«Arrivederci signora, a domani». Sono queste le ultime parole che Rosa Maria Marino sente pronunciare a Filippo Basile. È il 5 luglio 1999, sono circa le 14.30 e lei ha finito il suo turno, si affaccia nel suo ufficio per salutarlo per poi fare strada verso casa. «Era seduto alla sua scrivania come ogni giorno, davanti al suo computer». Di lì a poco, intorno alle 15, appena fuori dall’ufficio di viale Regione Ignazio Gilberti, che confesserà in seguito il delitto, gli andrà incontro per ucciderlo con tre colpi di pistola. A mandarlo è Antonino Velio Sprio, accusato di associazione a delinquere e di tentato omicidio e collega di Basile, che per questo stava avviando le pratiche per licenziarlo. Ha solo 38 anni quando muore, ma sono tante le cose che gli valsero in poco tempo la stima dei colleghi.
Dirigente dell’assessorato regionale all’Agricoltura, malgrado il ruolo di prestigio raggiunto, non voleva saperne di smettere di studiare e prepararsi. Chi lo ha conosciuto, lo racconta ancora oggi come un tipo meticoloso, preparato, uno tutto d’un pezzo ma dotato di grande sensibilità e umanità. Lì all’assessorato aveva messo su una biblioteca ricavandola da una stanza abbandonata e piena di riviste e libri dimenticati da tempo. «Io lo sento, lo sento sempre, la sua voce è lì nella mia testa, mentre lo saluto dalla portineria… “A domani dottore Basile”», al ricordo non trattiene la commozione Totò Aiello, suo ex collega. «Come ogni anno ci ritroviamo qui, nel posto in cui è stato ucciso, noi che lo abbiamo vissuto e conosciuto, con la stessa voglia e necessità di partecipare».
«Filippo per noi oltre a essere un dirigente era un collega e un amico – gli fa eco un altro ex collega -, un uomo molto intelligente e che tutti qui ammiravano, ne conserviamo un gran bel ricordo. Nonostante la sua apparenza un po’ burbera era un ragazzone, un nostro amico. L Il suo omicidio è stato un’esperienza tragica, non potremo mai dimenticarlo, lo dimostra il fatto che noi che abbiamo lavorato con lui ogni anno sentiamo il bisogno di ritrovarci qui in questo giorno. Era un uomo che poteva dare molto, a noi e alla Sicilia. Per questo è sempre nei nostri pensieri».
A precedere il ricordo, piuttosto intimo e trasportato degli ex colleghi all’ora dell’omicidio, una cerimonia ufficiale in presenza dell’attuale assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera: «Conoscevo la storia, professionale e umana di Basile, ma in questi giorni, visto l’avvicinarsi di questa triste ricorrenza, ho voluto approfondire ancora di più – dice subito -. Pensare che lui ha lavorato negli stessi luoghi e stanze in cui oggi ci troviamo noi è motivo di forte commozione. Questa storia ci lascia un messaggio chiaro, che non si può lasciare nell’isolamento chi svolge il proprio dovere. Sembra assurdo cadere nel campo del lavoro solo per aver adempiuto ai propri doveri. Ma questa Regione ci ha insegnato purtroppo a convivere con queste tragedie, dalle quali dobbiamo prendere spunto per trasformarle nonostante tutto in qualcosa di positivo».
Il monito del neo assessore è ai lavoratori di oggi, un invito a fare squadra, a condividere, a prescindere dai ruoli, dal settore, dall’ambito. A non restare soli e a non isolare, soprattutto. «Tra poco ognuno di noi ora tornerà alle proprie scrivanie, sforziamoci di lavorare nella stessa direzione, di fare squadra. In questa terra che oggi appare diversa, rispetto a 19 anni fa, questo tipo di gente e di disavventure possono essere dietro l’angolo – afferma Bandiera -, ognuno di noi per ruoli e competenze è chiamato ad assumere scelte che a qualcuno possono andare bene mentre ad altri, per retaggi e studi e contesti diversi, possono andare male: la regola resta quella del rigare dritto, specie se si è dentro le istituzioni. Non si può abbassare la guardia, bisogna lavorare con lo stesso spirito che ha contraddistinto Basile, tenendo viva la memoria di questo eroe dei nostri tempi».
Ma soprattutto un «punto di riferimento per quanti vivono la dimensione della pubblica amministrazione come servizio alla comunità». È anche questo Filippo Basile per il sindaco Leoluca Orlando. Anche lui oggi ricorda il dirigente ucciso 19 anni fa, «un ricordo che è anche rifiuto e condanna di quei comportamenti, per fortuna sempre più socialmente e culturalmente isolati, di chi vive la dimensione amministrativa e politica come clientela e subcultura mafiosa».
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