Farsi mutilare per truffare assicurazioni, il nuovo business «Un segno di degrado morale, una marea di compiacenze»

«Una storia incredibile, che lascia l’amaro in bocca. Una vicenda davvero raccapricciante, con protagonisti soggetti spregiudicati. Va fatta una riflessione sul degrado in atto in città, perché essere sottoposti a torture e mutilazioni per truffare le assicurazioni è un chiaro segno di abbandono morale». Il questore di Palermo Renato Cortese non usa mezzi termini per commentare l’operazione Tantalo, con la quale la polizia ha arrestato 11 persone, ritenute responsabili di aver preso parte a due organizzazioni criminali distinte, ma collegate, che si occupavano di una frode particolarmente cruenta: una truffa assicurativa che fruttava tra i 100 e 150mila euro per ogni singola pratica, con decine di casi individuati e altri sui quali si sta ancora indagando.

Una frode che era in atto fino a ieri sera, con gli arrestati che poco prima di essere fermati erano ancora alla ricerca di persone compiacenti, capaci di accettare l’idea di fratturarsi un arto e di mettere in scena finti incidenti stradali per poter poi intascare lauti risarcimenti. Ma chi poteva mai accettare una proposta del genere? Le due organizzazioni criminali, che avevano messo in auto un vero e proprio sistema strutturato «con una marea di compiacenze» – come dichiara il capo della squadra mobile Rodolfo Ruberti – andavano a colpo sicuro. Alla ricerca della Palermo più marginale e più indigente, quella dei disoccupati, dei tossicodipendenti, delle persone affette da problemi di alcolismo e con ritardi psichici.

Il reclutamento avveniva soprattutto nei pressi della stazione centrale, e in ogni caso in quei luoghi dove le possibili vittime bivaccavano. Bastava dare qualche segno di disagio, fisico e mentale, per essere contattato. La proposta era per tutti la stessa. Le persone venivano persuase a subire lesioni di particolare gravità, illuse che tanto più consistente era la frattura tanto più avrebbero incassato. Alle vittime compiacenti venivano subito dati soldi in contanti: 300 euro per farsi spezzare un braccio, 400 per una gamba. La lesione veniva effettuata con dischi di ghisa da 25 chili – quelli utilizzati nelle palestre – che venivano utilizzati come strumenti contundenti, scagliati da una media altezza sugli arti individuati in modo da provocare la rottura immediata delle ossa. «Fratture fatte, per così dire, col ciclostile che ci hanno subito allarmato – commenta ancora Ruperti -. Venivano effettuate in vari luoghi, poi la persona in questione veniva portata su strada per inscenare un falso incidente. Le organizzazioni criminali seguivano poi le vittime anche all’interno degli ospedali, per accertarsi che fornissero la versione concordata. E in alcuni casi addirittura le vittime venivano tenute segregate».

Molte di esse poi non erano neanche anestetizzate. E quando qualcuno decideva di usare una seppur minima forma di pietà in realtà ciò si rivelava una tortura ancora maggiore. Le iniezioni, infatti, venivano effettuate da persone inesperte. L’infermiera Antonia Conte, che lavorava al reparto di Neurologia dell’ospedale Civico, a fornire le dosi. Ma poi faceva effettuare le iniezioni all’inesperto marito Francesco Mocciaro, tanto che le vittime continuavano a sentire indicibili dolori. Le indagini, coordinate dalla locale procura della repubblica, sono partite dalla morte di un cittadino tunisino, Hadri Yakoub, che nel gennaio 2017 fu trovato morto per strada nei pressi di Brancaccio. Quello che in apparenza era un incidente era in realtà una messa in scena: l’uomo presentava fratture multiple della tibia e del perone, ed era deceduto in realtà a causa delle lesioni che gli erano state procurate altrove. Solo successivamente, e dunque già cadavere, era stato abbandonato sul manto stradale

Il miraggio del business, per le vittime, rimaneva spesso tale. Ad arricchirsi erano i componenti delle organizzazioni criminali, mentre chi si prestava per le truffe restava soltanto con la sedia a rotelle o con le stampelle. E quando i mutilati chiedevano gli altri soldi promessi, venivano redarguiti a minacce. O con l’ulteriore rilancio di farsi spezzare un altro arto, per avviare un’altra pratica assicurativa e ottenere altro denaro.

Questi i nomi degli arrestati:

Burrafato Giuseppe, nato a Termini Imerese, classe 1991;

Caltabellotta Michele, nato a Palermo, classe 1973;

Conte Antonia, nata a Palermo, classe 1967;

Di Lorenzo Michele, nato a Palermo, classe 1982;

Faija Francesco, nato a Palermo, classe 1981;

Faija Isidoro, nato a Palermo, classe 1983

La Piana Salvatore, natio a Palermo, classe 1969;

Mocciaro Francesco, nato a Palermo, classe 1968;

Portanova Giuseppe, nato a Palermo, classe 1977;

Santoro Antonino, nato a Palermo, classe 1971;

Vultaggio Massimiliano, nato a Palermo, classe 1970

*un altro indagato risulta attivamente ricercato.

Andrea Turco

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