«Quelle in cui Filippo vive da nove mesi sono condizioni disumane». Non riesce a trovare un aggettivo diverso Claudia Crimi per descrivere le condizioni in cui è costretto il suo fidanzato Filippo Mosca. Il 29enne di Caltanissetta che da nove mesi è detenuto in un carcere in Romania, nella città di Poarta Albă, nel distretto di Costanza. C’è anche questa – oltre a quella in cui è rinchiusa Ilaria Salis in Ungheria – tra le strutture finite sotto la lente del Consiglio d’Europa per sovraffollamento, scarsa assistenza sanitaria (che si annulla per le patologie psichiatriche) e ambienti fatiscenti e gelidi. «Celle da trenta metri quadrati dove vivono più di venti persone con un solo bagno». Che a chiamarlo così si fa fatica, visto che si tratta di un buco nel pavimento, spesso intasato. «E poi topi, cimici e pulci anche tra il cibo e sui materassi sporchi», aggiunge la ragazza che proprio oggi è andata a trovare Filippo Mosca in carcere.
«Io e i suoi familiari siamo molto preoccupati per la sua salute», dice la giovane a MeridioNews. Non solo perché Filippo Mosca avrebbe bisogno di farmaci che l’amministrazione penitenziaria non gli fornisce, «ma soprattutto per le sue condizioni mentali: ci appare sempre più rassegnato e assente». Del resto, fino a qualche giorno fa nel suo stesso carcere una ragazza si è tolta la vita. Eppure, adesso, Filippo Mosca è al corrente del fatto che, da qualche giorno, della sua storia si sta parlando come mai successo finora. Ed è per la similitudine con quella della 39enne insegnante di scuola elementare a Monza che da un anno è rinchiusa nel carcere di massima sicurezza di Budapest. «La sua più grande paura – confida la ragazza – è che il tema resti soltanto appoggiato sui tavoli istituzioni e che, una volta spenti i riflettori, nulla cambi in concreto. Ma noi – sottolinea – non ci arrenderemo e continueremo a chiedere giustizia. Perché quello che è successo a Filippo è davvero assurdo e le condizioni in cui è costretto a vivere sono inaccettabili».
È maggio dell’anno scorso quando i due, insieme a una coppia di amici, vanno in vacanza in Romania per il Sunwaves Festival, un evento di musica elettronica che attira giovani da tutta Europa. A cambiare la vita del ragazzo nisseno che, fino a quel momento, era titolare di un ristorante a Ibiza (isola delle Baleari) è un pacco che una conoscente si fa consegnare nell’hotel dove alloggiano. Scopriranno solo durante il blitz della polizia che quel pacchetto contiene ketamina, hashish e mdma. Sostanze stupefacenti di cui l’effettiva destinataria si assume subito ogni responsabilità della consegna. Ma a finire in carcere è, comunque, Filippo Mosca che aveva materialmente preso il pacchetto per fare un favore all’amica. Condannato in primo grado a otto anni di reclusione, ad aprile inizierà per lui il processo d’Appello. I familiari, intanto, hanno chiesto, senza ottenerla, la misura dei domiciliari in Italia. «Un altro aspetto aberrante – aggiunge la fidanzata del giovane nisseno – è quello linguistico: in carcere, Filippo se la cava con quel poco di inglese che conosce ma tutti i documenti che lo riguardano gli vengono recapitati solo in rumeno».
Scagionato dalla conoscente a cui voleva fare una cortesia, anche le perquisizioni e le analisi dei dati del cellulare del 29enne non portano a nessuna prova contro di lui. Ciò che gli inquirenti gli contestano sarebbero delle conversazioni dai toni accesi, registrate dalla polizia nelle 24 ore di fermo di tutti e quattro i ragazzi. Rilasciati gli altri tre la mattina dopo, solo Filippo Mosca viene portato in carcere. Sulla base di quei dialoghi che, per i familiari, sarebbero stati riportati e tradotti in modo del tutto fantasioso e non corrispondente al vero. «Dalla Farnesina e dall’ambasciata hanno riconosciuto che ci sono varie incongruenze ma, finora, comunque nulla si è mosso», dice la fidanzata che resta in Romania, al momento, fiduciosa che adesso qualcosa possa cambiare.
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