Da anni abbandonato all’incuria del tempo e alle incursioni dei vandali, oggi il faro di Capo Zafferano potrebbe rinascere e ritornare all’antico splendore. Il Demanio, infatti, ha annunciato di voler mettere a bando l’antica struttura, assieme ad altri fari nell’Isola, per intercettare l’interesse del mondo imprenditoriale o associativo e il recupero di questo suggestivo gioiello che sorge, peraltro, in un sito di interesse comunitario (Sic) – ricade nel parco urbano di monte Catalfano – perché ritenuto di grande valore naturalistico. L’annuncio pochi giorni fa, proprio a Santa Flavia, per illustrare gli esiti del bando Valore Paese – Fari 2015 che ha visto la Sicilia tra le regioni protagoniste, e per presentare anche la seconda tranche del progetto. A settembre, quindi, Demanio e ministero della Difesa lanceranno il nuovo bando – nel frattempo è già stato siglato il protocollo l’intesa con l’amministrazione della piccola borgata marinara alle porte di Palermo – in attesa che le proposte si concretizzino.
In realtà, da molti anni cittadini, docenti universitari e associazioni ambientaliste, tra queste Legambiente, Wwf, il gruppo Facebook Addabbanna ‘a muntagna, di quà dal Faro, Archè Villabate e Partecipalermo e altri ancora, si battono per il recupero della struttura e i caseggiati, assai ampi, che cadono a pezzi sventrati dalle intemperie e invasi dai rifiuti. L’obiettivo è quello di salvare il complesso assieme ai locali e salvaguardare il tratto di costa con forme di tutela che possano essere quelle di parco o riserva naturale, con un centro di studio della flora e della fauna in grado di attrarre studiosi di scienze ambientali da tutta Europa. Il timore, tuttavia, è che il sito possa essere affidato a privati – seppur temporaneamente – e trasformato in un resort di lusso, senza alcun fine di natura sociale.
«Noi vogliamo riportare questo luogo magico alla sua antica bellezza – spiega Mimmo Schillaci, ricercatore universitario microbiologo e ambientalista del circolo Legambiente Bagheria e dintorni -. Altrove i fari sono custoditi e curati e noi chiediamo che tutto il complesso venga tutelato come bene comune, dato dal demanio al Comune di Santa Flavia e affidato all’Università di Palermo e alle associazioni ambientaliste che operano nel territorio per farne un centro studi marini e un centro di educazione ambientale». Un progetto che accarezzano da tempo e che negli ultimi quattro anni hanno cercato di trasformare in realtà con alcune iniziative come marce e occupazioni simboliche. «Ci auguriamo inoltre che l’intera area venga salvaguardata – ricorda – Monte Catalfano è un parco urbano, mentre su capo Zafferano, suo promontorio, non c’è alcun vincolo. Un vero peccato perché quest’area è caratterizzata da una grande biodiversità dal punto di vista vegetale, con specie di estremo interesse ed esclusive di questa zona».
In quanto amanti della natura, le associazioni temono qualunque ipotesi di privatizzazione, visti gli effetti di quarant’anni di cessione ai privati della costa che va da Aspra a Porticello della «cementificazione e sottrazione al pubblico, spesso anche alla vista del mare, degli archi naturali e della bellezza in generale della costa di Mongerbino. Ci impegneremo affinché finisca in mani pubbliche e una volta ristrutturato e risanato abbia le finalità sociali per le quali ci siamo battuti in questi anni». Un buon compresso potrebbe essere il progetto che si è aggiudicato il faro di Punta Cavazzi a Ustica, presentato dalla società Sabir Immobiliare Srl, per una struttura di accoglienza sul modello foresteria in cui sviluppare momenti dedicati alla formazione, allo studio e all’intrattenimento. Un hub culturale che potrà diventare punto di riferimento per studenti e giovani ricercatori appassionati al tema del mare e il faro sarà inserito in un network turistico di livello internazionale.
«Speriamo che prevalga un progetto simile a quello di Ustica e non diventi un albergo di lusso e lo chiudano al pubblico – aggiunge -. In assenza di un privato illuminato, stiamo cercando di organizzare una cordata pubblica con l’università e associazioni del posto per intercettare finanziamenti europei, e proporci come soggetto per cercare di ottenere la concessione, ma non so se avremo il tempo necessario: dall’uscita del bando abbiamo solo due mesi per formalizzare la proposta. Durante la presentazione del bando a Santa Flavia – conclude – è stato più volte sottolineato che il bene deve essere preservato e ci auguriamo che questo accada».
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