Le foreste dei forestali siciliani sono un grande mistero doloroso, dove spesso brilla solo la contraddizione. In epoca cuffariana, ma non solo, l’esercito dei 24 mila che costa quasi due milioni di euro al giorno, servizio antincendio chiavi in mano, si allargò a dismisura. Un vero e proprio ammortizzatore sociale rispetto a cui è bene non storcere subito il naso. Quando un sistema sociale, gestito dalla politica e raccordato dalle istituzioni non ha avuto la capacità di produrre gli anticorpi necessari, l’unica cosa che rimane da fare è creare le condizione per farli lavorare sul serio e con una buona organizzazione di ruoli e di funzioni.
Oggi il parlamento siciliano proverà a mettere una pezza, stornando da uno dei fondi di riserva della sanità siciliana 33 milioni di euro. Giovanni Ardizzone e Vincenzo Vinciullo, presidenti dell’Ars e della commissione Bilancio mostravano sul volto ieri la preoccupazione di come disinnescare la bomba ad orologeria scoppiata. Perché in Sicilia i forestali con questi numeri, se vogliono, possono creare pressioni, danni, blocchi stradali, disagi e seri problemi. Fino a quando non si alzerà dal letto di chiodi, qualcuno degli epigoni del silenzio, quelli che creano il problema ed hanno in mano la soluzione pronta prima ancora di cominciare, e dispenserà saggezza e soldi. Prima di esprimere disappunto, sdegno, biasimo e contrarietà evidenti rispetto a metodi di protesta che non possono essere tollerati, chiediamoci come sia stato possibile consentire anche in passato che fosse concessa e spesso, tacitamente consentita dalla politica siciliana, questa forma di protesta intermittente, ai limiti del ricatto, oltre i confini dell’abuso rispetto anche ad una platea generale di lavoratori in sofferenza, dalla formazione professionale ai precari.
Se tutti quelli che sono in difficoltà oggi alzano il livello di tensione, dove si arriva? La colpa non è dei forestali, ma di chi gli ha dato in questi anni cittadinanza ed agibilità . Anche in questo parlamento non mancano i suggeritori, gli interlocutori occulti che anche senza aizzare alla protesta, non provano, né riuscirebbero, a stemperare la tensione: «I forestali possono diventare una grande risorsa per la Sicilia – affermò un anno fa Rosario Crocetta – abbiamo già cominciato a mettere ordine riducendo la spesa corrente da 400 a 200 milioni di euro con progetti produttivi per investimenti per ulteriori 90 milioni, alcuni già partiti, per la salvaguardia di tutta la Sicilia esaltandone le bellezze e dando occupazione concreta ai lavoratori». E promise anche la ciliegina: «Già abbiamo aperto un tavolo di confronto con i sindacati ma non possiamo accettare chi in una visione anti-solidaristica pensa a licenziamenti di massa dei forestali». E chi parla di licenziarli? Ridurre, certamente, ed anche in maniera chiara, questo sì, costi e risorse finanziarie, e ottimizzare il lavoro. Non è una ricetta impossibile, ma il governo regionale, quando i partiti, Pd in testa, avranno finito di litigare sulle poltrone, dovrà metterci la faccia. Senza se e senza ma, e soprattutto senza che passi l’idea che con le minacce e la paura si possano ottenere risultati. Sarebbe l’inizio della fine.
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