Formazione: Crocetta chiude gli Enti, ma come intende tutelare i lavoratori?

Gli accadimenti delle ultime ventiquatt’ore delineano un nuovo scenario nel settore della formazione professionale. Cambiano gli equilibri e sembra emergere una pericolosa contrapposizione tra amministrazione regionale, Enti formativi e lavoratori che sottende un messaggio subliminale: vi salvo io perché punisco chi non vi paga.

Comprendiamo e rispettiamo la posizione politica, più volte dichiarata dal presidente della Regione, di salvaguardare tutti i lavoratori, anche coloro che dovessero ritrovarsi senza un datore a lavoro per via della revoca dell’accreditamento. Ad oggi, però, riteniamo doveroso riportare alcune riflessioni, perché diversi sono i punti oscuri del processo di riforma del settore.

Intanto non appare così scontata, per i lavoratori, la certezza di un posto stabile. Il presidente Crocetta ha pensato di riqualificare – presumibilmente dal 1 agosto prossimo – tutto il personale della formazione professionale (circa 8 mila persone). Ci può stare, ma questa è una soluzione precaria. Di certo non sarà per tutta la vita. Cosa accadrà dopo?

Il governatore della Sicilia rassicura il personale sostenendo che verrà collocato verso altri Enti formativi. Quali Enti e con quali modalità? Ricordiamo che i lavoratori in questione sono dipendenti a tempo indeterminato, vincolati giuridicamente da un contratto con il proprio Ente. Qualora l’Ente dovesse essere definanziato i lavoratori riceverebbero il ben servito con la mobilità; il Governo regionale, ad oggi, non ha chiarito eventuali possibilità di richiamo.

Su questa partita dai contorni ancora poco chiari attendiamo una risposta nelle prossime settimane. Rileviamo anche un’altra perplessità. Il dipartimento regionale Istruzione e Formazione professionale, speditamente, continua l’attività di controllo sull’accreditamento degli Enti in Sicilia. Lo stesso presidente Crocetta ha dichiarato che 2.200 Enti formativi sono una enormità. Ha ragione! Ricordiamo, inoltre, che 235 Enti sono stati revocati e per altri 43 sono in corso di emissione i provvedimenti di revoca diretta (come nel caso dello Ial Sicilia) o di avvio del procedimento di revoca del finanziamento.

Gli effetti sono diversi. Nel primo caso l’Ente destinatario della revoca subisce la chiusura dell’attività e il definanziamento. Nel secondo caso si avvia una fase di contraddittorio con gli uffici a seguito del rilievo da parte dell’Ispettorato provinciale del lavoro di determinate irregolarità. Se superato tutto, si torna alla normalità; diversamente scatta la revoca e quindi la chiusura dell’attività con la perdita del finanziamento.

La revoca dell’accreditamento determina la chiusura di ogni attività, sia questa legata ai Servizi formativi (Sportelli multifunzionali, Sportelli Scuola/Lavoro), sia agli Interventi formativi (corsi di formazione) o, ancora, all’Obbligo formativo (Oif), la posizione infatti è unica. Dove sta allora la perplessità?

Ci parrebbe corretto, da una parte, dare la caccia a quegli Enti che si sono distinti per avere sottratto denaro pubblico destinato ai lavoratori ma, dall’altro, se per fare ciò si colpiscono tutti indistintamente, questo non ci pare più cosa corretta.

Proviamo a essere più chiari. Che vengano rilevate dall’attività ispettiva delle irregolarità amministrative, come il mancato pagamento di pregresse retribuzioni in favore del personale, è cosa risaputa, non fa notizia e gli addetti ai lavori lo sanno. Quando l’amministrazione regionale non eroga il finanziamento alle scadenze prefissate, la conseguenza non può che essere quella di ritardi nel pagamento degli stipendi da parte degli Enti nei riguardi del proprio personale dipendente. A maggior ragione che si tratti di Enti senza finalità di lucro, che svolgono – con carattere prevalente, se non esclusivo – l’attività formativa, vivendo di solo finanziamento pubblico.

Ancora più strano è che, quest’irregolarità, possa diventare motivo di chiusura dell’Ente, causa della revoca dell’accreditamento. Questo è quello che sta accadendo nel settore della formazione professionale. Per stanare pochi “fuorilegge” si spara nel mucchio con il paventato rischio di determinare, alla fine dei giochi, la scomparsa del settore.

Spontaneo è chiedersi rispetto a questo scenario, qual è il vero obiettivo politico del Governo regionale. Sì, perché l’inadempienza dell’amministrazione regionale nel non erogare le trance di finanziamento alle scadenze fissate non può trasformarsi in arma a doppio taglio puntata contro Enti e lavoratori. Una larga parte dei procedimenti di revoca fonda il presupposto sul mancato pagamento delle retribuzioni ai lavoratori. E se l’Ente formativo raggiunge un accordo transattivo con il proprio personale, anche in presenza delle rappresentanza sindacali aziendali, cosa accade? È possibile che decada la causa dell’accertamento e quindi dell’eventuale revoca del finanziamento.

Torniamo quindi a sollecitare il presidente Crocetta nel dichiararsi, nel precisare i reali obiettivi del Governo sulla formazione professionale. Di certo, non è ricevibile la sola attività ispettiva e di controllo come riforma del settore. Chi ha sbagliato è giusto che paghi, ma chi è in difficoltà per responsabilità dell’amministrazione regionale non può essere messo alla berlina.

Il convincimento trova maggiore impulso se si pensa alla mancata rendicontazione. L’amministrazione regionale, oltre a ritardare i pagamenti agli Enti, ha ritardato, nel tempo, anche la chiusura delle partite relative ai corsi ultimati. La questione non è di poco conto se si pensa che l’Ente potrebbe vantare un credito nei confronti dell’assessorato al ramo, però non esigibile. Non solo: il mancato rendiconto comporta ulteriori costi per polizza fideiussoria non recuperabili in alcun modo. Oltre al danno, la beffa.

Prima di procedere alla chiusura di Enti che presentano irregolarità amministrative dovute al mancato pagamento di alcune mensilità, prima ancora di chiedere di onorarlo entro trenta giorni dalla chiusura del verbale accertativo, sarebbe opportuno chiudere i conti ed eventualmente compensare le partire a debito/credito. Appare questa la prassi più democratica.

L’atteggiamento tenuto dal Governo regionale per fare chiarezza appare approssimativo e lascia spazio a diversi interrogativi. Il feroce conflitto tra parte del Pd e i fuoriusciti dal partito di Bersani, confluiti nel movimento il Megafono del presidente Crocetta, rischia di schiacciare gli Enti. Appare, questa mossa, un tentativo sterile di contrapporre lavoratori a Enti in un contrasto che potrebbe sfociare nel caos sociale.

 

Giuseppe Messina

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