Fava e Siani, la memoria a fumetti

Giuseppe Fava e Giancarlo Siani. A fumetti. O meglio, in graphic novel. L’idea è della giovane casa editrice romana Round Robin che arricchisce la collana Libeccio di due nuovi preziosi volumi. Dopo il successo di Don Peppe Diana, Per amore del mio popolo”, ora tocca ai due giornalisti uccisi dalle mafie a metà anni ’80.
 
In occasione del Salone internazionale del fumetto, in corso a Napoli dal 30 aprile al 2 maggio, verranno presentate le prime tavole del volume E lui che mi sorride. Mio fratello Gianfranco Siani”, in vista della pubblicazione a settembre. La storia del giornalista ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985 verrà raccontata attraverso gli occhi del fratello Paolo, i disegni di Emilio Lecce, e la sceneggiatura di Alessandro Di Virgilio.
Il volume Giuseppe Fava. Lo spirito di un giornale” sarà pubblicato invece nel mese di maggio. «Volevamo raccontare a tutti i costi la figura di Pippo Fava – spiega l’autore Luigi Politano – perché oltre ad essere un coraggioso giornalista, è stato commediografo, pittore e drammaturgo».
 
Come mai la scelta del fumetto per far rivivere la memoria?
«Abbiamo pensato che fosse il modo migliore per parlare di questi temi. Non solo rivolgendoci ai ragazzi. Abbiamo infatti scoperto che dietro il mondo del fumetto c’è una rete di persone appassionate e interessate. È una sfida per la casa editrice Round Robin, che già da tempo si occupa di criminalità organizzata».
 
Come si è articolato il lavoro di documentazione sulla vita di Pippo Fava?
«I disegni sono di Luca Ferrara. Per scrivere i testi sono stato più volte a Catania, per più giorni. Ho parlato con i figli di Pippo Fava, Elena e Claudio che ha dato una sorta di supervisione ai testi. Ho ascoltato Riccardo Orioles, Michele Gambino, Antonio Roccuzzo dell’ex redazione dei Siciliani. Mi ha aiutato molto la Fondazione Fava. La ricerca è stata lunga, anche perché Fava era più che un giornalista. Era un drammaturgo, un pittore, un commediografo. Da un suo libro è nata la sceneggiatura del film Palermo or Wolfsburg che ha vinto il leone d’oro al festival di Berlino nel 1980».

Perché chiamare questa collana di graphic novel Libeccio?
«L’idea della collana è di Raffaele Lupoli, è un prodotto della collaborazione tra la casa editrice Round Robin e l’associazione daSud onlus. Il nome Libeccio l’ho scelto io, perché la casa editrice si ispira molto ad alcuni termini marinari. Il libeccio è un vento di sudovest che porta con sé la storia di molti uomini che sono diventati eroi pur non volendolo».

Fava come Giancarlo Siani. Anche nel tentativo non riuscito di infangarne la memoria. Come è cambiato rispetto a 25 anni fa il movimento antimafia in Campania?
«Oggi il movimento anticamorra è molto più radicato nel territorio. Esistevano da tempo piccole realtà, come quella di don Peppe Diana a Casal di Principe. Ora si stanno moltiplicando nel casertano, così come nel napoletano. Vicino a Castellamare c’è stato un enorme lavoro sui migranti ad esempio. C’è l’impegno dell’associazione Libera. C’è più coscienza, consapevolezza e amor proprio. Volontà di affermate che i casalesi sono un popolo, non un clan».

Avete ricevuto sostegno dalle istituzioni?
«Alcuni sindaci e rappresentanti politici ci sono stati vicini nella promozione del fumetto, facendo delle presentazioni. Il sindaco della cittadina calabrese di Paola ha voluto presentare in aula consiliare il volume su don Peppe Diana. La commissione nazionale antimafia sa che stiamo facendo questi fumetti e ci appoggia, anche se non economicamente».
 
Eppure un’altra parte della istituzioni accusa chi denuncia la mafia di essere un anti-italiano…
«All’interno della classe dirigente, anche nel centro destra, ci sono politici che non sono affatto d’accordo col premier. C’è tanta ipocrisia, ma come disse Paolo Borsellino “al di là della politica ci sono gli uomini, e spesso sbagliano”».
 
Come pensate di pubblicizzare la striscia su Fava? Verrete a Catania?
«Non abbiamo ancora appuntamenti fissati. Il fumetto verrà distribuito tramite il settimanale Carta, nel tentativo di raggiungere un pubblico quanto più ampio possibile. Sicuramente verremo a Catania più volte nei prossimi mesi, soprattutto nelle scuole».

Salvo Catalano

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