Formazione: il Governo ritorna alla Legge regionale 24/76 e balbetta

STANDO A UNA DIRETTIVA EMANATA DALL’AMMINISTRAZIONE SI PROFILEREBBE, ANCHE SE A SINGHIOZZO, IL RITORNO ALLA LEGGE REGIONALE ORDINAMENTALE DI QUESTO SETTORE

Con l’emanazione della direttiva n.2695 del 18 settembre 2013 il Governo regionale vorrebbe compiere un passo in avanti per avvicinarsi al mondo dei lavoratori della Formazione professionale. Dall’esame della richiamata direttiva sembrerebbe emergere questa verita’. Un miracoloso cambio di rotta deciso sulla “via di Damasco”?

Dubbi permangono sulle reali intenzioni del presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dell’assessore al ramo, Nelli Scilabra. Scelta questa fatta a meta’ e che alimenterebbe non pochi interrogativi. Andiamo con ordine e proviamo ad approfondire i possibili effetti scaturenti dalla pubblicazione delle direttive per l’avvio dei progetti a valere sull’ambito della Formazione permanente.

Dalla lettura del contenuto dell’atto amministrativo che stabilisce modalita’ e condizioni per la presentazione, per l’annualita’ 2013/2014, delle proposte a valere sull’ambito della Formazione permanente, vengono richiamati contenuti aventi un nesso diretto con l’articolato normativo della Legge regionale n.24 del 6 marzo 1976. Legge ordinamentale posta a fondamento del successivo quadro normativo di disciplina del sistema formativo regionale da oltre 36 anni.

Una decisione assunta, quella del Governo regionale, frutto della casualita’ o necessitata dalle pressioni dei lavoratori, di parte sindacale e di certa stampa? Chissa’. Cio’ che importa e’ che la citata direttiva contiene richiami compatibili proprio con l’applicazione della legge n.24/1976 e delle leggi collegate. A quali atti ci riferiamo? Ripercorriamoli di seguito a chiarimento di quanto contenuto nella direttiva del 18 settembre scorso che dovrebbe ripercorrere quanto assunto nella delibera di giunta n.200 del 6 giugno 2013.

Cominciamo con l’aggiornamento dell’Albo degli operatori assunti entro il 31 dicembre 2008 che tra gli effetti produce quello di restituire un posto di lavoro ai circa mille lavoratori in atto licenziati o prossimi al licenziamento (come il caso dei dipendenti di Aram, Lumen, Ancol e Aiprig). A tal riguardo, ha destato enorme scalpore la vicenda del licenziamento di alcuni lavoratori, dipendenti dell’Enaip di Ragusa. Un fatto che desta non poche perplessita’ perché l’Ente ha licenziato tre rappresentanti sindacali aziendali (Rsa) aderenti al Sindacato Snals (firmatario del Contratto collettivo di lavoro della categoria).

Una decisione, a sentire la dirigenza dello Snals, assunta illegittimamente e che dovrebbe far riflettere lo staff dell*ssessore Scilabra. Un gesto che non si ricorda, un precedente mai accaduto nella storia della Formazione professione. Se e’ quella dell’applicazione della Legge regionale n.24/76 la strada maestra, allora dovrebbe essere compito dell’Amministrazione intervenire per sanzionare l’ente. E’ opportuno rimarcare che il Governo regionale ha assunto dei precisi impegni. Si tratta degli accordi sottoscritti con le organizzazioni sindacali e datoriali del 3 e del 7 giugno 2013 sulla salvaguardia dei livelli occupazionali e consequenziale illicenziabilita’ del personale dipendente degli enti formativi (gestori) strumentali della Regione siciliana purche’ inserito utilmente nel citato Albo.

E poi occorre richiamare anche l’approvazione all’Assemblea regionale siciliana della mozione n.43, presentata dal M5S. Atto di indirizzo dell’Ars destinato al Governo regionale e riguardante l’istituzione di un conto corrente dedicato alle spese del personale per la regolarita’ mensile del trattamento economico-giuridico previsto dall’articolo 39 della legge n.23 del 23 dicembre 2002, ad oggi in vigore. Ed in ultimo il richiamo all’applicazione dell’articolo 4 del dpr n.207 del 2010 in materia di esercizio del potere sostitutivo dell’amministrazione regionale in caso di Durc (sigla che sta a significare Documento unico di regolarita’ contributiva) irregolare.

Tale direttiva si presume possa essere la base di riferimento per le indicazioni generali che l’amministrazione regionale dovra’ assumere, nei prossimi giorni, in merito all’avvio della seconda annualita’ dell’Avviso 20/2011, finanziata con le risorse del “Piano Giovani (Pac)”.

E andiamo ai dubbi. Cosa continua a non convincere nell’operato del Governo regionale?

Intanto la continua ostilita’ all’applicazione dell’articolo 5 del dpr n.207/2010 che prevede l’esercizio del potere sostitutivo in caso di mancato pagamento delle mensilita’ al personale dipendente da parte degli enti gestori della Formazione professionale con le attività formative già ultimate l’8 giugno 2013. Incomprensibile la mancata applicazione di tale procedura ad appalto abbondantemente ultimato. Tra l’altro, con la corretta applicazione dell’articolo 5 del citato dpr l’esecutivo regionale riuscirebbe a risolvere in tempi stretti due problemi. L’eccessiva e macchinosa lentezza burocratica e la corresponsione di quanto i lavoratori hanno già maturato per le prestazioni di lavoro. Siamo curiosi di sapere chi si oppone all’applicazione dell’art. 5. Non e’ che l’ostinazione a non applicare il richiamato l’articolo 5 sottenda la mancanza di risorse?

Inoltre, sulla stipula dell’atto di adesione andrebbe fatto un concreto passo in avanti che verrebbe sancito dall’apposizione della firma anche per parte pubblica. Come in ogni appalto, il contratto si stipula tra due soggetti e nel caso del servizio concernente l’erogazione dei corsi di formazione professionale l’atto di adesione andrebbe sottoscritto dall’amministrazione regionale (stazione appaltante) oltre che dall’ente gestore (appaltatore) contenente diritti e doveri e reciproche sanzioni. Si arrivera’ a questo? Oppure il sistema manterra’ lo sbilanciamento con l’autoreferenzialita’ da parte della Regione siciliana?

Ed ancora, non si capisce come mai il piano che approva l’offerta formativa non venga sottoposto al parere della Commissione regionale per l’impiego (Cri). Eppure la previsione contenuta nell’articolo 5 della Legge regionale n.24/76 appare chiara e di facile applicazione. Infatti, in ordine all’avviso 20/2011 il dirigente generale dell’epoca, Ludovico Albert, non aveva richiamato la legge regionale n.24/76 nelle premesse al bando pubblico. Distrazione o volonta’ precisa? Alla luce dei fatti si tratta comunque di una grave omessione non avere richiamato la legge n.24/76 ancora oggi in vigore. Il tutto è passato inosservato, e non parrebbe che alcun sindacato ne abbia denunciato il mancato richiamo nell’avviso citato.

I piani annuali o pluriennali, finanziati con risorse regionali o con fondi comunitari (Fse), sono istituiti ai sensi dell’art. 5 Legge regionale n. 24/76 che previo parere (obbligatorio) della Commissione di cui all’art. 15, vengono approvati e finanziati.

Lo evidenziamo per far intendere che non possono essere tenuti a bagno-maria i lavoratori degli enti sotto inchiesta (Ancol, Aram; Lumen). Corsi e personale di enti sottoposti alla revoca dell’accreditamento o transitano presso altri enti oppure la Regione è obbligata a nominare un Commissario ad acta (funzionario regionale) per consentire il completamento delle attività (servizio pubblico), il quale ovviamente non si esaurisce con la chiusura dei corsi.

E poi, se e’ vera la volonta’ del Governo regionale di riallineare il settore della Formazione professionale all’alveo della legge regionale n.24/76 come mai nessun atto e’ stato ancora emanato per reinserire al lavoro i circa mille lavoratori licenziati? E’ il caso di precisare che questi lavoratori dovrebbe essere stati inseriti nell’Albo regionale, se assunti entro il 31 dicembre 2008. In tal caso, l’amministrazione regionale ha il dovere di ricollocare tale personale attraverso l’organo preposto da sempre a tale funzione, e cioe’ la Cri.

Dubbi e perplessita’ che alimentano il malumore tra i dieci mila lavoratori, vittime di un sistema che non garantisce, e siamo giunti alla fine di settembre alcun pagamento delle mensilita’ arretrate. Uno stallo che la dice lunga sul fallimento delle politiche intorno al settore della Formazione professionale. Dieci mesi dovrebbero essere più che sufficienti per regolarizzare i pagamenti arretrati dei lavoratori. A cosa serve dichiarare che non si fara’ alcuna “macelleria sociale” di fronte alla continua lentezza nei pagamenti delle retribuzioni ai lavoratori? E se a questo aggiungiamo l’assenza di una programmazione seria sulle attivita’ in scadenza (Servizi formativi e Obbligo scolastico) il citato fallimento consacra l’incapacita’ dei governo dei tecnici. Resta un ulteriore dubbio, il più’ scottante, si tratta di incompetenza o precisa scelta politica di chiudere il settore della 6ormazione professionale?

Giuseppe Messina

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