«Faccia a faccia» elettorali: giornalisti o vigili urbani?

A volte è uno solo, a volte sono anche in quattro. Possono avere il compito di formulare le domande, o semplicemente quello di dire a chi spetta la parola; sta a loro vigilare sul rispetto delle regole del gioco e spesso somigliano più che altro a giudici di gara nelle competizioni sportive, con l’occhio sempre fisso al cronometro. Sono i giornalisti-moderatori alle prese con i “faccia a faccia” elettorali: dibattiti televisivi in cui i due candidati principali si fronteggiano nel rispetto di un rigido regolamento.

Se proviamo a confrontare le figure dei giornalisti-moderatori di vari paesi, scopriamo che esistono grandi differenze legate al format televisivo che viene utilizzato e al contesto politico. Si va dal moderatore spagnolo che si ritrova a fare il vigile urbano che smista il traffico, fino a quello americano che fa valere il suo ruolo di giornalista, a volte anche con domande scomode.

Ecco allora, in una scala da 0 a 10, la graduatoria dell’autonomia professionale dei giornalisti che conducono i duelli televisivi:

Spagna: grado 0
Nei recenti dibattiti tra José Luis Zapatero e Mariano Rajoy, durante le ultime elezioni politiche, si è toccato il grado zero per quanto riguarda la libertà di azione del giornalista-moderatore. Manuel Campo Vidal, il 29 febbraio e Olga Viza il 3 marzo, si sono limitati a gestire l’andamento del confronto: presentare i due candidati, introdurre i temi e controllare i tempi degli interventi. I giornalisti non hanno mai fatto domande dirette ai candidati che, secondo quanto prevedeva il regolamento stabilito dalle segreterie dei due partiti, si sono confrontati solo su grandi temi, concordati prima.

Il modo in cui si è svolto il dibattito ha ricevuto critiche trasversali, soprattutto da parte dei partiti minori, che hanno definito il confronto un “dialogo tra sordi”, mentre Manuel Campo Vidal è stato ironicamente dipinto come “un presentatore ben felice di non fare il giornalista”. Il dibattito, comunque, ci racconta l’inviato del Tg5 in Spagna Alessandro Gilardini, “non ha influito molto sul voto, perché la campagna elettorale in Spagna si gioca ancora sulle pagine dei giornali”.

Tutte le regole dell’ultimo dibattito in Spagna

Italia: grado 3
Nessuno spazio d’azione neanche per il giornalista-moderatore italiano nel corso dei due dibattiti del 14 marzo e del 3 aprile 2006, tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi: i primi in Italia condotti secondo vere e proprie regole “all’americana”, anche se due precedenti “faccia a faccia” si erano tenuti già nel 1994, tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto, e nel 1996 tra Berlusconi e Romano Prodi. Clemente J. Mimun nel primo appuntamento e Bruno Vespa nel secondo si sono limitati a garantire il rispetto delle regole e vigilare sui tempi, senza nessuna possibilità di fare domande.

Accanto al giornalista-moderatore c’erano però altri due giornalisti, scelti di comune accordo dagli stessi candidati: Marcello Sorgi de La Stampa e Roberto Napoletano de Il Messaggero. A loro il compito di porre le domande ai due leader politici, rigorosamente le stesse per entrambi.

Abbiamo chiesto a Enrico Mentana, moderatore dei dibattiti del ’94 e del ’96, un commento sul ruolo del giornalista da quel lontano ’94 all’ultimo confronto. “Nei primi ‘faccia a faccia’ il giornalista aveva molta più libertà – dice Mentana – mentre l ‘eccesso di regole dell’ultimo dibattito ha prodotto un confronto in cui lo spirito giornalistico era ridotto al minimo“.

Tutte le regole dell’ultimo dibattito in Italia

Francia: grado 5
Il dibattito televisivo a cui si è assistito in Francia durante le ultime elezioni presidenziali si colloca un gradino più in alto. Il 3 maggio 2007, nel confronto tra Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal, si è optato per la doppia conduzione: Arlette Chabot di France 2 e Patrick Poivre d’Arvor di TF1, hanno gestito le due ore di dibattito. I due giornalisti-moderatori, proposti dai due canali televisivi e approvati dai candidati, hanno rivolto le loro domande, identiche per Sarkozy e la Royal, su temi concordati in precedenza con le segreterie dei partiti. Hanno svolto inoltre il ruolo degli arbitri, vigilando sulla durata degli interventi e garantendo che il confronto si svolgesse nel rispetto delle regole.

Anche in questo caso i protagonisti assoluti del confronto sono stati inevitabilmente i due politici: “Per garantire l’imparzialità e la correttezza del dibattito – spiega Fausto Belia, corrispondente Ansa a Parigi – il risultato è stato un confronto ingessato, in cui lo spazio d’azione dei giornalisti è stato molto ridotto”.

Tutte le regole dell’ultimo dibattito in Francia

Germania: grado 7
Ben quattro giornalisti (Sabine Christiansen, Thomas Kausch, Maybrit Illner e Peter Kloeppel) hanno invece condotto il “faccia a faccia” tra Angela Merkel e Gerahrd Schroder il 4 settembre del 2005, in occasione delle ultime elezioni politiche. Il loro ruolo è stato, in questo caso, più quello degli intervistatori che dei semplici moderatori: i quattro giornalisti, seduti su un divanetto di fronte ai due politici, hanno posto a turno le proprie domande a entrambi i candidati.
I giornalisti-moderatori, proposti dalla Merkel e da Schroder, rappresentavano le quattro reti, due pubbliche (Ard e Zdf) e due private (Rtl e Sat1), su cui è andato in onda l’evento.

Claudio Guidi, corrispondente dell’Agi a Berlino, ha commentato così al Ducato online l’andamento del dibattito: “I giornalisti tedeschi hanno fatto bene il loro lavoro in termini di obiettività e imparzialità e non sono emerse in nessun modo le rispettive colorazioni politiche, ma il ‘faccia a faccia’ è comunque risultato piatto e noioso, tanto che nei giorni successivi si è discusso nel paese sull’utilità reale di questo tipo di confronti”. Strumento peraltro molto utilizzato in Germania, dove si organizzano “faccia a faccia” anche per le elezioni regionali e locali.

Tutte le regole dell’ultimo dibattito in Germania

Usa: grado 10
Nella nostra scala, i “faccia a faccia” televisivi negli Stati Uniti, raggiungono il livello più alto. Il giornalista-moderatore ha un ruolo attivo e un ampio margine di azione: è lui che decide gli argomenti che verranno affrontati e che formula le domande da sottoporre ai candidati. I quesiti possono essere anche molto precisi e non devono limitarsi ad affrontare per grandi temi i problemi del paese, come spesso accade nei “faccia a faccia” europei. A volte si tratta di vere e proprie domande “su misura” per ciascuno dei candidati, frutto di una lunga preparazione del giornalista prima del dibattito e di cui nessun’altro conosce il contenuto prima della diretta. Imparzialità e obiettività nella conduzione del confronto, non gli impediscono di sottoporre questioni spinose ai due avversari. Nel corso dell’ultimo “faccia a faccia”, per le presidenziali del 2004, il moderatore Bob Schieffer interpellò George W. Bush sul problema dei vaccini per l’influenza (che a causa di problemi sanitari e mancati accordi con la Francia e il Canada non erano in numero sufficiente per rispondere al fabbisogno della popolazione) e John Kerry su delicate questioni etiche, come l’aborto e la ricerca sulle cellule staminali. Tra i compiti del giornalista anche quello di decidere se concedere tempo aggiuntivo ai candidati per proseguire la discussione su un certo tema, dopo che il tempo a disposizione per le risposte era esaurito.

“Nei ‘faccia a faccia’ americani il giornalista riesce a fare veramente il suo lavoro – ci spiega Maria Luisa Rossi Hawkins, politologa e corrispondente Mediaset a New York – e fa emergere le differenze tra i programmi e i punti deboli dei due avversari. I ‘faccia a faccia’ europei, anche se si rifanno al modello americano, si limitano ad essere una vetrina per i candidati e anche per questo l’impatto dei dibattiti televisivi sull’elettorato è molto più forte negli Stati Uniti che nei paesi europei”.

Tutte le regole dell’ultimo dibattito negli Stati Uniti

Gran Bretagna: n.c.
Un caso difficile da classificare è quello della Gran Bretagna, dove non si è mai tenuto un “faccia a faccia” tra due candidati premier. “I politici inglesi sono abituati a un confronto continuo con i media e con l’opinione pubblica –spiegano dalla redazione Ansa di Londra – e, quindi, è meno sentita la necessità di un ‘faccia a faccia’ all’americana. I candidati premier, tradizionalmente sempre più di due, non si sottraggono mai al confronto che avviene in molti altri modi”.

Nel corso dell’ultima campagna elettorale si è comunque tenuta una sorta di sfida televisiva tra i tre candidati principali. Il 29 aprile del 2005 il laburista Tony Blair, il conservatore Michael Howard e il liberale Charles Kennedy hanno infatti partecipato tutti e tre alla trasmissione Question time: nella stessa puntata ciascuno ha avuto a disposizione 30 minuti per rispondere alle domande del pubblico. David Dimbleby, conduttore del programma, si è limitato a fare il moderatore e la funzione del giornalista è stata svolta dagli spettatori, che in alcuni casi sono riusciti con le loro domande a mettere in difficoltà i candidati. Tutti ricordano un Tony Blair insolitamente sotto pressione nel rispondere alle domande sulla guerra in Iraq.

Il tema dei “faccia a faccia” è tornato alla ribalta di recente, quando il leader dei Tories David Cameron ha proposto l’adozione di questo strumento durante la prossima campagna elettorale. L’attuale premier Gordon Brown non è apparso, però, molto disponibile a sottoporsi a futuri confronti e ha definito i dibattiti in tv “superflui”.

 

Articolo di Alessandro D’Amico e Giulia Floris pubblicato su Il Ducato online: http://www.uniurb.it/giornalismo/duc_articoli/2008_03/dibattiti_tv/pezzo_1.htm

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