Farmacia, l’Ateneo vuole essere parte civile Ma in aula le contestano la responsabilità

Ieri prima udienza del processo Farmacia. In aula, davanti al giudice Ignazia Barbarino della terza sezione penale del tribunale di Catania, da un lato i legali degli otto imputati per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata, dall’altro le parti civili. Tra i presenti anche i familiari di Emanuele Patanè e i genitori di Agata Annino, dottorandi morti di tumore, e Carla, figlia di Giovanni Gennaro, farmacista e tecnico di laboratorio deceduto per la stessa patologia. Ad assistere, seduti dalla parte opposta, anche tre degli indagati: il preside della facoltà Giuseppe Ronsisvalle e i due docenti della commissione di sicurezza, Giovanni Puglisi e Francesco Paolo Bonina. 

Un’udienza lunga, iniziata con le costituzioni di parte civile, 26 in tutto. A farsi avanti, oltre ai familiari degli ammalati e alle associazioni già ammesse nella fase preliminare (Cittadinanza attiva, Codacons e Cgil), anche altri familiari, tra cui quelli di Rosario Manna (ex tecnico di laboratorio, morto per un tumore al pomone lo scorso novembre), tre associazioni (Codici onlus, Codici ambiente e Earth) e l’Università la cui richiesta ha fatto discutere molto.

«Non si può ammettere la compartecipazione dell’Università come responsabile civile e allo stesso tempo richiedente danno. L’unico ruolo che può tenere in questo processo è quello di responsabile civile», ha commentato l’avvocato Fabio Palazzo, legale di Antonino Domina. La contestazione è chiara. Dato che gli imputati nel processo sono tutti dipendenti dell’Università, questa è chiamata a partecipare come loro responsabile in quanto loro datore di lavoro.
D’altro canto l’avvocato Ziccone, legale dell’Ateneo, ha ribadito che è possibile ricoprire entrambi i ruoli – responsabile del danno e danneggiato – nel caso in cui si tratti di un ente. «Abbiamo il dovere di assumere una posizione di difesa. E’ possibile, infatti, ipotizzare che l’ente sia stato tradito dai suoi dipendenti e quindi che abbia diritto al risarcimento. L’Università non ha nessun motivo né vuole difendere persone che potrebbero essere giudicate colpevoli. E la sua partecipazione al processo è nell’unico interesse dell’accertamento della verità»

A questa contestazione, poi, se n’è aggiunta un’altra riguardo la richiesta di costituzione di parte civile – rigettata dal tribunale – degli imputati Ronsisvalle, Puglisi e Bonina. «Parto dal presupposto che i miei assistiti sono innocenti e che, da quanto emerso dall’incidente probatorio, non sussiste alcuno stato di disastro ambientale. Tuttavia, nel caso dovesse essere configurato il reato noi saremmo i primi nella condizione di poter chiedere i danni», ha spiegato il loro difensore, l’avvocato Pietro Nicola Granata. «Stiamo parlando di docenti che hanno lavorato in quei luoghi per trent’anni e, nel caso ci fosse stato reale inquinamento, i primi a subirlo sarebbero stati loro».
Imputati che avrebbero voluto costituirsi parte civile contro gli altri imputati. «Un’ipotesi fantasiosa e inconciliabile, un vero e proprio corto circuito giuridico» secondo le altre difese e il pubblico ministero, Lucio Setola, che ha replicato: «Per la costituzione di parte civile bisogna che si dimostri il danno subito. Non è possibile richiedere risarcimento per il semplice fatto di essersi trovati a lavorare in un ambiente insalubre». Insalubrità a cui – secondo la magistratura – avrebbero contribuito gli stessi professori, tecnici membri della commissione di sicurezza, imputati nel processo. «Sapevano e non hanno fatto nulla. Semmai hanno volutamente scelto di sottoporsi all’inquinamento di quei luoghi».

Altre contestazioni sono state fatte nei confronti delle associazioni. Secondo l’avvocato Giovanni Grasso, difensore di Franco Vittorio e Marcello Bellia, Cgil, Codacons e Cittadinanzattiva non sarebbero direttamente legate alla tutela dell’ambiente, mentre Codici onlus, Codici ambiente e Earth non abbastanza al territorio. A lui si sono accodati i legali degli altri imputati tra cui l’avvocato Granata, il primo a sollevare la contestazione di tipo temporale, seguito dai legali di di Lucio Mannino e Antonio Domina. I familiari di Emanuele Patanè, di Agata Annino e di moltissimi altri studenti e docenti ammalati o deceduti, secondo queste difese, non avrebbero diritto a partecipare al processo come parti civili perché ammalatisi o deceduti in un periodo antecedente a quello preso in esame dalla Procura (2004-2008). Contestazione a cui ha risposto l’avvocato Santi Terranova, legale di diverse famiglie: «Noi chiediamo il riconoscimento di un danno morale per tutti quei soggetti che hanno subito gli effetti del disastro ambientale e che quindi, al di là della contestazione temporale, hanno diritto ad essere parte di questo processo».

Per conoscere la decisione del giudice rispetto alle parti civili che verranno ammesse al processo bisognerà attendere la prossima udienza, fissata il 13 aprile.

Federica Motta

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