Avanti tutta sulla nuova formazione professionale targata Musumeci e Scavone. Due giorni prima di Natale è stato pubblicato il nuovo avviso per l’accreditamento di soggetti pubblici e privati per l’erogazione dei servizi per il lavoro in Sicilia. Gli enti che vogliono operare come formatori in Sicilia dovranno passare da qui. Un documento importante e atteso, che aveva generato nei mesi scorsi anche un aspro confronto tra le associazioni datoriali e il governo. Due in particolare erano stati i punti controversi: l’obbligo di assumere gli ex sportellisti e quello di avere un fatturato che non dipendesse soltanto dalle entrate della Regione siciliana o comunque di enti pubblici. Del secondo punto non c’è più traccia nell’avviso del 23 dicembre, dandola quindi vinta agli enti di formazione; il primo invece viene rimodulato: non più un obbligo, ma un generico «impegno».
Era uno degli obiettivi della giunta di Nello Musumeci: varare un nuovo sistema di accreditamento che superasse definitivamente quello del 2015, alla luce delle novità nella normativa introdotte a livello nazionale. E dare più slancio ai corsi di formazione professionale, provando a fare pulizia del passato. Un primo avviso pubblico era stato pubblicato il 30 ottobre, ma le associazioni che rappresentano gli enti di formazione e le agenzie di lavoro avevano alzato le barricate, dicendosi fortemente preoccupate. Nel mirino soprattutto due passaggi: «Dimostrare che almeno il 30 per cento del fatturato annuo non dipenda da fonti di finanziamento pubbliche», e la presenza obbligatoria «per ciascuna sede operativa di almeno un operatore in possesso dei requisiti indicati dalla legge regionale 8/2016». E cioè gli ex sportellisti, lavoratori che hanno operato a partire dal 2000 negli sportelli multifunzionali a cui la Regione aveva delegato una serie di funzioni relative alle politiche attive del lavoro.
Ne è seguito un «urgente incontro» con l’assessore regionale alla Formazione, l’autonomista Antonio Scavone, in cui i privati hanno sottolineato come in Sicilia la formazione professionale sia esclusivo appannaggio della Regione e che, quindi, enti e agenzie solo dalla Regione possono attingere risorse. Di conseguenza, è questa la tesi delle associazioni, imporre che il 30 per cento del fatturato fosse legato a iniziative slegate da enti pubblici, avrebbe di fatto escluso moltissimi soggetti. Il governo Musumeci ha quindi fatto marcia indietro: via il riferimento al fatturato. Mentre sugli sportellisti è stata trovata una formula dai contorni vaghi e piuttosto confusionaria. Non si parla più di presenza obbligatoria tra le figure professionali in organico degli enti che vogliono accreditarsi, quanto piuttosto di «impegno all’utilizzo nel caso di attività finanziaria con risorse pubbliche per l’erogazione delle politiche attive» degli ex sportellisti «in conformità a specifico accordo da sottoscrivere con l’assessorato regionale al Lavoro». Ma non è specificato che tipo di premialità è prevista per chi si prende questo impegno.
Il nuovo sistema di accreditamento sembra quindi non mettere la parola fine sull’infinita vicenda degli ex sportellisti. Ma prova a dare qualche risposta rimanendo su un orizzonte che mira a trovare una sistemazione a questa categoria. Anche se non tutti, nello stesso mondo degli ex sportellisti, continuano a inseguire l’illusione del posto fisso. C’è chi ha provato a promuovere l’autoimprenditorialità, come l’associazione Itinerari per il lavoro, i cui tentativi di indirizzare la politica regionale verso altri percorsi, però, sono caduti nel vuoto.
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