Nome e cognome, foto profilo in posa accanto a una donna, in copertina uno scatto
a cavallo in alta uniforme. A prima vista sembra un profilo Facebook come tanti altri: un uomo di mezza età che condivide post con frasi fatte, molti slogan politici e qualche eccesso di spavalderia del tipo: «Se qualche alto ufficiale con la greca sulle spalline chiamasse, sarei pronto a rischiare per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Qui ci vuole un colpo di Stato». A rendere la questione più seria c’è che in questo caso si tratta della bacheca pubblica dell’ispettore della polizia municipale di Catania Fabrizio Alì. È lui stesso a descriversi senza mezzi termini, utilizzando le parole dello storico leader dell’estrema destra Giorgio Almirante: «Noi vogliamo essere e ci vantiamo di essere cattolici e buoni cattolici. Ma la nostra intransigenza non tollera confusioni di sorta. Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti – nel nostro credere, obbedire, combattere – noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti». «Questo sono io», aggiunge il vigile urbano in servizio nel capoluogo etneo.
Se non fosse sufficientemente chiaro, è in un altro post che Alì spiega ulteriormente gli ideali che lo ispirano, condividendo un’intervista fatta a
Simone Di Stefano, in cui il segretario di Casa Pound afferma: «Questo Stato sociale è stato fatto dai miei nonni per i miei nipoti, e così deve rimanere». L’ispettore chiosa: «È questo che significa essere fascisti». Del resto, appena qualche mese dopo, è la volta di una immagine in bianco e nero di «fratelli camerati» realizzata dal Nuovo ordine nazionale Vincere con solo cinque parole: «Italiani si nasce, fascisti pure». A queste, lui decide di aggiungerne poche altre: «SIAMO TORNATI…veramente non siamo mai andati via».
Un
leitmotiv, quello dell’Italia agli italiani, a cui l’ispettore sembra essere affezionato. «Fuori bastardi sinistroidi della nostra AMATA PATRIA» scrive a supporto di un post in cui ci si chiede: «Sentirsi italiano è razzismo? L’interrogazione sembra banale, anche perché sentirsi italiano almeno sino ad oggi non costituisce ancora reato». Ma inneggiare al fascismo o istigare all’odio razziale invece, sì. Anche se, proprio qualche giorno fa il ministro alla Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, ha proposto di cancellare la legge Mancino che punisce chi istiga all’odio razziale.
E basta cercarlo che arriva anche lui nel profilo di Alì. Un’immagine con la faccia del ministro in primo piano e una scritta a stampatello bianco e in caratteri cubitali: «
La famiglia è composta da mamma e papà». Fan di Fontana ed hater della leader Radicale Emma Bonino – «Ma vai a fare in culo tu e gli africani», scrive commentando un suo discorso al Senato – scorrendo a ritroso la bacheca pubblica si arriva alla condivisione di un articolo pubblicato da Libero Quotidiano. Titolo: Bomba della scienziata: «Tra gli immigrati e noi occidentali c’è l’abisso. Impossibile integrarli». All’interno, le dichiarazioni della ricercatrice Anna Bono dell’università di Torino, sostenitrice della tesi della superiorità dell’Occidente. A corollario del post una esortazione di Alì: «Leggete e meditate…Parole forti ma veritiere. White power (potere bianco, ndr)» con tanto di emoticon con pugnetto chiuso che, manco a dirlo, è di una mano con pelle bianca.
Anche perché i migranti, per Alì, sono le «
scimmie» e chi ne difende i diritti o ne prende le parti «i merdosi della sinistra». Commenti non proprio pacati, pubblicati dall’ispettore a proposito dei cortei organizzati in risposta ai colpi di pistola sparati a Macerata da Luca Traini, ex candidato della Lega, che hanno ferito sei persone, tutte straniere. Un gesto che è stato collegato all’omicidio, di poco precedente e nella stessa città, della 18enne Pamela Mastropietro, per il quale in un primo momento sono stati arrestati due nigeriani. Accuse poi cadute. Solo un esempio dei numerosi post dai toni accesi – in certi periodi anche uno al giorno – visibili sulla bacheca pubblica di Alì.
«Lo apprendo da voi e faremo le dovute verifiche». È lapidaria la risposta di
Stefano Sorbino, comandante della polizia municipale di Catania, raggiunto al telefono da MeridioNews. Nel regolamento comunale dei vigili urbani etnei si legge che «in luogo pubblico, l’appartenente al Corpo deve mantenere un contegno corretto ed un comportamento irreprensibile, operando con senso di responsabilità, in modo da riscuotere sempre la stima, il rispetto e la fiducia della collettività». Alla domanda sulla eventuale violazione della norma – che non specifica se come luogo pubblico si intendano anche quelli virtuali – il comandante Sorbino taglia corto: «Per ora non dirò niente di più».
Il caso di Alì non sarebbe isolato in città. A maggio aveva fatto scalpore il video di Giovanni Circonciso, poliziotto in servizio a Catania che si è filmato – con tanto di divisa addosso; mentre contestava il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Io vesto questa divisa perché mi pagano gli italiani, per difendere i diritti degli italiani. Come vedete porto il tricolore sulla spalla con orgoglio, ma chi dovrebbe dare l’esempio di sovranità italiana non lo sta dando: sta decadendo la sovranità del popolo italiano e io non ci sto». «Anche io non ci sto», commenta Alì, condividendo il video. Ancora prima, c’era stato il caso di Gioacchino Lunetto, responsabile della Polfer di Catania. Era il 2015 quandoMeridioNews raccontava della sua pagina Facebook – anche quella senza alcuna restrizione di privacy -, in cui l’ex consigliere comunale ad Aci Sant’Antonio (tra il 2003 e il 2008) si lanciava in invettive contro una parte della politica e contro i migranti: «Ah, mi manca Hitler». «Bruciarli vivi o rimpatriarli». «Buttateli a mare». «Impalata ed espulsa».
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