Chi non conosce il mito di Fedra, la storia della sposa cretese di Teseo, «la figlia di Minosse e di Pasifae» rapita da un amore impossibile per Ippolito, suo figliastro, votato alla dea Artemide e, come se non bastasse, convinto misogino? Chi non conosce il mito di Fedra, o chi lo apprezza a tal punto da volerlo ancora ri-conoscere, ha avuto in questi giorni, in Sicilia, la possibilità di diversi incontri sul tema. All’interno del Mitifest 2010, organizzato dalla facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, tra gli appuntamenti più importanti l’incontro che si è svolto il 31 maggio all’ex Monastero dei Benedettini, con Nadia Fusini, anglista, docente presso il SUM- Istituto italiano di Scienze Umane, sul tema “Fedra la luminosa”.
“La luminosa. Genealogia di Fedra” (Feltrinelli) è il titolo di un saggio che la Fusini ha scritto nel 1990 continuando così, idealmente, l’analisi di un tema già trattato in un’opera precedente, intitolata “Due. La passione del legame in Kafka” (Feltrinelli). È il tema della relazione, del legame, dell’«uno più uno che deve risultare uno» , ma che a volte, come ammette la Fusini, «continua a risultare due» . Quello del sentimento amoroso oltre a essere argomento caro alla scrittrice (basta citare alcuni dei suoi titoli : “L’amore necessario” , “I volti dell’amore”, e ancora, “L’amor vile”, tutti pubblicati da Mondadori è un tema portante della Fedra euripidea. Fatto, peraltro, inconsueto per la Grecia del V secolo a.C , come spiega durante l’incontro, Monica Centanni, docente di Drammaturgia antica allo IUAV di Venezia che ha curato per la facoltà di Lettere di Catania un laboratorio nel corso del quale si è realizzata, esaminando le riletture del mito, una originale riscrittura di Fedra, destinata alla messa in scena.
Al momento in cui viene scritta la tragedia di Euripide, afferma la Centanni, l’amore tra un uomo e una donna, la relazione alla pari tra due individui di sesso diverso, era un tema poco trattato nella tradizione greca, che concepiva l’amore in modo diverso, spesso come attrazione verso un corpo più giovane, con un netto rapporto di inferiorità-superiorità e di tipo comunque omosessuale.
Troviamo invece, nella scelta del tragediografo greco di rappresentare questo mito, la messa in scena di un amore eterosessuale, una passione quasi romantica , come si vedrà meglio nelle versioni di Seneca e di Racine.
Ma torniamo al saggio della Fusini: un‘opera che l’autrice definisce «modernista» e in tutto appartenente «al secolo scorso», non tanto perché pubblicata nel 1990 ma perché nello spirito del Novecento si rispecchia e, soprattutto, in quello delle due grandi menti che hanno aperto il secolo: Freud e Nietzsche.
Punto importante del saggio è infatti l’irresolutezza di Fedra soprattutto in relazione al suo passato. Nietzsche e Freud, dice la Fusini, ci hanno testimoniato che il discorso sul passato è di gran lunga più difficile di quello sul futuro. Ebbene: Fedra, sposa di Teseo, e che si trova adesso nel territorio di Trezene, alle porte di Atene, sottomessa quindi alle leggi ateniesi, porta con sé invece Creta, il passato dell’isola delle sue origini.
Passato doloroso, che non può essere omesso nel momento in cui Fedra si infiamma di un amore impossibile: le ritornano subito alla mente, infatti, i sinistri amori della madre Pasifae che si era unita con un toro, dando la vita così al Minotauro, e della sorella Arianna, amata da Dioniso. Come se le donne cretesi, quelle della sua stirpe, non potessero che concepire amori assurdi, mai normali, per nulla adatti a leggi come quelle a cui Fedra deve adesso sottostare. La tragedia è già tutta qui. L’amore smodato per Ippolito appare come retaggio di un insopprimibile passato arcaico, che è ancora in Fedra e che, ineluttabile, ritorna. Così, dice la Fusini, la nostra eroina rappresenta «un movimento di regressione che non si può controbilanciare con una trasgressione». Da questo «atto non attuabile», da questo sentimento presente ma non realizzabile, nasce il conflitto, e con esso, il «segreto dolore» di Fedra; la volontà di non dire; la morte, infine, come scelta.
Un tormento ben presente nelle raffigurazioni del mito che sono state illustrate, durante l’incontro, in una carrellata iconografica curata da Melissa Botto, studentessa della facoltà di Lettere di Catania. Nelle numerose rappresentazioni del mito che sono state portate a esempio, dai sarcofagi romani, ai dipinti di Guérin, Fedra, la “luminosa” come vorrebbe il suo nome, ha invece il volto velato dal suo segreto inconfessabile: ai suoi piedi Eros, poi, più distante, Ippolito nelle sue vesti da cacciatore, accompagnato da un cane e un cavallo. Quelli che vediamo rappresentati sono due mondi opposti, il che vale a dire, in Grecia, due divinità opposte: Artemide e Afrodite, portatrici di sentimenti in lotta tra loro: la gioia casta di Ippolito e la sofferente libido di Fedra. Ma il contrasto è anche quello fra due civiltà, quella ateniese e quella cretese, tra un mondo civile e uno arcaico, perché, come dice Monica Centanni: «Nel teatro greco il passato viene riportato ad accadere sulla scena del presente».
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