Si è costituito un consiglio difensivo per chiedere la riapertura delle indagini sul femminicidio di Vanessa Scialfa, la 20enne uccisa a Enna nel 2012 a Enna dall’uomo con cui conviveva da pochi mesi. Il 34enne Francesco Lo Presti è già stato condannato con sentenza definitiva a trent’anni di carcere. I genitori della ragazza – Giovanni Scialfa e Isabella Castro – chiedono la riapertura delle indagini e, per questo, a un mese dal danneggiamento della tomba e della stele della figlia, hanno dato mandato a un consiglio composto dagli avvocati Eleanna Parasiliti Molica, Patrizia Di Mattia e Mauro Lombardo.
Il team legale ha già avviato le indagini difensive e ascoltato alcune persone informate sui fatti. Adesso sarebbe emersa una nuova pista, legata anche ai recenti danneggiamenti, che potrebbe portare alla riapertura delle indagini. Per i genitori di Vanessa, infatti, Lo Presti non sarebbe stato da solo quando ha ucciso la figlia. Nella macchina dell’omicida, a bordo della quale sarebbe stato trasportato il corpo di Vanessa, non sono mai state trovate tracce biologiche anche se sul lenzuolo grigio dove era stata avvolta la giovane c’era una notevole quantità di sangue.
Il cadavere, dopo essere stato trasportato nel bagagliaio lungo la statale 122 che collega Enna a Caltanissetta, era stato abbandonato sotto un guard rail vicino alla miniera di Pasquasia. Tra gli obiettivi del consiglio difensivo anche ricostruire le motivazioni per cui un poliziotto non avrebbe riportato nella relazione di servizio sulla morte di Vanessa alcune telefonate che il giorno del delitto avrebbe avuto con l’omicida, che era un confidente della polizia.
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