Tredici fra politici, amministratori e funzionari pubblici locali da mandare a giudizio per l’inchiesta Firmopoli in relazione a irregolarità nella sottoscrizione delle firme per la presentazione delle liste per le elezioni amministrative del 2013 a Siracusa. È quanto chiede la Procura di Siracusa che contestualmente propone di archiviare la posizione di altri sei indagati.
Il procuratore capo Francesco Paolo Giordano ha trasmesso alla giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Siracusa, Carmen Scapellato, la richiesta di rinvio a giudizio che riguarda il sindaco Giancarlo Garozzo, l’ex assessore comunale Emanuele Schiavo, gli attuali consiglieri comunali Salvo Sorbello e Luciano Aloschi, gli ex consiglieri comunali Sebastiano Di Natale, Natale Latina e Riccardo Cavallaro, per gli ex consiglieri provinciali Michele Mangiafico, Sebastiano Butera e Nunzio Dolce e per i funzionari pubblici Ignazio Leone, Salvatore Gianino ed Ettore Manni. Tutti sono accusati a vario titolo di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.
Archiviata invece la posizione per l’ex presidente della provincia regionale Armando Foti, dell’ex consigliere comunale Vittorio Anastasi e di Assunta Sorano, Alberto Anastasi, Carmela Scatà e Marco Oliva che dovranno rispondere di falsità materiale. L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Antonio Nicastro, nasce dopo un esposto presentato dal coordinatore dei Verdi Giuseppe Patti in merito a presunte sottoscrizioni false nella lista civica Rinnoviamo Siracusa Adesso!. L’indagine si era poi allargata anche ad altre liste con decine di testimonianze ascoltate, perquisizioni domiciliari effettuate e centinaia di firme raffrontate.
«La giustizia farà il suo corso, il reato ha completamente falsato le elezioni», commenta a MeridioNews l’architetto Giuseppe Patti, convinto che «anche la politica dovrebbe fare il suo corso e, infatti, mi sarei aspettato una reazione diversa dal parte del Partito democratico anche perché, rispetto alla Firmopoli grillina di Palermo, qui i candidati sono stati realmente eletti: senza questo reato di falso probabilmente il sindaco non sarebbe sindaco e lo stesso vale per il presidente del consiglio comunale. La democrazia a Siracusa – conclude – è stata fortemente falsata».
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