Forconi, la storia di Andrea Valenziani L’imprenditore che contesta il movimento

«Quando ho assistito a quelle scene non ho avuto pace. E’ una violenza collettiva, altro che “primavera siciliana”». Gli hanno dato dell’attore. Del finto imprenditore intenzionato a screditare le proteste. Della sua telefonata a Rai News24, in cui raccontava le intimidazioni subite dai commercianti, è stato notato più l’accento che i contenuti. Troppo poco siculo per essere credibile. Della sua nota che ha fatto il giro delle bacheche su Facebook è stata sottolineata l’assenza del nome. Più uno scrupolo dei suoi amici che la sua voglia di anonimato. Andrea Valenziani, infatti, è un imprenditore agrumicolo con un’azienda a Carlentini. Metà siciliano e metà nordico – «ma io sono nato qui», sottolinea – ha studiato fuori ed è tra quelli che sono tornati. Adesso, a 31 anni, gestisce insieme al padre e alla sorella l’azienda di famiglia. Alle polemiche sollevate dalle sue parole risponde semplicemente: «Non bisogna essere certo di razza ariana per avere un po’ di sale in zucca. E, se siamo davvero contro l’omertà, dobbiamo anche essere capaci di esporci».

Le sue parole non sono piaciute agli aderenti e ai simpatizzanti del movimento dei Forconi. «Ci sono tante persone che hanno visto e sentito le stesse cose che ho visto e sentito io – spiega – Ma non se la sentono di contraddire ad alta voce quest’onda». Che, per Andrea, è «pura demagogia». Un movimento rappresentativo di una sola categoria – di cui pure fa parte – e che, secondo lui, «prima di tirare fuori forche e forconi dovrebbe fare un po’ di autocritica». Secondo il giovane imprenditore, tra i pochi aperti contestatori, «la coperta è troppo corta: se anche riducessero il prezzo del carburante, da dove pensano che verrebbero presi i soldi mancanti? Non certo tra i privilegi dei politici». Ma a danno della collettività. Un problema politico, che ha radici lontane. «Forse era meglio non vendere il proprio voto per una ricarica telefonica – continua – quando ancora c’erano dei fondi pubblici da poter gestire». Più che nei blocchi per le strade e nelle serrate più o meno spontanee, per Andrea, il problema andrebbe risolto in cabina elettorale. «Di veri rivoluzionari in Sicilia ce ne sono da decenni – dice – Così rivoluzionari che farebbero impallidire Che Guevara». Ma non militano né tra i Forconi né tra gli autotrasportatori. E, soprattutto, non utilizzano metodi coercitivi. «Un’intimidazione può anche essere così velata da non saperla descrivere. Ma il siciliano la capisce».

Quando è iniziato lo sciopero, Valenziani ha solo detto ai suoi clienti: «Mi dispiace, ma non avrete le arance. Voi però dovreste dispiacervi di più per quello che sta succedendo». E così l’altra faccia dei movimenti ha iniziato a fare il giro dell’Italia. Perché i clienti di Andrea sono sparsi per la penisola. Per lo più fanno parte dei gruppi di acquisto solidale, «interessati non solo al prodotto ma anche a certi valori, come la legalità o il rispetto dell’ambiente». Ma anche singoli consumatori, insieme a piccole realtà commerciali che condividono la stessa visione dell’azienda Valenziani. Nata e cresciuta con il padre, ma adesso modernizzata da Andrea. Che ha anche convinto la sorella a unirsi a loro, lasciando il suo posto alla cancelleria del tribunale minorile di Catania. Prima, però, il giovane imprenditore ha fatto esperienza fuori dalla Sicilia. «Pensavo che qui non fosse possibile vivere in un modo diverso – racconta –, in un contesto che non ti affossa. Perché in Sicilia, se tu fai un passo avanti, gli altri non cercano di farne uno in più di te ma di farti lo sgambetto».

Eppure, adesso, i Valenziani hanno trovato la loro dimensione. Colture diversificate e raccolta su otto mesi, senza così diventare schiavi del mercato. Una «ciurma di lavoratori piccola ma costante – spiega – e che rispetta le nostre esigenze. Come non buttare i pacchetti di sigaretta per terra o mettere una certa cura nella raccolta». E poi una serie di progetti sperimentali per un’agricoltura sempre più sostenibile. Come la reintroduzione degli animali, ormai scomparsi dalle aziende agricole moderne, che per lo più importano da fuori tutti i prodotti necessari. «Io sto allevando i suini neri che ho scoperto essere degli ottimi diserbanti. E poi coltivo ai piedi degli alberi le fave. Quando crescono, concimano rilasciando azoto. Mentre a maturazione fanno da mangime per gli animali». Tutto in un unico ciclo autoprodotto.

Troppo diversa da quella dei Forconi la visione di questo strano imprenditore agricolo. Giovane, preparato, dall’accento indefinibile anche quando dice schifìo e che non ha voglia di stare su Facebook. «Ma davvero le mie parole sono state accolte così male?», si informa. La sua nota, infatti, è stata condivisa dagli amici. E la telefonata a Rai News? «Se avessero voluto un attore, avrebbero fatto meglio a chiamare Zingaretti. Almeno lui l’accento siciliano lo sa imitare bene».

[Foto di Ditta Andrea Valenziani]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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