Fools, immeritatamente una delle piéce di Neil Simon meno conosciute e rappresentate nel mondo, è una commedia per adulti e bambini, scritta nel 1981 ma che ha il pregio di essere sempre attuale. Per lo scrittore ha rappresentato una pausa divertente in un panorama di opere molto più complesse e pesanti (come La Strana Coppia o A Piedi Nudi nel Parco, di cui sono state anche realizzate delle celeberrime trasposizioni cinematografiche); Simon stesso la definiva una “favola comica” che possedeva al suo interno appena un “baluginio di stupidità”.
La storia è ispirata ad un racconto popolare russo e ambientata alla fine del 1800 nel piccolo villaggio ucraino di Kulyenchikov, vittima da due secoli ormai di una maledizione scagliata dal conte Yousekevitch a seguito di un rifiuto amoroso. Il sortilegio, che rende gli abitanti stupidi e incapaci di amare, non sarà spezzato fino a quando Sophia, figlia del Dottor Zubritsky, non sposerà il discendente del conte. Sarà il giovane e coraggioso Leon, uno degli innumerevoli inconsapevoli insegnanti giunti in questo luogo incantato, ad annullare l’anatema cercando di dare un’istruzione a Sophia (dal nome significativo, che richiama la saggezza, a lungo agognata), della quale si è innamorato per la sua anima dolce. Il piano studiato da Leon sembra fallire ma con un’arguzia improvvisa dettata dalla forza dell’amore la maledizione svanisce perché “niente al mondo può distruggere un cuore puro” ma soprattutto perché “il potere è un’arma inutile contro menti illuminate”.
Il villaggio quieto e pacifico di Kulyenchikov diventa così un paesino simile a tanti altri, suscettibile agli alti e bassi di ogni città. La metamorfosi colpisce tutti: il conte diviene prete del villaggio, il macellaio cade in rovina, la venditrice di fiori-pesce si converte in un’imprenditrice di terreni, il matrimonio tra Sophia e Leon è litigarello ma felice, la mamma della ragazza è diventata sindaco e riceve per appuntamento il marito, che a sua volta è stato assunto come medico della famiglia reale…Insomma, tutti oberati di impegni ma senza la serenità che la demenza gli arrecava.
Il tema di fondo non è l’idiozia ma una forma di “stupidità intelligente”. Simon indaga quel confine sottilissimo fra ilarità di situazioni e dramma dei singoli personaggi. Sembra infatti voler insinuare degli interrogativi nella mente degli spettatori, quali “può la stupidità preservare dall’infelicità?”, “si può godere della pienezza dell’amore se si è privi o più esattamente privati della profondità di pensiero?”. La morale è che la conoscenza è un diritto di tutti, ma si vive più serenamente senza possederla, nella famosa beata ignoranza!
Altro argomento ben articolato, che fa da filo conduttore dell’opera, è una riflessione sulla natura ingannevole del linguaggio e dei suoi effetti illusori sulla comunicazione e il rapporto con gli altri. Esilaranti sono i duetti tra i coniugi Zubrinsky (Alessandro Abate e Nunzia Pruiti), i personaggi più simpatici della piéce e tra i più apprezzati dal pubblico, insieme agli equivoci nati dall’incomprensione linguistica tra Leon (il bravo protagonista Peppe Pappalardo) e Sophia (la bella Gabriella Trovato).
Dunque, il pubblico viene deliziato con un happy end tipico delle favole ma non è risparmiato a sua volta da una maledizione del conte, l’antagonista della storia, che sentendosi disprezzato per il ruolo che interpreta in scena si vendica sugli astanti – “Spero che pioverà quando uscirete da questo teatro” -purtroppo puntualmente avveratasi!
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