Farmacia, sotto esame la consulente del pm «Alto rischio, non era un sito industriale»

Udienza tecnica e a tratti combattuta quella di ieri del processo per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata all’interno dell’ex facoltà di Farmacia di Catania. Due gli argomenti al centro del dibattimento: l’esame di Piergiorgio Ricci, dirigente dell’area prevenzione e sicurezza dell’Ateneo, e la consulenza di Silvia Bonapersona, effettuata per il pm nel 2008.

Su richiesta del pm Lucio Setola, Ricci ha prodotto le richieste di ausili protettivi (guanti e mascherine) giunte dal dipartimento di Scienze farmaceutiche. Un elenco fermo allo zero quello fornito, annunciato nel corso dell’udienza precedente. Mentre le difese degli imputati hanno recuperato dagli archivi della Cittadella le richieste e le bolle di consegna dei materiali consegnati dietro domanda della stessa struttura. Fino a un anno fa, infatti, i dipartimenti godevano di autonomia per quanto riguarda spese di questo genere.

Ma lo scontro più intenso tra accusa e difesa ha luogo sulla testimonianza della consulente Silvia Bonapersona. Prima di recarsi assieme ad alcuni colleghi dentro l’edificio 2 della Cittadella, l’ingegnere ha avuto modo di parlare con Elisa Neri e Domenico Prestia, due tecnici della It group che fecero alcuni studi sulla struttura su incarico dell’Università nel 2005. Inoltre, dalla segreteria amministrativa sono state acquisite anche le comunicazioni interne nelle quali docenti, personale e addetti alle pulizie si lamentavano per i cattivi odori e i malesseri. Secondo la sua testimonianza, il metodo iniziale seguito dalla It group è corretto, così come le conclusioni nelle quali «si ipotizzava una potenziale contaminazione». Ma è dopo la presentazione del piano di lavoro della ditta lombarda che si interrompe il rapporto con l’Ateneo. Senza avvisare i tecnici (che lamenteranno anche l’occasione persa per esaminare il terreno in profondità), vengono effettuati i lavori di rifacimento di quella che è individuata come la problematica principale: l’impianto fognario.

Per prelevare campioni il più possibile rappresentativi, Bonapersona e i colleghi hanno creato una mappa escludendo le aree interessate dai lavori e inserendo le aule e i laboratori nei quali erano maggiori i malesseri lamentati. Tra queste una delle principali era l’ex sede del centro di gestione amministrativa (cga) che, prima di essere trasferita al primo piano, si trovava al seminterrato. Dopo aver effettuato anche un esame con un georadar, viene dato il via libera agli scavi. Sotto al pavimento, viene intercettata un’incrostazione che – dopo le analisi di laboratorio – rivela tracce di metalli pesanti tra i quali mercurio. La contaminazione viene riscontrata anche nei laboratori più esterni.

Secondo l’ingegnere, la classificazione dell’edificio 2 della Cittadella non era corretta: anziché come sito industriale, il livello di rischio sarebbe stato quello relativo ad un’area residenziale, quindi con parametri più stringenti. All’interno della struttura, infatti, si trovavano persone che non svolgevano direttamente attività di laboratorio: «La signora che lavorava al cga non lo faceva sotto cappa, non aveva mascherina e guanti», spiega Silvia Bonapersona. Il suo parere discorda quindi con quello dei periti che avrebbero utilizzato «parametri poco cautelativi» per l’analisi della pericolosità dell’area. Sull’applicazione del Testo unico ambientale e sulle valutazioni fatte anche al momento della richiesta nel maggio 2009 di dissequestro dei laboratori si accende quindi un’animata discussione tra le parti.

La deposizione dell’ingegnere continuerà anche nel corso della prossima udienza, quando inizierà la nuova fase del procedimento con le testimonianze dei primi imputati. Saranno ascoltati Fulvio La Pergola, uno dei cinque componenti della commissione sicurezza, e Franco Vittorio, direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche e all’epoca dei fatti capo della commissione.

Carmen Valisano

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