FI, Pellegrino e il «veto» da Musumeci e Stancanelli «Basta parlare di mafia. A San Cristoforo non c’è»

Nello Musumeci e Raffaele Stancanelli. Il primo candidato presidente del centrodestra alle Regionali in Sicilia, il secondo suo compagno di militanzaex sindaco di Catania e regista delle trattative di questi mesi, compresa quella sulla compilazione delle liste. Sarebbero loro due ad avere messo un veto sulla candidatura all’Ars di Riccardo Pellegrino. Il consigliere comunale 33enne con alle spalle un’indagine archiviata per voto di scambio politico mafioso e un nome, il suo, tra i più caldi finiti nei mesi scorsi sul tavolo della Commissione regionale antimafia, presieduta proprio da Musumeci.

Adesso i due si ritrovano, nonostante le liste non siano state ancora depositate, nella stessa coalizione. Il volto di Pellegrino già da settimane campeggia nei manifesti elettorali con il simbolo di Forza Italia ma, a quanto pare, l’uscita non sarebbe stata digerita dai tutti i colonnelli di Silvio Berlusconi in Sicilia. Poco importano una segnalazione di polizia con il figlio incensurato del boss Nuccio Mazzei e le grane giudiziarie di un fratello del consigliere, ritenuto vicino al clan mafioso Carcagnusi perché di fatto Pellegrino è incensurato. Un ragionamento ribadito anche ieri sera. Quando l’aspirante onorevole si è presentato ai suoi sostenitori per il taglio del nastro del suo nuovo comitato elettorale. 

Abito elegante e scarpe lucide, accanto al consigliere etneo c’erano tanti familiari, gli amici, alcuni supporter ma nessun big degli azzurri. A rappresentare il partito, con il suo accento lombardo, uno sconosciuto Carmelo Gangi, del direttivo giovani di Monza e Brianza. «Secondo alcune voci Nello Musumeci ha messo un veto sulla mia candidatura – spiega Pellegrino – solo perché nel 2013 ho preso 700 voti a San Cristoforo. Ma nel 2012 quei voti andarono a lui. Mentre Raffaele Stancanelli per le comunali è venuto con me nel quartiere a fare campagna elettorale». Subito dopo arriva la provocazione: «Se sono mafioso io lo sono anche loro. Non si può etichettare una persona solo perché ha consenso nei quartieri». Come? «Con il lavoro perché io sono diverso dai politicanti».

Ad applaudire l’intervento c’é anche Biagio Susinni, ex sindaco di Mascali quando il Comune nel 1992 venne sciolto per mafia e poi arrestato nel 2013 insieme all’ex primo cittadino Filippo Monforte. Una storia giudiziaria che si ripete dopo 20 anni e che mischia accuse di corruzione e ombre di mafia ma su cui la storia scriverà la parola fine. Proprio la presenza di Cosa nostra nei quartieri è uno dei temi affrontati da Pellegrino. Il quale, dopo avere citato Pippo Fava, quasi urla alla platea: «Smettiamo di parlare di mafia, dove sono nato e cresciuto io non c’è. Esiste la delinquenza».

Piú volte ringrazia i suoi collaboratori e non disdegna l’analisi di alcuni punti del suo programma. Dal lavoro, alle lungaggini per le visite mediche nelle strutture pubbliche fino alle condizioni dei detenuti. «Ho visto la casa circondariale di piazza Lanza e a queste persone mancano anche i farmaci». Ma come andrà a finire la vicenda politica? Il consigliere sembra deciso a proseguire sulle strada che porta a Palermo mentre Musumeci, il cui telefono squilla a vuoto, starebbe pressando Forza Italia per escluderlo. Una dinamica che sta mettendo alle strette in particolare i vertici provinciali del partito, fra cui la linea dello stop per motivi d’opportunitá al rampante candidato sarebbe sempre piú prevalente. Chi avrà la meglio? Una cosa per Pellegrino è certa: «Il mio sogno? Diventare parlamentare nazionale». In attesa di riuscirci spazio al buffet finale con tanto di tricolore.

Dario De Luca

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