Fontanarossa declassato, niente fondi Ue Bianco: «Lotteremo, decisione irrazionale»

Fontanarossa è un aeroporto di serie B. Almeno in Europa. Lo ha stabilito senza appello il parlamento europeo che, nello stilare l’elenco Core Network Ten-t, e cioè la lista dei trasporti più importanti del continente su cui far confluire gli investimenti economici per i prossimi dieci anni, non ha inserito lo scalo etneo. Declassato al ruolo di comprehensive e quindi non prioritario. A penalizzare l’aeroporto catanese sarebbe stata l’assenza di un’accessibilità multimodale alla zona land side dello scalo, ossia l’area destinata ai servizi ai passeggeri che comprende i parcheggi e la viabilità. Ma il sindaco Enzo Bianco punta il dito contro un altro criterio di scelta: «E’ una vergogna, hanno usato un parametro incomprensibile: la grandezza della città dove ha sede l’aeroporto e siccome Catania non ha un milione di abitanti non è un aeroporto di serie A. E magari lo diventa Palermo che sostanzialmente serve sol due province della Sicilia».

Duro il commento del Tavolo per le imprese, il network di imprenditori etnei che lo scorso 23 settembre, in un evento pubblico, aveva messo in guardia proprio dalle carenze di Fontarossa: «Il nostro ceto politico è insulso, insieme a buona parte del ceto dirigente. La selezione, fatta con metodi cancerogeni, oggi è una constatazione generale – dice il facilitatore del gruppo Giuseppe Ursino – A Catania la situazione è anche peggiore, perché nella mediocrità complessiva da noi il contesto è oltremodo incapace ed irrilevante. Può, al massimo, fare da reggicoda di altri, che non mi sembrano dei fulmini di guerra».

Ma dalla società di gestione dell’aeroporto etneo non ci stanno e pronta arriva la risposta: «Come Sac, già un anno e mezzo fa avevamo posto il problema alle istituzioni, ma il nostro appello è rimasto inascoltato da parte di chi a suo tempo aveva la responsabilità di occuparsi della vicenda – sottolineano il presidente Enzo Taverniti e l’amministratore delegato Gaetano Mancini – Ovviamente, anche se ad alcuni piace pensare e dire il contrario, non si tratta del declassamento dell’aerostruttura di Fontanarossa, ma proprio dell’intero territorio di Catania, le cui infrastrutture in blocco hanno subito l’applicazione di parametri esasperatamente burocratici».

Perché, per Sac, l’esclusione dello scalo etneo dai principali trasporti europei è dovuta proprio a «riferimenti burocratico-amministrativi (le aree metropolitane con una popolazione superiore al milione di abitanti) del tutto inadeguati a comprendere realtà assai complesse come quelle del Sud Europa». Eppure la responsabilità finale, sottolinea l’azienda, è tutta della politica regionale. Almeno nella figura della sua ex giunta Lombardo. Perché «in ogni caso è sicuramente un bene che, almeno a livello italiano, Fontanarossa, anche grazie al fattivo interessamento della Regione Siciliana e del Comune di Catania negli ultimi mesi, sia stato inserito dal ministero dei Trasporti nella proposta di rete principale del sistema aeroportuale nazionale», aggiungono. Un obiettivo da coltivare nei prossimi mesi, promettono Mancini e Taverniti.

Anche Bianco promette massimo impegno per cambiare questa decisione. «Siamo l’aeroporto più grande del Sud Italia, più di Napoli, Bari e Palermo, e con potenzialità enormi – ha ricordato il primo cittadino di Catania – Ci batteremo con le unghie e con i denti, chiederò al presidente Crocetta di intestarsi la battaglia, insieme alla deputazione nazionale ed europea di tutte le forze politiche. Questo declassamento rischia di compromettere le possibilità di sviluppo, essenziali per il turismo.»

Ma intanto, per i prossimi dieci anni, Catania e il suo aeroporto non riceveranno nessun finanziamento. «Mentre il resto del mondo corre, noi restiamo al palo e continueremo ad arretrare – continua Ursino – Il disagio sociale è destinato a crescere e provocherà ulteriori tensioni. Attualmente, non c’è nessuna prospettiva di rilancio. Neanche a lungo termine. Lo scenario è veramente difficile». La soluzione, secondo l’imprenditore, può passare solo da un vero rinnovamento della classe politica, responsabile di certe scelte e delle sue conseguenze, da sostituire con giovani trentenni. La ricetta sarebbe quindi nelle mani dei cittadini. Che «dovrebbero ritirare quella delega in bianco che ci ha condotti a questo disastro – conclude Ursino – Ma mi sembrano un pugile suonato che non capisce da quale parte arrivano i pugni».

Redazione

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