Il confronto tra i candidati alla carica di Rettore s’è spostato, venerdì sera, dall’Aula Magna delle Facoltà a quello degli studi televisivi della trasmissione “Prima Pagina”, in onda su Antenna Sicilia. Ci si aspettava che, da un momento all’altro, suonasse il campanello e Bruno Vespa, travestito da Rino Lodato, andasse ad aprire la porta. Mancava Vittorio Sgarbi, che desse colore al tutto con grida, strepiti ed insulti.

Due ore, a partire dalle 20.50, di un dibattito slavato tra i cinque aspiranti magnifici, le cui proposte elettorali sono state alternate con video che ne raccontavano il curriculum, o che spiegavano la storia dell’Università di Catania (Piero Angela sarebbe stato molto perplesso, ma anche Giuseppe Giarrizzo). Che problema c’è?! E’ sembrato che l’università italiana, ed il nostro Ateneo in particolare, non avesse problemi: che s’è protestato a fare per mesi e mesi? Catania ha un buon bilancio, Catania se la passa bene in questa classifica, ancora meglio in quest’altra, Catania ha un rapporto migliore tra università e aziende rispetto alle altre città della Sicilia. Sì, perché secondo Pietro Vento, direttore di Demopolis, a Catania – su cento ingaggi – ben 8,7 assunti sono laureati. La media italiana, in questo senso, è 9. Quella siciliana, 5. Dati confortanti, che giustificano le dichiarazioni di Recca: «Catania sarà trainante nel Meridione…» . Sicuramente, con un po’ d’impegno, gli 8,7 assunti laureati diventeranno 9. Tra qualche anno, magari, spingendo e pregando, diventeranno un validissimo 10%. Io ho fiducia.

Ho fiducia come hanno fiducia, sempre secondo Demopolis, i miei concittadini. I dati statistici dicono che 2 catanesi su 3 credono nell’istituzione universitaria. In Sicilia, pare, che l’Università sia la terza istituzione a cui ci si affida: le prime due sono le Forze Armate e la Chiesa. Certo, poi, tra una slide e l’altra, nel delirio delle presentazioni power point, è passato un dato. Tra i professori dell’Ateneo ci sono più precari che ordinari. Si parla di contratti a progetto, a tempo determinato, di dottorati di ricerca. E proprio la ricerca sembrò essere diventata, d’un tratto, il tema portante della competizione elettorale. Il prof. Albanese ha spiegato il suo timore: «Bisogna evitare che l’Università diventi un liceo. Il professore del liceo studia sui libri e, su quelli, fa un’ottima lezione. Il professore universitario, invece, ricerca in prima persona, crea un metodo e degli studi, e quelli tenta di insegnare ai suoi studenti. Il prodotto dell’Università, dunque, è la ricerca. E quella dev’essere venduta».

Al chilo? All’asta? Insomma, chi offre di più? Non le aziende, secondo il filosofo-esteta Carmelo Strano, per il quale «la possibilità che i nostri laureati ottengano un lavoro dipende dalla laurea che diamo loro. Se è generica, è logico che le aziende assumano uno che si è solo diplomato: è manovalanza semplice, dunque richiede un minore dispendio di denaro. In più, spesso, un ragioniere ha una preparazione specifica più profonda rispetto a quella di un ingegnere…». E se lo dice lui che ha viaggiato, col suo codino, bisogna credergli. Gli ultimi minuti della diretta sono stati dedicati al “perché è giusto votarmi!”, in cui i candidati hanno dato il meglio di sé. La prof. Zaira Dato Toscano, ad esempio, ha brillato per originalità: «Non vorrei dire che bisogna votarmi perché sono donna, però, insomma, sono donna. E poi, la mia candidatura è originale: sono di Architettura!».

Licata, di Medicina, ha poi aggiunto: «Il fatto che ci siano quattro candidati oltre all’uscente Recca è già un buon sintomo: c’è fermento, dibattito. E’ tutto positivo».

A fine puntata s’è ricordato che lunedì ci sarà la prima tornata elettorale. Le male lingue dicono che sarà anche l’ultima. Noi, frenati dall’immobilismo di scrutatori non votanti, stiamo a guardare la TV. Sana, costruttiva. Questa sì che è buona informazione. Mica Report!

Luisa Santangelo

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