Formazione, class action contro la Regione?

di Giuseppe Messina
La Regione siciliana sconfessa se stessa? L’avviso 20 continua a tenere banco. Questa volta sotto le lenti di ingrandimento la scelta del governo regionale che pare sia orientata verso la parziale rinuncia al ruolo di controllo e vigilanza sull’erogazione del servizio formativo. Le procedure messe in campo con l’Avviso 20 spingono il ragionamento verso un probabile abbassamento del sistema dei controlli previsti dalla normativa 

regionale.

La cosa che più lascia perplessi, se dovesse essere vera la suddetta previsione, è che il quadro normativo regionale che regolamenta il sistema di controlli è ancora in vigore, ma sarebbe disatteso dalla stessa Regione siciliana. Tentiamo di chiarire la questione sottopostaci da diversi lavoratori, i quali hanno singolarmente avviato un contenzioso con l’Amministrazione Attiva.

Pare anche che un numero considerevole di lavoratori si stia organizzando per presentare una “class action” a tutela del diritto alla garanzia occupazionale e retributiva. In un clima rovente, e di certo non solo per le esagerate temperature di questi giorni, la vicenda non può passare inosservata.

Gli enti gestori la formazione professionale in Sicilia operano attraverso un finanziamento pubblico regolamentato dalla legge regionale 6 marzo 1976, n.24, dalla legge regionale 01 settembre 1993, n.25 e successive modifiche ed integrazioni.

Al riguardo è utile evidenziare quanto previsto dall’art. 2 lettera f) l.r. n. 24/1976: “Per conseguire le finalità di cui all’art. 1 l’assessore Regionale del Lavoro e della Cooperazione provvede: …f) alla vigilanza tecnico- didattica ed amministrativo-contabile sulle attività di formazione professionale”.

Inoltre, in base a quanto disposto dall’art. 4 l.r. n. 24/1976, “ L’Assessorato regionale del Lavoro e della Cooperazione” attua i corsi e le altre iniziative formative avvalendosi: c) degli enti giuridicamente riconosciuti e delle loro relative forme associative che abbiano per fine, senza scopo di lucro, la formazione professionale”.

Tale norma – che si sottolinea essere tuttora in vigore – sancisce con estrema chiarezza che per l’ente non è prevista alcuna forma di lucro, ricavi e/o utili. In una interpretazione estensiva significa quindi che le imprese o aziende private, che per statuto o attività “de facto” annoverano come finalità dell’attività economica la produzione di un utile, non dovrebbero poter fruire delle sovvenzioni previste e disciplinate dalla l.r. n. 24/1976.

Invece con l’Avviso 20 si introduce l’utile come possibile finalità delle società di capitali che sono destinatarie del finanziamento pubblico. Cosa che risulterebbe in antitesi con il corpus normativo in vigore. Se le perplessità evidenziate da tali lavoratori dovessero avere un fondamento ci si troverebbe di fronte ad una situazione paradossale. E’come se il governo regionale disattendesse le leggi approvate dall’Assemblea regionale siciliana. E se è cosi, a quale scopo?

Ed ancora, gli enti di formazione, che sono soggetti dotati di personalità, sebbene privata, sono enti “Strumentali” collegato direttamente alla Regione Siciliana attraverso l’”Accreditamento”.

Per essere più precisi, ciascun ente di formazione, in qualità di esecutore della volontà degli Organi di Governo del soggetto Pubblico, realizza quelle politiche pubbliche che l’ordinamento assegna alla Regione. In questo modo il soggetto pubblico (Regione) realizza – attraverso il rapporto fiduciario con gli Enti di formazione, previamente accreditati e quindi in possesso di determinati requisiti strutturali, finanziari e soggettivi – parte dei propri obiettivi.

Si tratta di finalità discendenti da precisi obblighi di legge (Statuto regionale – R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, legge regionale n. 24/1976 e s. m. e i.) assicurandosi, la soggezione dell’Ente Strumentale attraverso differenti forme di vigilanza e controllo, per il raggiungimento di determinati fini pubblici.

L’impalcatura dell’Avviso 20 con l’introduzione del costo standard, per esempio, sembrerebbe trasferire maggiore autonomia agli Enti di formazione. La preoccupazione rassegnataci dai lavoratori è quella del “licenziamento facile”. Parrebbe che la previsione di copertura con fondi comunitari libererebbe gli enti di formazione dal rapporto a tempo indeterminato con il proprio personale. Lavoratori che, e questa è la preoccupazione, resterebbero per tre anni privi di garanzie occupazionali e quindi alla mercé del proprietario dell’ente gestore, senza conoscere quale futuro li attende dopo.

Altro rischio che pare sia dietro l’angolo è la “chiusura a riccio” degli Enti di formazione professionale nella gestione del finanziamento di cui all’Avviso n.20, stante la ridotta capacità di controllo e vigilanza scelta dalla Regione siciliana e l’introduzione del costo standard. A tal riguardo, giova ricordare che la legge regionale 5 aprile 2011 n. 5 all’art.1 recita: “Il comma 1 dell’articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni, è sostituito dal seguente: L’attività amministrativa della Regione, degli enti, istituti e aziende dipendenti dalla Regione e/o comunque sottoposti a controllo, tutela o vigilanza della medesima, degli enti locali territoriali e/o istituzionali nonché degli enti, istituti e aziende da questi dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela o vigilanza, persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità, di imparzialità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge, dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti e dai principi della normativa dell’Unione europea. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei predetti criteri e principi”.

La legge regionale n.5/2011, richiamata nell’Avviso 20 – lex specialis – specifica inequivocabilmente che gli enti sono obbligati al rispetto delle leggi sulla trasparenza amministrativa. Ma pare che questa previsione sia già disattesa da tanti. A tal fine, per esempio, tornerebbe utile – a detta dei lavoratori – che gli enti pubblicassero ogni anno il bilancio, almeno nelle parti legate al finanziamento pubblico a maggiore tutela dei terzi e dei lavoratori.

E chiaro il nostro intento di cercare di fornire risposte ai tanti quesiti che i lavoratori del settore ci pongono, molti dei quali abbisognano di risposte provenienti dall’Amministrazione Attiva. In tal senso, restiamo pazientemente in attesa.

 

 

Redazione

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