Una riunione-fiume, durata oltre tre ore, ma soprattutto un vero e proprio dossier, punto per punto, di otto pagine, che i sindaci siciliani, rappresentati dai vertici dell’Anci Sicilia, hanno presentato a Palazzo d’Orleans al governo in vista della maratona parlamentare per l’approvazione della Finanziaria.
Seduti attorno a un tavolo, ieri pomeriggio, Nello Musumeci e molti degli assessori regionali, insieme ai rappresentanti dell’associazione dei Comuni Leoluca Orlando, Mario Emanuele Alvano, Paolo Amenta, Giulio Tantillo e Luca Cannata. Tra il pubblico, tutto il consiglio regionale dell’Anci, che conta circa 50 sindaci da tutta la Sicilia. Dalla riforma degli Enti Locali, allo stato di abbandono delle ex Province, passando per i fondi comunitari, il fondo Autonomie Locali, la riscossione, le criticità finanziarie, lo sviluppo dei territori, il sistema socio-sanitario, la viabilità secondaria, i rifiuti, il dissesto idrogeologico. Richiesta precisa, ma che rischia di dividere, quella sull’abusivismo: che siano altri gli enti deputati alle demolizioni.
Tanta, insomma, la carne al fuoco che i sindaci mettono sul piatto e rispetto alla quale si aspettano risposte già nella prossima Finanziaria, che il 27 dicembre approderà all’Ars. Ma soprattutto una proposta di merito per mantenere una interlocuzione costante con l’amministrazione regionale: «una calendarizzazione – si legge nel dossier consegnato dai sindaci al governo – delle sedute della Conferenza Regione – Autonomie Locali; l’adozione del modello nazionale della Conferenza delle Regioni facendo precedere al confronto di natura politico-istituzionale (governo – amministratori locali) quello tecnico (dipartimenti – dirigenti e funzionari); un sostegno all’azione amministrativa di Comuni ed Enti Intermedi attraverso la predisposizione di un apposito ddl regionale, nel quale contenere un primo pacchetto di norme che possano contribuire nell’immediato alla semplificazione dell’attuale quadro normativo; in prospettiva una complessiva riforma dell’Ordinamento delle Autonomie locali».
I sindaci alzano il tiro, in soldoni, e rivendicano il loro peso politico, prima ancora che istituzionale. Ma parlano anche di semplificazione, della possibilità di costituire uffici intercomunali per aree territoriali. Chiedono aiuto alla Regione, affinché fornisca assistenza tecnica sull’utilizzo dei fondi comunitari e li supporti nella rendicontazione.
E poi le ex Province, spina nel fianco tanto della Regione, quanto dei Comuni. Intanto per il prelievo forzoso da parte dello Stato che ne ha ingessato gli ingranaggi, riducendo gli Enti intermedi a uffici senza risorse e senza competenze. Ma i sindaci affrontano anche la questione legata alla mobilità del personale, «che condiziona – sottolineano nel dossier – la capacità di spesa per il personale da parte dei Comuni».
Ovviamente non mancano gli aspetti legati a un dato di fatto: che i sindaci sono la prima interfaccia delle istituzioni col cittadino. Così ecco che, accantonate temporaneamente le polemiche sulle premialità per i Comuni ricicloni (inizialmente stralciate dalle variazioni di bilancio e successivamente reinserite), adesso i sindaci chiedono un premio anche per i Comuni che riscuotono più tasse. Ma chiedono anche «misure perequative per i territori caratterizzati da scarsa capacità fiscale, nell’ambito della trattativa Stato-Regione». E di ottenere «diverse e più efficaci» modalità di riscossione della Tari. Come l’inserimento nella bolletta della luce.
Sul fronte dell’offerta sanitaria, ancora, i primi cittadini siciliani chiedono il potenziamento dei distretti socio-sanitari (quella famosa rete territoriale di assistenza sanitaria che avrebbe dovuto accompagnare il potenziamento dei grandi ospedali nelle aree metropolitane, ma che nei fatti non è mai partita). E poi la riforma delle Ipab, che non sia esclusivamente a carico dei Comuni su cui ricadono gli istituti. Guardando invece alla gestione dei rifiuti, i sindaci rivendicano ancora una volta gli impianti, soprattutto di compostaggio, assolutamente insufficienti nell’Isola.
Per ultimi, in coda al documento, restano i due temi più spinosi, quelli che nell’ultimo anno sono stati i maggiori terreni di scontro tra sindaci e Regione: dissesto idrogeologico e abusivismo edilizio. Anche in questo caso, la buona notizia è che comunque ci sia finalmente stata un’interlocuzione diretta tra Regione e Comuni che, dal canto loro, rivendicano maggiori manutenzioni «sulle infrastrutture stradali (strade interpoderali, comunali e provinciali), idrauliche e fognarie, con particolare riferimento a fiumi e torrenti», ma chiedono anche interventi per far fronte alla presenza, nelle aree interne, di un numero «significativo» di immobili che «se pur regolari – precisano i sindaci – dal punto di vista urbanistico, si trovano in stato di abbandono». Infine, appunto l’abusivismo. E lì difficilmente si arriverà a una sintesi tra la dura presa di posizione del governatore e l’altrettanto rigida reprimenda degli amministratori locali. Che chiedono, come già avvenuto all’indomani della presentazione del ddl antiabusivismo, «una distinzione netta tra le competenze dei Comuni, che si devono limitare ad accertare la condizione di abuso degli immobili, e quelle delle altre istituzioni (Prefetture, Procure e Genio Militare), ovvero di un soggetto terzo che deve avere il compito di eseguire le ordinanze di demolizione con mezzi e risorse adeguate». Poco tempo fa Musumeci lo ha detto con estrema chiarezza: «le demolizioni deve farle il sindaco. Se non ha il coraggio, vada a casa». Un punto sul quale è complicato immaginare in che modo Orlando e Musumeci, alla fine, possano riuscire a venirsi incontro.
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