“Immobile ed area limitrofa sottoposti a sequestro preventivo”. Questo si legge nel cartello apposto dai Carabinieri sabato mattina alle finestre dell’edificio 2 della Cittadella. La chiusura della struttura per lavori di manutenzione era stata annunciata il giorno prima con un avviso sul sito dell’Ateneo di Catania. In tarda mattinata invece, tra giornalisti e studenti curiosi, sono stati posti i sigilli di sequestro. Poche ore dopo, l’ufficialità sui nomi delle nove persone indagate: l’ex Rettore Ferdinando Latteri (oggi deputato Mpa), l’ex direttore amministrativo dell’università Antonino Domina, il direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche Vittorio Franco (all’epoca dei fatti a capo della commissione permanente per la sicurezza), Lucio Mannino (dirigente dell’ufficio tecnico) e cinque componenti della commissione permanente sulla sicurezza: Marcello Bellia, Giuseppe Ronsisvalle, Francesco Paolo Bonina, Giovanni Puglisi e Fulvio La Pergola. La contestazione è quella di disastro ambientale e gestione di rifiuti non autorizzata.
L’apposizione dei sigilli
Erano le 9 del mattino quando, mentre tutti attendevano davanti all’ingresso principale, i Carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria sono entrati dal retro e hanno iniziato i rilevamenti. Un intervento tutt’altro che inaspettato per i docenti e gli studenti della Cittadella. Da giorni, infatti, era iniziato il trasloco di materiale e documenti utili al proseguimento della didattica in altre sedi vicine. Ma erano ancora molti i dubbi sulla motivazione.
Per alcune ore non si è visto entrare e uscire nessuno. È stato poi il professore Vincenzo Perciavalle, presidente del Cof, a rilasciare l’unica dichiarazione a caldo sui fatti. “C’è un’ispezione in corso, su ordine della magistratura, per accertare possibili situazioni di rischio chimico nelle parti più basse della struttura”, ha spiegato Perciavalle, riferendosi al Dipartimento di Scienze Farmaceutiche. Parole che sembrano avvalorare almeno in parte i timori che da qualche anno circolano tra gli studenti. Inquinamento, morti sospette? Ecco la risposta.
Intervista al prof. Perciavalle
Poco dopo l’ufficialità del sequestro il professore Giuseppe Ronsisvalle, preside della facoltà di Farmacia, esce visibilmente teso. Alla richiesta di una dichiarazione, “risponderà il Rettore”, dice allontanandosi. E il Rettore, che in mattinata ha anche diffuso un comunicato sulla vicenda, ha detto ai microfoni della Rai: “La magistratura sta cercando di aiutarci a capire se l’edificio può essere rimesso a disposizione, oppure deve essere abbattuto, oppure devono essere fatti ulteriori lavori”.
Ma tra i ragazzi c’è grande agitazione. Oltre alla preoccupazione per il proseguimento della didattica, a decine scrivono sui forum: “La cosa è gravissima, ma pensate che siamo in pericolo? Dovremmo farci un controllo”, “Ho paura, nessuno dei professori ci ha dato una risposta chiara”. A queste domande si aggiungono poi le storie circolate negli anni. “Essendo Farmacia una delle strutture poste più in basso, tutti gli scarichi passano da lì. Circa un anno e mezzo fa inaspettatamente sono affiorati in cortile dei liquami non meglio identificati. Dopo le domande di noi studenti e i prelievi, non se ne seppe più nulla”, racconta uno studente che preferisce restare anonimo. “E’ stato lo stesso periodo del pino” gli fa eco un collega. Sì, perchè proprio lì, raccontano i ragazzi, un pino dalla robusta struttura un giorno è stato trovato morto. “Mummificato”. Stranezze a cui finora non si è data spiegazione.
È la Procura distrettuale di Catania a fornire maggiori particolari. L’inchiesta, che è stata coordinata dal procuratore capo Vincenzo D’Agata, ha preso avvio da un esposto sull’esistenza di zone contaminate. Un’indagine lunga, avviata almeno un anno fa, su fatti che vanno dal 2004 al 2007. Secondo la Procura infatti “benchè i vertici dell’Università fossero stati allertati del fenomeno di potenziale inquinamento e contaminazione del sottosuolo” non sono stati attivati “gli opportuni provvedimenti previsti dalla legge a garanzia della salute delle persone, ivi esposte ad esalazioni tossiche con manifestazioni di ripetuti malesseri pure segnalati in numerosissime occasioni ai responsabili della sicurezza”.
La Procura fa anche sapere che “le indagini tecniche hanno accertato l’esistenza nel sottosuolo di pericolose sostanze inquinanti in valori superiori di decine ed, in alcuni casi, centinaia di volte ai limiti fissati per i siti industriali”. Sostanze con un potenziale tossico e cancerogeno che, una volta nella rete di scarico, sarebbero risalite con il conseguente pericolo di essere inalate. Riguardo l’eventuale relazione tra queste e i malesseri, nonché le morti, riscontrati negli ultimi anni, il procuratore capo D’Agata dichiara che “al momento si sta verificando l’eventuale pericolo per l’incolumità delle persone. Nel corso delle indagini verranno presi in considerazione gli eventuali casi penalmente rilevanti”. Il sequestro di sabato, dunque, potrebbe essere solo il primo passo.
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