Una boccata d’ossigeno, che lascia – però – l’ennesima eco di polemiche nel centrodestra. È stato siglato a Roma l’accordo tra il governo nazionale e la Regione Siciliana per garantire 100 milioni di euro alle ex Province. Soldi che provengono dai fondi europei, in particolare dal Fondo di Sviluppo e coesione 2014/2020, che quindi vengono tolti agli investimenti per coprire invece la spesa corrente, al fine di evitare il dissesto delle ex province. In totale il governo nazionale «si impegna ad adottare uno specifico intervento legislativo» per garantire alla Regione di disporre in totale di 140 milioni di euro dal Fsc, di cui appunto cento milioni verranno destinati agli enti intermedi. Non fondi nuovi, dunque, ma somme già destinate alla Regione siciliana per investimenti. Al punto che nel documento siglato si sottolinea: «La medesima Regione propone conseguentemente al Cipe (il Comito per la programmazione economica che sovrintende ai progetti ndr), per la presa d’atto, la nuova programmazione nel limite delle disponibilità residue». Il presidente Nello Musumeci si affretta a precisare che Roma si è impegnata a «rifinanziare» questi 140 milioni «nell’ambito della futura programmazione 2021-2027». Un impegno politico di cui però non c’è traccia nelle tre pagine di accordo.
Un documento scarno, nel quale invece si trovano nero su bianco i dettagli della pianificazione: il governo si impegna a predisporre un intervento legislativo che consenta alla Regione siciliana di utilizzare le risorse del fondo di sviluppo e coesione, destinandole ai liberi consorzi e alle città metropolitane. Altri 10 milioni, invece, vengono concessi a titolo di riduzione del contributo alla finanza pubblica. Secondo il sottosegretario Alessio Villarosa, del Movimento 5 stelle, «l’accordo consentirà di evitare il dissesto delle ex Province e di garantire lo sblocco dei finanziamenti già stanziati per l’avvio delle opere pubbliche che i cittadini aspettano da tempo». E se il governatore Musumeci dice che si è posta fine «alla lunga agonia delle Province in Sicilia», ammette anche che il prelievo dal fondo di Sviluppo e Coesione è «un sacrificio che il governo regionale compie con convinzione per ridare finalmente agli enti intermedi dignità istituzionale e ruolo nello sviluppo del territorio». Il governatore rivendica dell’accordo anche «l’inserimento di deroghe normative all’approvazione dei bilanci e dei rendiconti» e «che con le nuove norme di attuazione in materia finanziaria e con la prossima Legge di bilancio dello Stato, la finanza locale passerà alla Regione e sarà finalmente adeguato al resto d’Italia il meccanismo del prelievo forzoso delle Province».
Anche dall’Anci si guarda con ottimismo all’accordo: secondo il presidente dell’associazione dei Comuni, Leoluca Orlando, si tratta di «un primo passo verso una soluzione della fin troppo lunga crisi delle ex Province siciliane». Una posizione considerata troppo morbida e che ha fatto infuriare il primo cittadino di Messina, Cateno De Luca, che lo scorso primo maggio ha capitanato la marcia dei sindaci. «I 150 milioni proposti dall’inedita coppia Armao-Villarosa non bastano neanche per il 2019 e per la copertura dei deficit degli anni precedenti. Si tratta di briciole che non bastano a risolvere la situazione. Il sentiero – sottolinea De Luca – è quello che noi avevamo individuato di utilizzo dei fondi Fsc, ma mi pare evidente che questo percorso abbia evidenti limiti. I bilanci degli enti locali sono triennali e la realizzazione di molti interventi infrastrutturali si articola in almeno tre anni quindi la soluzione proposta non consente di avviare le gare di appalto per mettere in sicurezza strade, ponti, scuole e tante opere strategiche per lo sviluppo del territorio».
Ma il fuoco incrociato arriva soprattutto da due esponenti di Forza Italia, cioè dello stesso partito dell’assessore all’Economia, Gaetano Armao, volato a Roma per siglare l’accordo. Secondo il deputato forzista Nino Germanà, che nei mesi scorsi ha presentato diversi atti parlamentari a proposito della situazione delle ex Province, si tratta di un accordo che «mortifica la Sicilia. Per questo motivo sto meditando il ritiro della mia proposta di legge, già in discussione alla Camera. Mesi e mesi di lavoro calpestati dall’arroganza e dalla prepotenza del governo gialloverde, che in maniera truffaldina ha deciso di superare la questione del prelievo forzoso delle ex Province, sottraendo i fondi già stanziati per le infrastrutture di una terra che ha fame di sviluppo e utilizzandoli per la spesa corrente. Tutto ciò – aggiunge Germanà – in controtendenza alle dichiarazioni di Salvini, secondo cui “le Province dovrebbero sistemare scuole e strade, non hanno soldi e non sanno che fare”. Questa è la conferma che quelle del vicepremier leghista sono solo dichiarazioni da campagna elettorale. Per tamponare una falla, il governo ha preferito compromettere la crescita e il futuro della regione. Noi siciliani siamo, purtroppo, destinati a rimanere cittadini di serie B».
E non va meglio guardando alle parole dell’ex ministra Stefania Prestigiacomo, che rincara la dose parlando di un accordo «semplicemente scandaloso. Si attingono risorse dal fondo sviluppo e coesione, ovvero dal fondo per gli investimenti infrastrutturali necessari per la Sicilia per finanziare la spesa corrente. Non si è conquistato un euro vero, il conto lo pagheremo noi e solo noi. Una gran bella soluzione!». Secondo Prestigiacomo, «la Sicilia meritava e doveva pretendere il medesimo trattamento ottenuto da tutte le altre Province italiane a cui è stato invece riconosciuto il diritto al ristoro dei fondi perduti. Il governo regionale, accettando questa proposta scandalosa, ha svenduto i diritti dei siciliani, dimostrandosi penoso vassallo del governo nazionale. I fondi delle ex Province, oltre 243 milioni, che nel resto d’Italia sono stati restituiti, solo alla Sicilia sono rimasti confiscati da Roma. Viene quasi da rimpiangere Crocetta».
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