«Non sta benissimo la televisione a livello di numeri, figuriamoci il teatro». In un momento di ridiscussione dell’intero sistema dei mass media, per il regista catanese Elio Gimbo la risposta sta nel coraggio di rischiare. E lo fa inaugurando una nuova sala teatrale nella sua città, dove molti enti culturali sono in sofferenza. «Vogliamo stare dentro al dibattito muovendoci in modo concreto – spiega a MeridioNews -. La sala Giuseppe Di Martino è una risposta data, nell’ottica del teatro di gruppo, alla crisi del teatro contemporaneo catanese».
L’edificio di via Caronda diventa così la residenza del gruppo artistico Fabbricateatro, che giovedì sera ha debuttato con lo spettacolo Il Principe, adattamento dal testo di Niccolò Machiavelli, in scena per tutto il mese di marzo. Quest’anno la compagnia – formata da attori con esperienza e da qualche giovane talento – festeggia i venticinque anni di attività ed è in cerca di ballerini e musicisti per ampliare l’offerta artistica.
Che ruota attorno al teatro di regia e al teatro d’arte, a cui si ispirano quelli che il regista definisce «gli inventori di spettacoli, che seguono le caratteristiche del teatro novecentesco e contemporaneo». «Crediamo di aver trovato i lineamenti per un modello di esercizio teatrale che nasce dall’analisi della crisi, dal chiedersi perché i teatri a Catania chiudono uno dopo l’altro», afferma il regista, per cui la causa primaria sta nel mancato coinvolgimento della proprietà immobiliare nell’attività teatrale che si svolge all’interno dei locali. «Molte sale che hanno chiuso negli ultimi dieci anni, tra cui il Musco e il Piccolo Teatro – aggiunge – sono state vittime dell’insostenibilità del canone di affitto, che rappresenta un tallone di Achille».
Che Gimbo intende superare con gli spettacoli e le iniziative che si terranno nella bottega di vecchia tradizione commerciale, che è stata per molti anni negozio di materiale elettrico, poi trasformata in tutto mille e in altri esperimenti mai andati a buon fine, fino ad essere riconvertita in teatro e trovare una nuova anima. «Abbiamo fatto tutto con le nostre forze, con i risparmi e la disponibilità lavorativa. Ci hanno dato una mano gli amici con alcuni lavori, ma non c’è stato nessun intervento pubblico», precisa il regista, che immagina di ospitare compagnie nazionali omologhe che hanno sede a Bologna, Palermo, Roma, anche con l’intento di «portare il teatro catanese lontano da Catania e sprovincializzarlo».
Nel frattempo il gruppo sta lavorando a uno spettacolo dedicato a Giuseppe Di Martino per approfondire la figura del maestro a cui è stata dedicata la sala al chiuso del centro, che prevede uno spazio esterno dove Fabbricateatro ha intenzione di organizzare, durante la stagione estiva, alcuni appuntamenti per il pubblico catanese. «Ci interessa tutto ciò che è promozione culturale, le orchestre giovanili, le offerte editoriali e chi lavora con l’arte figurativa. Le realtà che lavorano dal basso, perché sentiamo di fare parte del trend della condivisione della cultura».
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