo incontrammo l’Assessore al lavoro ed alla formazione professionale, l’on. Raffaele Stancanelli, che su nostra precisa istanza di riforma, di sistemazione e di aggiornamento del sistema, eravamo in tanti tra i lavoratori ed affiatata sul da farsi, rispose con una proposta di riforma presentata all’Assemblea regionale siciliana”.

Cosa prevedeva la riforma del settore pensata dai lavoratori?

“Tale proposta prevedeva l’aggiornamento dell’Albo di cui all’art. 14 della Legge regionale n.24 del 6 marzo 1976, la produzione di nove centri formativi regionali con caratteristiche miste pubblico-privato, secondo le buone prassi di allora, ma soprattutto delle Agenzie formative prevalentemente gestite dall’Assessorato regionale al Lavoro attraverso gli Uffici Provinciali del Lavoro. Queste avrebbero potuto, più agevolmente, effettuare una programmazione territoriale di progetti formativi da proporre e da eseguire per la qualificazione di figure professionali più richieste dal nuovo mercato del lavoro. Tutto svanì e si concretizzò unicamente nella ricerca del consenso delle successive elezioni regionali. Da lì ancora noi sollecitiamo una riforma del settore della formazione professionale”.

Oggi, come giudica l’approccio riformatore del Governo Crocetta?

“Vorrei precisare che l’attuale Governo regionale, almeno nelle sue dichiarazioni è totalmente fuori strada. Le sue intenzioni preliminari sono state sicuramente buone, ma adesso sembra stia deragliando tragicamente. Intanto premetto che ci mortifica sentirci citare, a mezzo stampa, come parassiti della Regione siciliana, l’Assessore al ramo dovrebbe difendere pubblicamente il suo settore. La prima illazione che viene diffusa dall’esecutivo regionale e dalla politica attuale riguarda il metodo dell’assunzione degli operatori della formazione professionale. Si contesta, cioè, il metodo delle raccomandazioni. Il personale viene qualificato come fosse complice di ruberie di chi allora era seduto sul loro stesso trono e parlava dal loro stesso pulpito, e quindi per noi degno dello stesso rispetto e soprattutto aveva ogni potere su di noi”.

Voi lavoratori, come vi difendente da queste accuse?

“Noi rispondiamo che dal 1990 non si fanno concorsi nei Comuni, nelle Province regionali, nelle Istituzioni regionali e nazionali e in nessun altro ente pubblico o partecipato. Come si accede ai posti pubblici? Tramite quali concorsi? Chi siede negli uffici della presidenza della Regione Siciliana? Chi siede negli uffici dell’Assemblea regionale siciliana, degli assessorati regionali o delle Aziende sanitarie provinciali? Quali concorsi vengono pubblicati? Con quale metodi si recluta il personale in tutti gli uffici pubblici? Facce nuove girano per gli uffici pubblici, neoassunti dalla politica del momento con contratti tipici ed atipici (poi trasformati in larga parte), quindi la paternale non la facciano a noi, piuttosto al primo specchio!”

Come reagite agli attacchi che vengono da più parti, compreso il Governo della Regione, sulla presunta scarsa professionalità dei docenti del settore?

“In merito alla presunta disfunzione ed accusa per cui i formatori in molti casi non sono laureati, noi rispondiamo che questo sia un falso problema. E lo dico da formatore con dodici anni di esperienza alle spalle. Ho insegnato 10 moduli diversi e sempre con ottima partecipazione degli allievi maturando esperienza specifica grazie allo stretto contatto con l’utenza probabilmente. Noi docenti della Formazione professionale con oltre dieci anni di esperienza possediamo una maggiore consapevolezza di tanti Soloni di turno. Ad avviso di noi lavoratori occorre prioritariamente fare la riforma, poi occuparsi di migliorare la qualificazione del personale”.

Come risponde all’annuncio del governatore Crocetta di istituire un “Elenco B” dove far confluire i giovani laureati?

“Il sistema non funziona ed il problema non è quello di innalzare il titolo specifico per l’accesso all’insegnamento, in quanto in un corso di 900 ore (un Anno Formativo) con 40 moduli circa ci vorrebbero 40 insegnanti laureati in materie specialistiche, in massima parte materie pratiche, impossibili da riscontrare nelle qualificazioni e da contrattualizzare per due ordini di motivi essenziali”.

Parliamo un po’ dei moduli.

“I moduli riguardano insegnamenti pratici o finalizzati alla pratica, quindi in molti casi riguardano lauree non presenti nell’offerta formativa accademica come Presentazione del Corso, Spendibilità della Professione, Principi del Fondo Sociale Europeo, Cultura Europea, Pari Opportunità, Elettricista, Maestro Mentoring, etc. Se si impiegassero quaranta insegnanti per corso di novecento ore con la specificità della laurea settoriale, ammesso che si trovassero tutte le lauree specifiche, quanto costerebbe ogni progetto formativo con tutto questo personale dato che ciascun docente potrà disporre solo di una laurea?”.

A sua avviso la verità dove sta?

“Si somministrano stupidaggini per verità assoluta, ma che sono del tutto strumentali ad obiettivi reconditi della nuova classe politica, salvo poi assistere all’avvento del nuovo Governo regionale (vedi caso Centorrino-Albert), che contraddice tutto quanto predisposto perché esoso, inutile e spesso impossibile. Come la loro trovata della pretesa della ricerca di docenti, senza retribuzione, con laurea specifica con votazione di 110 e con esperienza di insegnamento decennale di moduli innovativi della new economy, a che pro?”

Siete d’accordo almeno sulla scelta adottata dall’assessore Nelli Scilabra di modificare in sede di avvio del Piano giovani delle qualifiche in uscita?

“No! In merito al sistema delle qualifiche da formare, il Governo regionale non ha capito, che il nostro mercato del lavoro siciliano è del tutto straordinario. In Sicilia resistono pochissime grandi imprese e la micro-impresa vive un mercato del lavoro con dinamiche poco note alla politica. Per esempio l’Assessore regionale alla formazione professionale ha passato l’inverno a fare comunicati stampa sulla nuova formazione ed escludendo i corsi delle estetiste. La formazione professionale regionale adesso non forma più estetiste, quindi le nostre ragazze vanno a fare i corsi privati a pagamento presso strutture formative non regionali. Questa è, invece, una qualificazione richiestissima! Chiunque apre un’attività di estetista, basta un telefonino e poche pinzette. A noi non importa se queste ragazze fanno una concorrenza a costi bassissimi e soprattutto non dichiarano l’impresa o il fatturato, sicuramente lavorano il giorno dopo l’acquisizione del titolo”.

Da mesi si registra un forte scollamento tra gli operatori della Formazione professionale e gli enti, a cosa sarebbe dovuto?

“Il sistema degli enti di formazione, comunque, è sicuramente ormai sepolto. Questi enti sono stati distrutti dall’ingordigia dei legali rappresentanti e di certi politici. Gli enti di formazione hanno preso i soldi della ristrutturazione ministeriale degli enti di formazione, le integrazioni economiche secondo la legge regionale, i fondi della cassa integrazione, il budget è levitato fino a 450 milioni circa nei tre ambiti: quanti soldi ancora avrebbero avuto bisogno per fare formazione senza problemi economici?”.

E allora?

“Questi soldi sono stati sottratti da un sistema connivente dei rappresentanti degli enti di formazione, della politica che ha gestito nel tempo l’assessorato di competenza, della burocrazia regionale, dei sindacalisti di primo piano che partecipavano a comprare e vendere enti di formazione. I maggiori oneri ed investimenti sarebbero dovuti servire, piuttosto, a supportare il reddito degli allievi, pronti a migliorare e potenziare la propria qualificazione, ma con indennizzi più consistenti, invece in molti casi attendono pur la esigua diaria 500 euro circa l’anno, anche se con quegli investimenti si sarebbero potuti forse corrispondere mensilmente. Inoltre il monte di denaro oggetto del finanziamento sarebbe dovuto servire a pagare gli stipendi agli operatori mensilmente e finanziare la riqualificazione permanente del personale, nei periodi di programmazione e di fermo delle attività, per offrire una qualità del servizio più funzionale alla nuova domanda di formazione. Invece il personale, non solo non è stato riqualificato secondo la legge regionale ed il Contratto collettivo di lavoro (Ccnl), ma ad esso non vengono corrisposte puntualmente le retribuzioni ed attende persino 24 mesi per prendere gli stipendi”.

Voi lavoratori siete critici con il Governo Crocetta: avete una vostra idea di riforma del settore?

“Io immagino una riforma dell’educazione regionale con una ‘struttura a tempio’, o su tre gambe che dir si voglia. Questi tre rami dell’istruzione debbono potersi scambiare le informazioni sull’utenza, in modo da poter stabilire una offerta unica dell’istruzione regionale. I tre rami dell’educazione e dell’istruzione sono la scuola tradizionale, o secondaria superiore, l’università e la formazione. La scuola tradizionale fornisce cognizioni ed istruzione di base secondo schemi ormai collaudati, ma con qualificazioni non spendibili nel mercato del lavoro. L’Università degli Studi italiana che fornisce una offerta formativa specialistica finalizzata alle professioni ed ai lavori di grado superiore (medici, avvocati, notai, commercialisti, ingegneri, architetti, ecc.). La Formazione professionale regionale è un sistema educativo e formativo funzionale e finalizzato all’istruzione ed all’educazione dei mestieri pratici e più vicina alle imprese. Questa ultima gamba dell’educazione infatti prevede moduli ed insegnamenti pratici ed una maggiore istruzione presso le aziende e le imprese locali”.

Come pensate debbano essere utilizzati i lavoratori del settore?

“La riforma pensata può essere svolta solo attraverso una Agenzia pubblica della Formazione Professionale con il personale dell’Albo ex art. 14 l.r. 24/76, che tenga dunque conto delle buone prassi degli enti di formazione come il personale ed i laboratori, e che si possa relazionare con gli altri rami dell’istruzione. Voglio precisare che, anche se maggiormente finalizzata al mercato del lavoro, la Formazione professionale non può offrire lavoro né somministrare un’offerta che consenta l’immediato inserimento nel mercato del lavoro. Con la Formazione professionale si offre istruzione e non lavoro. Il Governo Crocetta la riforma la faccia con i formatori e non con i soliti poteri che ostacolano il cambiamento del sistema”.

Giuseppe Messina

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